Bioeconomia, nel 2023 in Italia ha generato un valore di produzione di 437,5 miliardi di euro

Questo è quanto emerge dal X Rapporto sulla Bioeconomia presentato da Assobiotec, Cluster Spring e Intesa Sanpaolo, in Italia occupa due milioni di persone

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Nel 2023, la bioeconomia in Italia ha raggiunto un valore di 437,5 miliardi di euro, registrando una crescita di 9,3 miliardi rispetto all’anno precedente. Questo dato positivo emerge dal X Rapporto sulla Bioeconomia, presentato a Ravenna da Cluster Spring, Assobiotec-Federchimica e Intesa Sanpaolo. Il settore impiega circa due milioni di persone, confermandosi un importante motore per l’economia italiana.

Il Rapporto offre un’analisi approfondita del panorama bioeconomico italiano, evidenziando i settori chiave che trainano la crescita. Tra questi, si distinguono l’agroalimentare, la chimica verde, la bioenergia e la filiera del legno-carta. Il Rapporto sottolinea inoltre l’importanza della bioeconomia per la transizione ecologica e la sostenibilità, contribuendo alla riduzione delle emissioni di gas serra e alla valorizzazione delle risorse naturali.

Le prospettive per la bioeconomia in Italia sono positive. Si prevede che il settore continuerà a crescere nei prossimi anni, grazie agli investimenti in ricerca e innovazione e all’attuazione delle politiche di sostegno da parte del governo. La bioeconomia rappresenta un’opportunità importante per lo sviluppo sostenibile del Paese, creando nuovi posti di lavoro e contribuendo a migliorare la qualità della vita.

Bioeconomia in Italia, crescita rallentata nel 2023, ma valore e occupazione rimangono alti

Dopo la forte crescita del 2022 (+18%), la bioeconomia in Italia ha registrato un rallentamento nel 2023, con un aumento del valore della produzione del 2,2%, per un totale di 437,5 miliardi di euro. Nonostante questo rallentamento, il settore rimane strategico per l’economia italiana, rappresentando il 10% del valore della produzione complessiva e dando lavoro a circa due milioni di persone (7,6% dell’occupazione totale).

I dati salienti

  • Valore della produzione: 437,5 miliardi di euro (+2,2% rispetto al 2022)
  • Occupazione: 2 milioni di persone (stabile rispetto al 2022)
  • Peso sull’economia: 10% del valore della produzione complessiva
  • Crescita rispetto al 2021: 21,5%

Le filiere che hanno trainato la crescita della bioeconomia nel 2023 sono state:

  • Agroalimentare: la più importante, con un valore di oltre 260 miliardi di euro
  • Chimica verde: in forte crescita, con un valore di circa 50 miliardi di euro
  • Bioenergia: in espansione grazie alla transizione energetica, con un valore di circa 30 miliardi di euro
  • Filiera del legno-carta: in crescita costante, con un valore di circa 20 miliardi di euro

Nonostante i risultati positivi, la bioeconomia italiana deve affrontare alcune sfide, come la concorrenza internazionale, la necessità di aumentare gli investimenti in ricerca e innovazione e la diffusione di una maggiore conoscenza del settore presso i consumatori. Tuttavia, le opportunità per lo sviluppo futuro sono notevoli, grazie alla crescente domanda di prodotti bioeconomici e all’impegno del governo italiano nel sostenere il settore.

Bioeconomia in Europa, Italia al terzo posto per valore e seconda per occupati

Nel 2023, la bioeconomia ha generato un valore di circa 1.751 miliardi di euro in Europa, con oltre 7,4 milioni di persone impiegate nel settore. Questi dati, che emergono dal X Rapporto sulla Bioeconomia, confermano il ruolo chiave di questo settore per l’economia europea, rappresentando l’8,4% del valore complessivo e il 6% dell’occupazione totale nei quattro Paesi considerati (Francia, Germania, Italia e Spagna).

In termini assoluti, la Germania si conferma leader, con un valore della produzione di 542,9 miliardi di euro e circa 2,1 milioni di occupati. La Francia si posiziona al secondo posto con un valore di 459,1 miliardi di euro, seguita da Italia (437,5 miliardi) e Spagna (311,9 miliardi). In termini di occupazione, l’Italia si posiziona al secondo posto con circa 2 milioni di addetti, alle spalle della Germania, e davanti a Francia (1,8 milioni) e Spagna (1,5 milioni).

Se si considerano le performance in termini relativi, Italia e Spagna si distinguono. In Italia, la bioeconomia rappresenta il 10% del valore della produzione complessiva e il 7,6% dell’occupazione totale, mentre in Spagna questi valori sono rispettivamente dell’11% e dell’8,2%.

Nonostante le differenze tra i Paesi, i dati confermano la crescita e il potenziale della bioeconomia in Europa. Questo settore rappresenta un’importante opportunità per lo sviluppo sostenibile, la creazione di nuovi posti di lavoro e la riduzione dell’impatto ambientale.

Il contributo dell’Italia alla bioeconomia globale

Stefania Trenti, Head of Industry and Local Economies Research presso Intesa Sanpaolo, ha sottolineato l’importanza del decimo Rapporto sulla Bioeconomia, evidenziando il forte interesse per le attività che utilizzano risorse biologiche rinnovabili. Secondo la Fao, 21 paesi, che rappresentano il 65% del PIL mondiale, hanno adottato strategie per lo sviluppo sostenibile delle filiere bio-based, e l’Italia è tra questi. Trenti ha sottolineato l’importanza delle politiche pubbliche nel sostenere e valorizzare gli investimenti delle imprese, orientati sempre più verso modelli produttivi e di consumo ambientalmente sostenibili. Le analisi del Rapporto confermano la vitalità del tessuto produttivo italiano nel settore della bioeconomia, evidenziando l’innovazione come elemento chiave per affrontare le sfide future.

Andamento della bioeconomia europea nel 2023, crescite e flessioni

Nel 2023, la bioeconomia ha registrato un anno positivo in Francia (+5,1%) e Spagna (+4,2%), consolidando ulteriormente la crescita già osservata nel 2022. Al contrario, la bioeconomia tedesca ha subito un calo del 6,9%, a causa di segnali negativi in gran parte dei comparti.

Confrontando i livelli di output della bioeconomia nel 2023 rispetto al 2021, si osservano risultati positivi per tutti i paesi. L’Italia ha registrato un incremento del 20,6%, leggermente superiore a quello della Francia (20,1%), seguita dalla Spagna (17,4%) e dalla Germania (12,6%).

La vitalità della bioeconomia in Italia è dimostrata dalle 808 start-up innovative censite nel 2023, pari al 6,6% del totale delle imprese iscritte al Registro delle Imprese. La maggior parte delle start-up innovative della bioeconomia, presenti lungo tutta la penisola, è concentrata nel settore della ricerca e sviluppo (45%), seguita dall’agri-food (25%).

Il ruolo strategico della bioeconomia per l’Europa

Catia Bastioli, Presidente del Cluster Spring, ha sottolineato nel suo intervento che il Rapporto conferma il valore cruciale della Bioeconomia come meta-settore di innovazione, essenziale per accelerare la transizione ecologica e rafforzare la resilienza degli ecosistemi. Bastioli ha citato le conclusioni del Consiglio europeo di marzo 2023 e le parole di Margrethe Vestager, Vicepresidente della Commissione Ue, evidenziando come la bioeconomia sia fondamentale per la competitività e la modernizzazione dell’industria europea. Ha sottolineato l’importanza di costruire su questo patrimonio attraverso un quadro normativo stabile e una solida strategia industriale che tenga conto della qualità e della diversità dei territori. Solo così il settore del biomanufacturing e delle infrastrutture della bioeconomia potrà evolversi oltre la fase sperimentale, contribuendo concretamente al futuro sostenibile dell’Europa in un momento cruciale per cogliere nuove opportunità.

Bioeconomia, focus su nuovi materiali, bioplastica e filiera agroalimentare

Un’analisi più approfondita delle startup bioeconomiche italiane, condotta attraverso l’analisi di parole chiave e lo studio di alcuni casi aziendali, rivela diverse aree di particolare interesse:

  • Sviluppo di nuovi materiali per la produzione di cosmetici: diverse startup si concentrano sulla ricerca e produzione di ingredienti e materiali innovativi per il settore cosmetico, utilizzando materie prime di origine vegetale o processi produttivi sostenibili;
  • Ricerca di input produttivi alternativi per la bioplastica: alcune startup si focalizzano sullo sviluppo di nuove bioplastiche derivanti da fonti rinnovabili o scarti alimentari, con l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale della produzione di plastica tradizionale;
  • Utilizzo di fonti di materie prime alternative nella filiera agroalimentare: diverse startup propongono soluzioni innovative per la filiera agroalimentare, come l’utilizzo di colture alternative o l’impiego di insetti per la produzione di proteine;
  • Introduzione di nuovi processi produttivi tecnologicamente avanzati: alcune startup si concentrano sullo sviluppo di tecnologie innovative per la produzione agroalimentare, con l’obiettivo di migliorare l’efficienza e la sostenibilità dei processi.

Queste aree di focus evidenziano la dinamicità e l’innovazione del settore bioeconomico in Italia. Le startup stanno sviluppando soluzioni concrete per affrontare le sfide della sostenibilità ambientale e della produzione di beni e servizi in modo più efficiente e rispettoso dell’ambiente.

Innovazione e sostenibilità nelle start-up italiane

Oltre ai settori già menzionati, diverse startup bioeconomiche si distinguono in altri ambiti:

  • Sistema moda: alcune aziende utilizzano materiali di scarto provenienti da altre lavorazioni o industrie per la produzione di capi di abbigliamento e accessori, promuovendo una moda più sostenibile e circolare;
  • Bioedilizia: cresce l’attenzione all’impiego di materiali naturali e ecocompatibili per la costruzione di edifici, con l’obiettivo di migliorare la qualità dell’aria interna e il comfort abitativo;
  • Gestione dei rifiuti e depurazione dell’acqua: diverse startup propongono soluzioni innovative per il trattamento dei reflui civili e industriali e per la depurazione dell’acqua, contribuendo a un ciclo produttivo più sostenibile.

La tecnologia gioca un ruolo fondamentale nella filiera agro-alimentare, che rappresenta una parte significativa della bioeconomia: oltre il 76% in Spagna e Francia, circa il 63% in Italia e il 61% in Germania. Questa filiera è sempre più centrale nel percorso di transizione verso processi più sostenibili.

Le imprese italiane nel settore alimentare, sebbene più piccole rispetto ai concorrenti europei, si distinguono per l’elevata quota di innovazioni di prodotto (20% contro una media UE27 del 12%) e di processo, con l’Italia (36%) che supera i principali competitor di oltre 15 punti percentuali.

Italia tra i leader mondiali nei brevetti per la filiera agroalimentare

L’Italia si sta affermando come un attore di rilievo nel panorama dell’innovazione agro-alimentare globale, come dimostra la sua posizione di settimo brevettatore a livello mondiale in questo settore. Negli ultimi anni, il paese ha registrato un significativo rafforzamento sia in termini di quota che di grado di specializzazione nell’attività brevettuale dedicata alla filiera agro-alimentare.

Un’analisi approfondita del portafoglio brevetti nelle tecnologie legate al settore alimentare rivela un quadro interessante. Mentre le imprese direttamente coinvolte nell’agro-alimentare giocano un ruolo importante, emerge un contributo sorprendentemente significativo da parte del settore meccanico. Le aziende meccaniche rappresentano infatti la principale fonte di domande di brevetto relative al tema alimentare, con il 45% delle domande totali e il 32% degli assegnatari.

Italia, leader mondiale nelle tecnologie per l’agroalimentare e la ristorazione

L’Italia si conferma leader mondiale nel settore delle tecnologie per l’agroalimentare e la ristorazione, posizionandosi come terzo esportatore al mondo con una quota del 12%. Il Paese vanta primati assoluti in numerosi prodotti, tra cui:

  • Distributori automatici: primo esportatore al mondo con oltre il 30% dell’export globale
  • Macchine per la lavorazione della frutta: primo esportatore al mondo con una quota del 23%
  • Macchine per la pasta e prodotti da forno: primo esportatore al mondo con una quota del 20%

L’Italia si posiziona inoltre seconda in altri segmenti strategici, come:

  • Macchine per gli imballaggi: seconda con una quota del 23%
  • Macchine per l’industria alimentare: Seconda con una quota del 16%
  • Macchine per l’industria dolciaria: seconda con una quota del 12%

L’analisi dell’attività brevettuale delle imprese italiane del settore alimentare e delle bevande, con un campione di 386 soggetti che hanno presentato domande di brevetto all’EPO, evidenzia la vastità delle tematiche e la varietà dei percorsi innovativi in atto. Le invenzioni riguardano diverse aree, tra cui:

  • Nuove tecnologie di produzione e trasformazione
  • Sviluppo di prodotti alimentari innovativi
  • Miglioramento del packaging e della conservazione
  • Soluzioni per la sicurezza alimentare

Crescita della cosmetica bio in Italia

La cosmetica naturale è emersa come uno dei settori più dinamici della bioeconomia, con l’Italia che si distingue come terzo esportatore europeo dopo Francia e Germania. A fine 2023, i cosmetici naturali/biologici hanno rappresentato il 10,4% del mercato cosmetico italiano, equivalente a oltre 1,3 miliardi di euro, registrando una crescita del 7,1% rispetto all’anno precedente.

Questi risultati sono stati favoriti dalla struttura del settore, che beneficia di relazioni di filiera strategiche e prossimità per gli input produttivi (in particolare chimica e agro-alimentare) e gli imballaggi (carta, plastica, vetro, ceramica). La presenza di filiere locali e stabili è vista come un vantaggio strategico per le imprese che intendono adottare una produzione più orientata al bio-based e a processi produttivi sostenibili. Il futuro del settore dipenderà quindi dalla capacità di coinvolgere efficacemente le imprese lungo tutta la filiera nella transizione verde in corso.

Biosoluzioni, innovazione per una economia circolare

Elena Sgaravatti, Vicepresidente di Assobiotec Federchimica, ha sottolineato l’importanza delle biosoluzioni nell’evoluzione verso un’economia circolare bio-based. Queste soluzioni, che utilizzano enzimi, microorganismi e batteri ispirati dalla natura, sono fondamentali per creare posti di lavoro qualificati e migliorare l’efficienza della catena del valore in settori come edilizia, tessile, alimentare ed energetico. McKinsey&Co stima che il 60% delle materie prime mondiali possa essere ottenuto tramite biosoluzioni, evidenziando il loro potenziale di innovazione per la bioeconomia circolare.

Sgaravatti ha enfatizzato la crescente consapevolezza su questo fronte e ha accolto positivamente il rinnovato interesse delle politiche nazionali e comunitarie nel settore biotech. Ha citato il Manifesto della Commissione europea del marzo scorso, che identifica le biotecnologie e le biosoluzioni come una delle aree più promettenti del secolo, fondamentali per affrontare la transizione verde e le sfide sociali attuali e future. Sottolineando l’importanza di azioni concrete, ha evidenziato la necessità di una nuova regolamentazione delle biosoluzioni per garantire un accesso più rapido ed efficace a queste tecnologie in Europa.