Gazprom, il colosso energetico russo, ha annunciato un taglio delle forniture all’Italia del 50%. Si tratta di una scelta politica, come hanno sottolineato il cancelliere tedesco Olaf Scholz e il premier italiano Mario Draghi in visita a Kiev. Il numero uno di Palazzo Chigi ha sottolineato che le motivazioni addotte da Mosca per giustificare il minore flusso di gas verso il nostro Paese sono solo “bugie“. E d’altronde proprio Aleksander Novak, ministro dell’Energia russo, ha confermato ai media che il Cremlino non si opporrà alle forniture di stoccaggio per l’Europa in vista dell’inverno, ma solo a patto “che non ci siano ostacoli politici“.
Dal governo russo è dunque arrivata la conferma che il taglio delle forniture non ha niente a che vedere con impedimenti di natura tecnica – cioè con l’impossibilità di reperire componenti per la manutenzione dei gasdotti a causa delle sanzioni. Si tratta piuttosto di una risposta decisa alle limitazioni che arrivano dall’Occidente. Un modo per indebolire l’Unione Europea, visto anche l’aumento record del prezzo del metano, passato nel giro di una settimana alla Borsa di Amsterdam da 82,50 euro a 117,74 euro al MWh, con picchi di 134 euro.
Allarme forniture di gas russo: cosa rischia davvero il nostro Paese
Come già detto, la Russia taglia le forniture di gas all’Italia. La situazione, però, non desta preoccupazione immediata per i tecnici, considerando che la richiesta giornaliera è oggi di 155 milioni di metri cubi e la disponibilità di 195 milioni di metri cubi. Di questo passo, per superare i mesi più freddi, sarà però necessario destinare tutto il gas ora inutilizzato allo stoccaggio almeno fino alla fine dell’anno, considerando che oggi i siti sono pieni al 54%.
A destare apprensione è però una nuova mossa di Mosca, che potrebbe ridurre ulteriormente gli approvvigionamenti. Già nei prossimi giorni il Ministero della Transizione ecologica potrebbe agire con misure mirate ad abbassare i consumi industriali e domestici. E il Governo potrebbe anche optare per decretare lo stato di preallarme e poi lo stato di allarme.
Le misure del Governo per risparmiare il gas: cosa potrebbe cambiare
Il primo passo sarebbe quello di invitare le industrie, attraverso il trasportatore Snam, a limitare volontariamente i consumi, come prevedono i contratti di fornitura. In caso di attuazione del piano emergenziale, inoltre, in prima battuta spetterebbe agli operatori, come Eni, emanare misure per il risparmio delle materie energetiche e aumentare le importazioni, riducendo la domanda totale e impiegando combustibili alternativi negli impianti industriali.
In caso di urgenza, però, il Comitato emergenza gas avvertirebbe immediatamente il ministro Roberto Cingolani, che a sua volta potrebbe emanare, in autonomia, un decreto che avrebbe effetti anche sui cittadini e le imprese, con le seguenti misure.
- Limitazione del riscaldamento nelle abitazioni private e negli uffici, con una temperatura massima di uno o due gradi inferiore a quella prevista dalla legge e una fascia oraria in cui sarà consentito accendere gli impianti.
- Limitazioni per il consumo del gas delle centrali elettriche attive, con la sostituzione della fonte primaria per la produzione di energia. Sarebbero sfruttate a pieno regime le sei centrali a carbone ancora attive (in Friuli Venezia Giulia, nel Lazio, in Puglia, in Sardegna e in Veneto) e destinate a chiudere entro il 2025 per ridurre le emissioni di Co2.
- Riduzione dell’illuminazione pubblica nelle città e nella rete stradale, con lo spegnimento dei lampioni in determinate fasce orarie.
In ogni caso sembra quasi scontato che il Governo farà di tutto per aumentare le importazioni da altri Paesi, riducendo la dipendenza dalla volubile Russia, e integrando i contratti già esistenti con Algeria, Libia e Azerbaigian. Potrebbe essere aumentata anche l’importazione di gas naturale liquefatto (Gnl), che arriva via mare dal Medio Oriente e dall’Egitto.
A causa della Russia che torna a ricattare Ue e Italia si potrebbe arrivare a un razionamento dei consumi. In più, il nostro paese potrebbe vivere una nuova stagione di limitazioni non diversa da quelle delle domeniche a piedi contro la crisi energetica del 1973. E mentre sembra arrivare lo stato di allarme a livello nazionale, per le famiglie del nostro Paese è già tempo di sacrifici.