L’incendio che la sera del 15 giugno a ha distrutto l’impianto per il trattamento dei rifiuti di Malagrotta ha creato una nube tossica che si è dispersa nell’aria e ora è allarme diossina nella Capitale. Attraverso un’ordinanza, il sindaco di Roma ha disposto per un periodo non superiore a 48 ore, a scopo precauzionale e per un raggio di 6 km dal luogo dell’incendio dell’impianto di Malagrotta, la sospensione delle attività scolastiche e dei centri estivi, pubblici e privati; il divieto di consumo degli alimenti di origine animale e vegetale prodotti nell’area individuata; il divieto di pascolo e razzolamento degli animali da cortile; il divieto di utilizzo dei foraggi e cereali destinati agli animali, raccolti nell’area individuata.
L’incendio di Malagrotta
Attorno alle ore 17:30 di mercoledì 15 giugno è scoppiato un incendio presso il TMB2 e l’ex gassificatore nell’area di Malagrotta a Roma. Incendio che ha coinvolto ecoballe di combustibile solido secondario (CSS) e altri rifiuti. In presenza di qualsiasi incendio, il rischio principale è dato dal fumo e dagli effetti che può avere sui polmoni. In caso di incendi che coinvolgono attività industriale, è possibile che vengano disperse sostanze dannose per l’ambiente e la salute.
Il lavoro di ARPA Lazio
L’ARPA, l’agenzia che monitora la qualità dell’aria, è intervenuta subito in emergenza per un primo sopralluogo e ha installato due campionatori per la qualità dell’aria. Questi strumenti sono necessari per misurare l’eventuale dispersione in aria di composti come diossine, Benzoapirene o PCB.
I valori del particolato (PM10 e PM2.5) misurati il 15 giugno nelle centraline dei comuni di Roma e Fiumicino non hanno evidenziato un generale incremento delle concentrazioni rispetto ai giorni precedenti e non si rilevano superamenti del limite giornaliero del PM10.
I valori non elevati di PM misurati nella centralina di Malagrotta, quella più vicina al luogo dell’evento, sono coerenti con la dinamica dell’incendio che, nella fase attiva, genera una forte spinta degli inquinanti verso l’alto.
Effetti cancerogeni e neurotossici da diossina
Secondo la Società Italiana di Medicina Ambientale (SIMA), un’eventuale diffusione di diossina nell’aria a seguito dell’incendio del TMB di Malagrotta potrebbe portare enormi rischi per l’ambiente e per la salute, visto che sono ormai noti da tempo gli effetti cancerogeni e neurotossici di tale sostanza sul corpo umano.
L’esposizione a breve termine a livelli elevati di diossine può causare cloracne, una grave forma di dermatosi che lascia cicatrici anche permanenti, alterazioni della funzionalità epatica e del metabolismo degli zuccheri.
L’esposizione a lungo termine, invece, compromette il sistema immunitario, quello nervoso in via di sviluppo, quello endocrino e di quello riproduttivo. Alti livelli di esposizione di diossine possono provocare nel corso degli anni l’insorgere di tumori del tessuto linfatico, del sangue e del seno. L’Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha classificato la diossina tetraclorodibenzo-p-diossina (Tcdd) come la sostanza cancerogena più pericolosa per la salute umana.
Che cos’è la diossina
Come riportato dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS), il termine diossina indica comunemente un gruppo di sostanze (le policlorodibenzodiossine, i policlorodibenzofurani, e alcuni policlorobifenili anche conosciuti con le rispettive sigle: PCDD, PCDF e DL-PCB) che hanno caratteristiche chimiche, fisiche e tossicologiche tra loro molto simili.
Le diossine derivano da processi naturali di combustione o da specifiche attività umane come l’incenerimento di rifiuti o processi di produzione industriale. Come riportato dall’Oms, sono gli inceneritori di rifiuti i maggiori responsabili dell’emissione di diossine nell’atmosfera. Infatti, lo smaltimento improprio di materiali contaminati e la combustione incontrollata di rifiuti, come quella avvenuta a Malagrotta, possono provocare il rilascio di diossine con conseguente contaminazione dell’ambiente.
Come si misurano i livelli di diossine nell’ambiente e negli alimenti
L’analisi chimica quantitativa delle diossine richiede metodi sofisticati che sono disponibili solo in un numero limitato di laboratori in tutto il mondo. I costi di analisi sono molto elevati e variano a seconda del tipo di campione, ma vanno da oltre i 1.000 euro per l’analisi di un singolo campione biologico a diverse migliaia di euro per la valutazione completa del rilascio da un inceneritore di rifiuti.
Sempre più spesso vengono sviluppati metodi di screening biologici (basati su cellule o anticorpi) e l’uso di tali metodi per i campioni di alimenti e mangimi viene sempre più convalidato. Tali metodi di screening consentono un maggior numero di analisi a un costo inferiore e, in caso di test di screening positivo, la conferma dei risultati deve essere effettuata mediante analisi chimiche più complesse.
Per quanto riguarda le analisi del TMB di Malagrotta, le analisi si concentreranno molto probabilmente solo nelle aree circostanti all’incendio, questo perché, come spiegato da SIMA, la via aerea di esposizione è molto limitata. Infatti, la diossina è una sostanza chimica pesante che tende a precipitare entro brevi distanze dal luogo di emissione in atmosfera. Le autorità dovranno monitorare aria, suolo e acqua per comprendere quali e quanti inquinanti hanno interessato l’incendio.