I dati dicono che il numero dei fumatori è sostanzialmente stabile da quasi venti anni, si assiste però ad una profonda evoluzione del mercato del tabacco e della nicotina con un numero sempre maggiore di consumatori che lasciano le sigarette per i nuovi prodotti tecnologici senza combustione come le sigarette elettroniche e i prodotti a tabacco riscaldato. Un mercato, quello del fumo, che sta attraversando una fase di profonda evoluzione grazie al progresso tecnologico. Eppure, come spesso accade su temi sensibili come quello del fumo o rispetto al potenziale dei nuovi prodotti di rappresentare un’alternativa alle sigarette, la sensazione è quella di essere rimpallati da “informazioni” e “verità” inconciliabili tra loro che hanno come unico effetto quello di generare confusione, in primis per i fumatori. Una necessità di informazione registrata ormai da diversi studi che dimostrano come vi sia una richiesta che parte dalla società di saperne di più. Una richiesta rivolta a Istituzioni, mondo accademico scientifico e alle stesse aziende di fare di più, soprattutto in termini di ricerca e di diffusione di studi su questo tema. Eppure nonostante sia un tema che riguarda oltre 12 milioni di italiani, di fumo o delle sue alternative in Italia sembra sia impossibile parlarne a causa di un dibattito polarizzato che fa fatica a lasciare convinzioni maturate dal passato. Alla base della campagna vi è quindi una semplice domanda da cui partire: possiamo parlarne? Consapevoli che soltanto costruendo uno spazio di dialogo per cercare con il contributo di tutti risposte e soluzioni si riuscirà forse a raggiungere quello che è l’obiettivo di tutti: una generazione senza fumo.
Si legge nel Manifesto di lancio della campagna:
Perché lanciamo Sfumature
Philip Morris che chiede di parlare di come eliminare le sigarette e di ripartire dalle evidenze scientifiche. Un paradosso per molti, per qualcuno forse un atto incomprensibile: non per noi. Sfumature, la nostra campagna di informazione, nasce proprio per colmare questo gap di percezione. “Se si pulissero le porte della percezione, ogni cosa apparirebbe all’uomo come essa veramente è, infinita”, diceva William Blake. Nel nostro caso con la parola “infinito” non si intende un punto lontano e irraggiungibile, ma qualcosa di multiforme, dalle mille sfaccettature, ricco di sfumature. La percezione è un tratto ricorrente, in tutti i campi della vita pubblica e privata e sempre più spesso finisce per orientare l’opinione della collettività rispetto a un determinato tema a scapito dei fatti. In tante situazioni prevalgono il sentito dire, le impressioni a caldo, i pareri mossi, magari, da antiche convinzioni non verificate.
Una società che vede il dilagare della percezione a svantaggio delle evidenze è sbilanciata. L’attualità economica, politica e sociale ci offre numerosi esempi in questo senso. La crisi energetica, e i fattori che l’hanno causata, sono soltanto l’esempio più recente e lampante di come in passato si sia deciso di non scegliere, o non fare, in base a posizioni contrastanti che invece di portare ad una soluzione condivisa, hanno determinato una situazione di immobilismo che è allo stesso tempo nocivo e controproducente.
Il problema del fumo non fa eccezione. I dati del Ministero della Salute dicono che ogni anno 93mila persone muoiono per malattie collegate al fumo. Eppure, il problema del fumo sembra una questione senza soluzione. Nell’affrontarlo si sommano atteggiamenti diversi: di rassegnazione (“tanto le persone fumano comunque”), di moralismo (“o smetti o muori”), di preclusione nei confronti di “big tobacco” (che “vuole che le persone fumino”).
Dare risposte semplici a problemi complessi significa non averli compresi a fondo. Affrontare un problema complesso come quello del fumo nei suoi impatti comportamentali, psicologici, sanitari, economici, culturali, sociali, come un problema che ha solo due soluzioni (se così si può chiamarle) e un unico nemico (le aziende), vuol dire non risolverlo, ma lasciarlo dov’è, immutato. I numeri, come spesso accade, sono lì a confermarcelo: sono ancora 12,4 milioni i fumatori in Italia, un numero rimasto sostanzialmente stabile negli ultimi 20 anni. Possiamo rassegnarci? No. Dobbiamo parlarne, favorire un confronto che non sia polarizzato, recuperare spazi di dialogo e trovare soluzioni nuove ed efficaci. Il tutto, costruendo su successi e fallimenti degli anni passati e guardando a quello che succede negli altri Paesi che stanno ottenendo risultati incoraggianti nella lotta al fumo. Senza pregiudizi. Anche in questo caso il dialogo, l’analisi, il confronto, sono venuti meno, lasciando spazio a opinioni basate su concetti precostituiti. Noi vorremmo parlarne. Con l’urgenza che merita un problema come quello del fumo, ma senza la fretta di saltare a giudizi basati sulle percezioni, con la volontà di capire cosa fare di più e di meglio in termini di prevenzione e quali opportunità possono portare i nuovi prodotti senza combustione che stanno rivoluzionando il mercato del fumo. Affrontandone anche i potenziali rischi.
Ne guadagneremmo tutti come società, come individui, a partire dagli 12,4 milioni di fumatori italiani: provare a cercare un confronto, un’evoluzione rispetto all’esistente, è sicuramente più difficile, richiede un lavoro faticoso e di uscire dagli schemi, ma è l’unica strada che conosciamo per risolvere problemi complessi. Il momento è adesso.
Sfumature è la campagna di Philip Morris Italia per stimolare un confronto su come eliminare il problema fumo in Italia. Nasce dalla consapevolezza di un crescente interesse e delle tante domande della collettività di fronte alla profonda evoluzione in atto grazie al progresso tecnologico. Partendo da una domanda: possiamo parlarne?
In collaborazione con Philip Morris Italia