Irpef al 33% per il ceto medio, la proposta in Manovra

Il sottosegretario Maurizio Leo punta a una riforma dell'Irpef che preveda meno tasse per il ceto medio: l'idea è quella di un'aliquota al 33% sui redditi tra 28.000 e 60.000 euro

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Le misure della Manovra 2025 cominciano a prendere corpo e fra di esse una delle più attese è la riforma dell’Irpef, in particolare per quanto riguarda le aliquote per il ceto medio. Il piano prevede una riduzione delle tasse con un’aliquota del 33% sui redditi tra 28.000 e 60.000 euro, mentre oggi è del 35% per i redditi tra 18.000 e 50.000 euro. L’aliquota del 43% scatterebbe oltre i 60.000 euro, anziché oltre i 50.000 come avviene attualmente. Per il governo Meloni si tratta di un piano ambizioso: lo stanziamento previsto è compreso fra i 2,5 e i 4 miliardi di euro.

Meno tasse per il ceto medio

È stato il viceministro dell’Economia Maurizio Leo, vero perno della riforma fiscale del governo Meloni, a svelare il piano parlando a Telefisco del Sole 24 Ore.

L’ipotesi prevede poi la conferma degli sgravi Irpef sui redditi fino a 28.000 euro e il taglio dei contributi solo per i dipendenti fino a 35.000. Quello dell’alleggerimento dell’Irpef sul ceto medio “è un tema che ci sta molto a cuore”, ha dichiarato Leo. Ma il tutto è subordinato al reperimento delle risorse.

Flat tax per i lavoratori autonomi

Un altro obiettivo strategico del governo è l’estensione della flat tax per i lavoratori autonomi. Il leghista Matteo Salvini puntava a una flat tax per gli autonomi a 100.000 euro, mentre oggi il tetto di reddito è di 85.000 euro. Dopo una trattativa con gli altri azionisti della maggioranza, sarebbe disposto ad accordarsi per un tetto sui 90-95.000 euro. Ma anche in questo caso resta il nodo delle coperture. Occorrerà attendere fine ottobre, con i dati sul gettito del concordato fiscale biennale, per avere un quadro meglio delineato.

Il concordato

Il governo attende maggiori entrate dalla massiccia adesione al concordato preventivo biennale. L’adesione non è obbligatoria, ma di fatto “consigliata”: chi non aderirà alla proposta del Fisco, infatti, verrà inserito in una sorta di lista prioritaria soggetta agli accertamenti dell’Agenzia delle Entrate.

Ma a rendere appetibile il concordato c’è inoltre la possibilità per i contribuenti di regolarizzare la propria posizione relativa al passato.

A rendere cautamente ottimista il governo in merito ad un maggiore margine di manovra c’è l’andamento dei conti pubblici migliore rispetto alle previsioni. La boccata d’ossigeno per le casse pubbliche si deve alle maggiori entrate tributarie. Il governo tiene inoltre in considerazione il fatto che spendere il tesoretto dell’extra gettito dal 2025 non sarà più possibile. Al momento, rispetto alle previsioni del Def di aprile, ci sono almeno 3 miliardi di entrate superiori al previsto.

Bonus Befana da 100 euro

Praticamente certo, infine, il cosiddetto Bonus Befana da 100 euro da anticipare a Natale per i dipendenti con redditi fino a 28.000 euro di reddito. La misura costerà “appena” 100 milioni di euro. I 100 euro saranno “netti”, ha specificato Leo smentendo chi parlava di 100 euro lordi (che corrispondono a 80 euro netti).