Giornata Nazionale dell’Agricoltura, in Italia è sostenibile solo il 20% delle coltivazioni

Secondo un report del Wwf, l'agricoltura in Italia è, a oggi, la prima responsabile della perdita di biodiversità e del 7,8% delle emissioni totali di gas serra

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Pubblicato: 10 Novembre 2024 05:00

I dati scientifici ufficiali smentiscono la retorica delle associazioni agricole e del Ministro Lollobrigida, che minimizzano l’impatto ambientale del settore. Oggi, l’agricoltura in Italia è la principale causa del cattivo stato di conservazione degli habitat e delle specie selvatiche. Questo settore non solo danneggia gravemente la biodiversità, ma contribuisce anche in modo significativo all’inquinamento delle acque, dell’aria e del suolo, con gravi ripercussioni sull’intero ecosistema.

Nonostante queste problematiche, esistono modelli agricoli virtuosi che offrono un’alternativa sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Questi modelli dimostrano che è possibile produrre in modo efficiente, tutelando al contempo la natura e il territorio. È cruciale che tali pratiche vengano promosse e sostenute, affinché l’attuale minoranza di agricoltori che agiscono come veri custodi dell’ambiente possa crescere e diventare una maggioranza capace di guidare il settore verso una transizione ecologica.

Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, è necessario riconoscere il giusto valore al lavoro agricolo e ai prodotti che rispettano l’ambiente. Ciò implica non solo sostenere economicamente gli agricoltori che adottano pratiche ecologiche, ma anche educare i consumatori sulla scelta consapevole di prodotti che promuovono la sostenibilità. Solo attraverso un cambiamento di mentalità e un supporto concreto alle pratiche agricole sostenibili, sarà possibile ridurre l’impatto negativo dell’agricoltura sull’ambiente e promuovere un futuro più verde e sostenibile per l’Italia.

L’agricoltura italiana tra sfide ambientali e modelli virtuosi

I dati scientifici ufficiali smentiscono la retorica delle associazioni agricole e del Ministro Lollobrigida, che minimizzano l’impatto ambientale del settore. Oggi, come riporta una nota del Wwf, l’agricoltura in Italia è la principale causa del cattivo stato di conservazione degli habitat e delle specie selvatiche. Questo settore non solo danneggia gravemente la biodiversità, ma contribuisce anche in modo significativo all’inquinamento delle acque, dell’aria e del suolo, con gravi ripercussioni sull’intero ecosistema.

Nonostante queste problematiche, esistono modelli agricoli virtuosi che offrono un’alternativa sostenibile e rispettosa dell’ambiente. Questi modelli dimostrano che è possibile produrre in modo efficiente, tutelando al contempo la natura e il territorio. È cruciale che tali pratiche vengano promosse e sostenute, affinché l’attuale minoranza di agricoltori che agiscono come veri custodi dell’ambiente possa crescere e diventare una maggioranza capace di guidare il settore verso una transizione ecologica.

Per raggiungere questo ambizioso obiettivo, è necessario riconoscere il giusto valore al lavoro agricolo e ai prodotti che rispettano l’ambiente. Ciò implica non solo sostenere economicamente gli agricoltori che adottano pratiche ecologiche, ma anche educare i consumatori sulla scelta consapevole di prodotti che promuovono la sostenibilità. Solo attraverso un cambiamento di mentalità e un supporto concreto alle pratiche agricole sostenibili, sarà possibile ridurre l’impatto negativo dell’agricoltura sull’ambiente e promuovere un futuro più verde e sostenibile per l’Italia.

L’agricoltura italiana tra sfide ambientali e modelli virtuosi

Secondo un rapporto del Wwf Italia, redatto in occasione della prima edizione della Giornata nazionale dell’agricoltura, le principali Associazioni agricole italiane, come Coldiretti, Cia e Confagricoltura, insieme all’attuale Ministro dell’Agricoltura Francesco Lollobrigida, promuovono una narrazione che dipinge l’agricoltore come il vero ambientalista, il custode dell’ambiente e del territorio. Secondo questa visione, gli agricoltori sarebbero coloro che, con il loro lavoro, proteggono la natura e il paesaggio italiano, contribuendo alla conservazione dell’ambiente e alla tutela della biodiversità.

Tuttavia, questa retorica viene smentita dalle evidenze scientifiche, che da anni segnalano come il modello dominante di agricoltura intensiva e industriale costituisca uno dei principali fattori di degrado ambientale. La scienza, infatti, documenta come le pratiche agricole attuali, spesso caratterizzate dall’uso massiccio di pesticidi, fertilizzanti chimici e l’agricoltura monoculturale, abbiano un impatto negativo sul suolo, sulle acque e sull’aria. Questi metodi, lungi dall’essere sostenibili, contribuiscono in modo significativo al deterioramento della biodiversità, alla contaminazione delle risorse idriche e al riscaldamento globale.

In questo contesto, il rapporto del Wwf smentisce in modo chiaro e netto la visione idealizzata che alcuni soggetti politici e associativi promuovono. Il documento evidenzia come l’agricoltura moderna, per come è praticata da una grande parte degli operatori del settore, rappresenti una minaccia concreta per la conservazione degli habitat naturali e delle specie selvatiche.

In particolare, il rapporto dell’associazione ambientalista sottolinea il legame stretto tra le pratiche agricole non sostenibili e i problemi legati alla salvaguardia dell’ambiente. Per esempio, l’uso intensivo di fertilizzanti e prodotti chimici non solo danneggia il terreno e le acque, ma riduce anche la capacità degli ecosistemi naturali di auto-regolarsi e di mantenere una biodiversità sana.

Questo scenario pone una sfida importante per il futuro dell’agricoltura in Italia. Da un lato, infatti, è necessario superare la visione idealizzata dell’agricoltore come unico custode della natura e considerare invece le diverse pratiche agricole che, seppur volte alla produttività, causano danni a lungo termine all’ecosistema. Dall’altro, esistono modelli alternativi e virtuosi di agricoltura sostenibile, che puntano a conciliare produzione agricola e rispetto dell’ambiente, adottando pratiche come l’agricoltura biologica, la rotazione delle colture e l’uso di tecnologie verdi.

L’agricoltura e la perdita della biodiversità: una realtà preoccupante

I dati provenienti dai monitoraggi ambientali sono chiari e univoci: l’agricoltura rappresenta la prima causa della perdita della biodiversità in Italia. Questo settore non solo contribuisce significativamente alla distruzione degli ecosistemi naturali, ma è anche responsabile di gravi forme di inquinamento delle acque, dell’aria e del suolo. Inoltre, l’agricoltura è responsabile di una parte considerevole delle emissioni di gas serra, con un impatto che arriva al 7,8% delle emissioni totali a livello nazionale e al 22% a livello globale, come documentato da numerosi studi e rapporti ambientali.

Tuttavia, la recente Legge n. 24/2024, che mira a riconoscere la figura dell’agricoltore custode dell’ambiente e del territorio, presenta una visione distorta di questa realtà. La legge infatti dipinge un’immagine idealizzata degli agricoltori come protettori del territorio naturale, senza tenere conto dei gravi impatti ambientali legati a molte delle pratiche agricole più diffuse. Questo approccio non solo rischia di confondere l’opinione pubblica, ma minaccia anche di impedire un vero cambiamento verso pratiche più sostenibili.

Le problematiche emerse dal rapporto Ispra

A confermare questa preoccupante tendenza, l’annuario dei dati ambientali 2023 pubblicato dall’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), fornisce una panoramica dettagliata delle problematiche legate alla produzione agricola. Il rapporto sottolinea che il grande problema della produzione alimentare è rappresentato dalla competizione con la natura selvatica per una risorsa fondamentale: il territorio. Ogni volta che viene dedicato un terreno all’agricoltura, infatti, si distrugge un ecosistema naturale con tutte le sue piante e specie animali per trasformarlo in un ambiente artificiale e semplificato, privo della complessità ecologica originaria.

Questa trasformazione del paesaggio agricolo non si ferma alla semplice eliminazione della biodiversità. Per mantenere in vita questi ambienti artificiali, è necessario difenderli costantemente dalle forze della natura, che cercano di riprendersi ciò che è stato sottratto. Ciò comporta l’aratura continua dei terreni e l’uso massiccio di pesticidi ed erbicidi, sostanze chimiche che non solo danneggiano l’ambiente, ma compromettono anche la salute degli esseri umani e degli animali. Inoltre, dopo ogni raccolto, è indispensabile ripristinare la fertilità del suolo con fertilizzanti chimici, che, seppur utili per le colture, hanno effetti collaterali devastanti sul lungo periodo, compromettendo la qualità del suolo e l’ecosistema che lo sostiene.

Oltre ai danni diretti visibili, la produzione agricola comporta una serie di impatti indiretti che spesso passano inosservati, ma che sono altrettanto dannosi per l’ambiente. Un esempio significativo riguarda il degrado degli habitat acquatici causato dall’uso di fertilizzanti e pesticidi che inquinano i corsi d’acqua. Questo fenomeno non solo riduce la qualità delle risorse idriche, ma comporta anche elevati costi economici per la depurazione e il disinquinamento delle acque, risorse sempre più scarse e vitali per la vita di tutte le specie, inclusi gli esseri umani.

L’errore più comune che si continua a fare nel dibattito pubblico, speiga il Wwf, è trattare l’agricoltura come un fenomeno monolitico, senza considerare che esistono in realtà diversi modelli agricoli che variano notevolmente in termini di impatti ambientali e sostenibilità. Parlare di agricoltura al singolare non solo semplifica in modo eccessivo la questione, ma rischia anche di ignorare le diversità e le sfide legate alla transizione verso pratiche più ecologiche.

Il modello agricolo intensivo e i suoi impatti ambientali

Il modello intensivo, che rappresenta la maggioranza delle pratiche agricole in Italia, è basato su un uso massiccio di sostanze chimiche di sintesi, come pesticidi e fertilizzanti, e su una pesante meccanizzazione. Questo modello è orientato a massimizzare la produzione a breve termine, senza considerare appieno le conseguenze a lungo termine sul suolo e sull’ambiente. Infatti, l’agricoltura intensiva è una delle principali cause del degrado del suolo, che perde la sua fertilità e la sua capacità di assorbire acqua, portando a fenomeni di erosione e compattamento.

Oltre l’80% della superficie agricola utilizzata (Sau) in Italia segue questo modello, che si basa su un approccio monoculturale e su una continua sostituzione dei sistemi naturali con ambienti artificiali. Questi terreni, spesso impoveriti dal continuo sfruttamento e dalla carenza di rotazione delle colture, sono in grado di produrre solo a fronte di un elevato uso di input esterni, come fertilizzanti chimici e pesticidi, che hanno un impatto diretto sulla qualità dell’acqua e sull’aria.

L’agricoltura sostenibile, una minoranza ancora marginale

In contrasto con il modello intensivo, esistono modelli agricoli che si ispirano ai principi dell’agroecologia, che promuovono pratiche più sostenibili e rispettose dell’ambiente. Tuttavia, queste pratiche sono ancora minoritarie. Attualmente, meno del 20% della superficie agricola italiana è gestita con metodi che rispettano questi principi ecologici, che includono la rotazione delle colture, l’agricoltura biologica e l’uso limitato di input chimici. Questi modelli puntano a conservare la biodiversità, migliorare la salute del suolo, ridurre l’uso di sostanze chimiche e, in generale, a mantenere in equilibrio l’intero ecosistema agricolo.

Nonostante siano meno diffusi, questi agricoltori possono essere considerati i veri custodi dell’ambiente. Si tratta di coloro che gestiscono i propri terreni in modo tale da favorire la sostenibilità a lungo termine, proteggendo le risorse naturali e contribuendo alla conservazione della biodiversità. Sono ancora una minoranza, ma rappresentano una speranza per il futuro dell’agricoltura in Italia, in quanto dimostrano che è possibile conciliare la produzione agricola con il rispetto per l’ambiente e il territorio.

Il futuro dell’agricoltura: sostenibilità come obiettivo centrale

La sfida per il futuro dell’agricoltura italiana è quella di riuscire a superare il modello intensivo e di incentivare la transizione verso pratiche più sostenibili. Ciò richiede investimenti in formazione, in ricerca e in politiche che supportino gli agricoltori nell’adottare tecniche rispettose dell’ambiente, nonché un cambiamento nelle politiche agricole europee e nazionali che siano in grado di premiare chi sceglie di adottare modelli più sostenibili.

Se la sostenibilità diventerà il principio guida per il settore agricolo, sarà possibile ridurre drasticamente l’impatto ambientale dell’agricoltura, promuovere la conservazione delle risorse naturali e favorire una maggiore equità per gli agricoltori. Soltanto attraverso un impegno comune e un sostegno concreto alle pratiche agricole sostenibili sarà possibile garantire un futuro più verde, prospero e sicuro per l’Italia.

Celebrazione dell’agricoltura sostenibile e riconoscimento del valore del lavoro agricolo

Le celebrazioni del settore agricolo sono fondamentali, considerando l’importanza del lavoro agricolo e il suo ruolo cruciale nell’alimentazione e nell’economia. Tuttavia, per attuare una vera transizione ecologica in linea con gli obiettivi del Green Deal europeo, è essenziale riconoscere e celebrare chi adotta pratiche agricole a basso impatto ambientale. L’agricoltura biologica, biodinamica, rigenerativa e altri modelli agroecologici contribuiscono significativamente alla conservazione della biodiversità, alla riduzione dell’inquinamento e al recupero dei servizi ecosistemici, migliorando la qualità di aria, acqua e suolo e mitigando i cambiamenti climatici.

Allo stesso tempo, è cruciale un giusto riconoscimento del valore del lavoro agricolo e dei suoi prodotti. Solo con un adeguato sostegno economico si eviterà che i costI della transizione ecologica ricadano interamente sugli agricoltori, che rappresentano il punto più vulnerabile della filiera agroalimentare. Le piccole aziende agricole, infatti, sono a rischio di essere sfruttate dalle grandi corporazioni agricole legate alle lobby fossili e agli interessi dell’industria chimica.

La transizione ecologica nell’agricoltura, un impegno necessario

Secondo il Wwf, una semplice Legge non è sufficiente a risolvere le criticità dell’attuale modello agricolo dominante, che, pur essendo responsabile della perdita di biodiversità e del cambiamento climatico, ne è anche una delle principali vittime, come evidenziato dalle continue richieste di calamità naturali per siccità e alluvioni. Le narrative promosse dalle Associazioni agricole e dal Ministro Francesco Lollobrigida, che cercano di presentare l’agricoltura come una realtà priva di responsabilità nel degrado ambientale, non sono adeguate. È necessario un impegno concreto per la transizione ecologica dei sistemi agroalimentari, supportando l’agroecologia e gli obiettivi europei di Farm to Fork e Biodiversità 2030, che continuano ad essere ostacolati dal Governo e dalle principali Associazioni agricole.