L’Ufficio parlamentare di bilancio ha rilevato nella riforma delle aliquote Irpef del Governo, divisa tra manovra finanziaria e decreto fiscale, un problema. Nonostante abbia l’obiettivo di ridurre sia le tasse al ceto medio che il numero di aliquote Irpef, finisce infatti per creare sette scaglioni di fatto e aumentare le imposte per chi guadagna tra i 32mila e i 40mila euro.
La ragione è il modo in cui il Governo ha cambiato a livello tecnico il taglio del cuneo fiscale. Il taglio delle tasse ai redditi medio-bassi rimane infatti lo stesso in termini di quantità. Invece di scontare i contributi però, lo Stato agirà direttamente sulle imposte, ed è proprio questo dettaglio a creare problemi. Il Mef però respinge le accuse.
Come dovrebbero funzionare le aliquote Irpef
La prima parte della riforma sulle aliquote Irpef del Governo non cambia nulla rispetto al passato. L’esecutivo ha infatti solo reso strutturale, quindi di lungo periodo, una norma che aveva già approvato nel 2023, ma che era temporanea. Ci saranno d’ora in poi tre aliquote Irpef, escluse le esenzioni:
- Su fino a 28mila euro di reddito si pagherà il 23%
- Da 28mila euro a 50mila euro si pagherà il 35%
- Oltre i 50mila euro si pagherà il 40%
La seconda parte della riforma modifica il taglio al cuneo fiscale. Le tasse scontate ai lavoratori dipendenti rimangono uguali in quantità.
- Fino a 25mila euro di reddito -7%
- Fino a 35mila euro di reddito -6%
Quello che cambia è da dove provengono questi sconti. In passato si trattava di contributi, a cui lo Stato sopperiva in modo che il taglio del cuneo fiscale non causasse una diminuzione delle future pensioni. Ora ci sono due meccanismi diversi:
- Fino a 20mila euro di reddito si tratta di un bonus esentasse
- Tra 20mila e 40mila euro di reddito è una detrazione fiscale
Perché alcuni italiani pagheranno più tasse
Proprio in questo dettaglio però, secondo l’Upb, sta il problema della riforma. I dipendenti sopra i 20mila euro di reddito ricevono una detrazione di che rimane fissa a 1.000 euro fino a 32mila euro di reddito. Da lì inizia a scendere progressivamente, fino ad annullarsi oltre i 40mila euro. Proprio a causa di questa discesa, tutti i contribuenti che guadagnano tra i 32mila e i 40mila euro finiranno per pagare più tasse rispetto all’anno scorso, vedendosi la busta paga nettamente ridotta.
Questo meccanismo crea inoltre di fatto sette scaglioni Irpef, secondo quanto rilevato dall’Ufficio parlamentare di bilancio, che sono molto poco trasparenti:
- Fino a 8.500 euro di reddito (nessuna Irpef da pagare);
- Tra 8.500 e 20mila euro (primo scaglione Irpef e sconto esentasse dal taglio del cuneo fiscale);
- Tra 20mila e 28mila euro (primo scaglione Irpef e detrazione da 1.000 euro dal taglio del cuneo fiscale);
- Tra 28mila e 32mila euro (secondo scaglione Irpef e detrazione da 1.000 euro dal taglio del cuneo fiscale);
- Tra 32mila e 40mila euro (secondo scaglione Irpef e detrazione progressivamente discendente);
- Tra 40mila e 50mila euro (secondo scaglione Irpef e nessuna detrazione dal taglio del cuneo fiscale);
- Oltre i 50mila euro (terzo scaglione Irpef e nessuna detrazione dal taglio del cuneo fiscale).
Questo calcolo dell’Upb non tiene conto della possibilità che la Manovra, che regola una parte di questa norma, sia modificata. Il Governo ha quindi tempo ancora fino alla fine dell’anno per risolvere la questione.
La risposta del Mef
Il ministero dell’Economia ha risposto alle accuse dell’Upb sull’aumento delle tasse causato dalla combinazione di taglio del cuneo fiscale e riforma dell’Irpef. “Il combinato effetto del taglio del cuneo, detrazioni e tagli fiscali contenuti nella manovra economica 2025 porta vantaggi economici incontrovertibili su tutti i redditi fino a 40mila euro” sostiene il ministero.
“La variazione del carico fiscale è definita dall’aliquota media; l’aliquota marginale, invece, ha rilevanza per valutare la propensione dei contribuenti a effettuare o meno lavoro aggiuntivo. L’aliquota media Irpef che grava sui redditi pari a 32 mila, 35 mila e 40 mila euro diminuisce per effetto sia della detrazione aggiuntiva prevista nel Ddl bilancio sia della riduzione della seconda aliquota Irpef dal 25% al 23%” conclude poi il Mef.