Abbiamo un problema con il riso in Italia, o meglio con la sua produzione. A lanciare l’allarme è Coldiretti, facendo luce sulle ripercussioni a cui l’economia del nostro paese va incontro, tanto da accelerare la spinta inflazionistica e il caro prezzi.
Indice
Cosa sta succedendo al riso italiano
Stando a quanto afferma la Coldiretti, la produzione nazionale di riso in Italia è crollata di quasi il 30% per effetto del balzo nei costi e del clima pazzo che, tra siccità e nubifragi, ha portato poi quest’anno alla riduzione delle semine con la messa a coltura di ben 7500 ettari di risaie in meno per un totale di circa 210mila ettari, il minimo da inizio secolo.
Di contro, come sottolinea l’indice dei prezzi FAO aggiornato ad agosto, c’è stato un aumento del costo riso del 9,8% su base mensile, raggiungendo il livello più alto degli ultimi 15 anni.
La situazione, così come fotografata, è anche una conseguenza del blocco dell’India alle sue esportazioni, che ha fermato le attività semplicemente per fare pressione all’UE, un vero e proprio braccio di ferro per far cedere l’Unione alla richiesta di aumentare i contingenti a dazio zero e alzare i limiti di tolleranza per agrofarmaci come il tricilazolo. In pratica, l’intenzione era quella di limitare la domanda influenzando al rialzo i prezzi di vendita, così da alimentare in qualche modo la crisi di materia prima e “costringere” l’Europa a cedere su alcune limitazioni in cambio di forniture.
Un disequilibrio da non sottovalutare questo – come sottolinea la Coldiretti – soprattutto perché stiamo parlando del cereale più consumato nel mondo, alla base della dieta di molte comunità. Il consumo mondiale di riso nel 2022, secondo i dati riportati dall’Associazione, è stato infatti di quasi 521 milioni di tonnellate in aumento di oltre 9 milioni rispetto all’anno precedente.
L’impatto sull’Italia: quali le conseguenze?
Secondo Coldiretti, nonostante l’Italia sia il principale produttore di riso in Europa, con il 50% dei raccolti per un quantitativo di circa 1,5 milioni di tonnellate di risone all’anno, più di un 1 pacco di riso su 4 venduto in Italia arriva dall’estero soprattutto da paesi che non rispettano le stesse regole, sul piano ambientale, sociale e sanitario, in vigore nell’Unione Europea e fanno concorrenza sleale alle produzione Made in Italy.
Una situazione questa che si traduce in un’opportunità persa, soprattutto se si considera che le importazioni di riso dall’India che sono piu’ che raddoppiate (+164%) nel 2023 e rappresentano circa il 12% del totale delle importazioni, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Istat relative ai primi cinque mesi.
“È necessario che tutti i prodotti che entrano in Europa ed in Italia rispettino i criteri di sicurezza alimentare ed ambientale adottati a livello nazionale e comunitario” ha dichiarato il presidente della Coldiretti Ettore Prandini, sottolineando anche che per “sostenere la produzione nazionale bisogna lavorare sugli accordi di filiera che sono uno strumento indispensabile per la valorizzazione delle produzioni nazionali e per un’equa distribuzione del valore lungo tutta la catena, dalla produzione al consumo.”
Cosa si rischia
Dopo una pausa di dieci anni, nell’estate del 2022 la Commissione Europea ha ripreso i negoziati con l’India per la definizione di un accordo di libero scambio. L’India è il più grande esportatore mondiale di riso e in precedenza aveva avanzato la richiesta per ottenere varie quote di importazione esenti da dazi che, se concordate nei negoziati in corso, ridurrebbero ulteriormente lo spazio commerciale per il riso dell’UE, che si è già ridotto.
Secondo l’Ente Nazionale Risi, “le richieste dell’India vanno respinte non solo perché questo Paese gode dell’esenzione dai dazi per otto varietà di riso Basmati semigreggio, ma anche perché nel 2022 sul portale del sistema di allerta comunitario Rasff sono state trovate ben 42 notifiche sul riso importato dall’India (28% del totale delle notifiche relative al riso), a causa della presenza di agrofarmaci (tiametoxam, triciclazolo, carbendazim e clorpirifos) il cui utilizzo non è consentito nell’Unione Europea”.
Solo un paio di mesi fa, la proposta della Commissione Europea di aumentare il livello massimo di residui di triciclazolo dall’attuale valore 0 non è stata approvata dal Comitato permanente per le piante, gli animali, gli alimenti e i mangimi (Scopaff). La proposta rappresenta secondo gli operatori del settore una vera beffa per la filiera comunitaria del riso perché il divieto di utilizzo del triciclazolo per la coltivazione rimarrebbe nell’Unione Europea il riso, mentre il riso importato beneficerebbe di un limite di 0,09 mg/kg (da 01 mg/kg a 0,09 mg/kg infatti è ammesso nel riso importato).
“Mentre i nostri risicoltori devono rispettare divieti e regole ferree per l’uso di agrofarmaci, ci troviamo come sempre a dover contrastare la miopia della Commissione Europea che dovrebbe difendere le produzioni comunitarie”, ha dichiarato Paolo Carrà, presidente dell’Ente Nazionale Risi.”La filiera europea del riso sostiene da sempre la necessità di una reciprocità delle regole riguardo l’uso dei pesticidi. Sarebbe imbarazzante riconoscere un’IGP al Basmati utilizzando un termine generico, estraneo al territorio, che equivale esattamente al Basmati di origine pakistana e che potrebbe, al termine del processo di trattativa di libero scambio, dar luogo ad un’esenzione dai dazi per quantità illimitate”.
Invece, per garantire la qualità dei prodotti commercializzati, nei Paesi europei produttori di riso vengono effettuati approfondimenti, controlli e analisi che prendono in considerazione molteplici aspetti. Vengono effettuate diverse tipologie di analisi, ciascuna basata sulla valutazione delle caratteristiche qualitative dei singoli chicchi, a partire dalla loro salubrità, garantita dal rispetto dei limiti di legge su difetti, metalli pesanti e pesticidi.
Come riconoscere il riso “autentico”
Nei paesi europei mediterranei il consumo di riso ha un significato socioculturale particolarmente importante e la sua produzione svolge anche un ruolo ecologico fondamentale. La produzione di riso nell’Unione Europea rappresenta solo lo 0,4% del totale mondiale, ma i suoi prodotti, soprattutto se confrontati con le varietà di riso del Sud-Est asiatico, sono di qualità superiore in termini di nutrizione, caratteristiche organolettiche e sicurezza alimentare, oltre che di sostenibilità . L’elemento che rende davvero speciale il riso europeo, infatti, è tutta l’attenzione alle tematiche ambientali che caratterizza i suoi metodi di produzione. Qualità e rispetto per l’ambiente danno ancora più sapore al consumo di riso europeo.
Dal 2017, un gran numero di varietà di nuove coltivazioni di riso sono state autorizzate nell’UE, e alcune si sono rivelate inferiori a determinati standard di qualità. Prendiamo per esempio il riso Basmati, uno dei più popolari e diffusi nell’utilizzo in italia. Per qualificarsi come basmati, i chicchi devono soddisfare determinati standard relativi a fattori come la fragranza, la lunghezza e la larghezza, nonché la consistenza cotta. Devono anche avere un livello medio di amilosio, una parte dell’amido del riso.
Il riso europeo più importante è il Japonica, che rappresenta circa il 10% della produzione mondiale. Questo riso, coltivato prevalentemente nei climi mediterranei, ha un chicco che può essere corto, medio o lungo, ed è tipicamente contrassegnato e commercializzato con i nomi delle particolari varietà. Italia, Francia, Spagna e Portogallo sono tra i maggiori paesi europei produttori di riso Japonica.
Il riso coltivato in Europa si distingue per una serie di caratteristiche uniche acquisite dal prodotto durante ciascuna delle sue fasi produttive. Innanzitutto, l’ambiente in cui viene coltivato il riso europeo, la risaia, contribuisce a salvaguardare gli ecosistemi, preservare le aree rurali, promuovere la biodiversità e contrastare il cambiamento climatico.
I prodotti a base di riso provenienti da Italia, Portogallo e Francia sono garanzia di qualità e sicurezza alimentare. Le varietà coltivate in questi paesi del Mediterraneo hanno caratteristiche organolettiche uniche e la loro produzione è perfettamente tracciata dal momento della semina fino alla vendita. Acquistando riso europeo i consumatori sanno cosa stanno mettendo nel piatto: un prodotto sicuro che rispetta i più alti standard qualitativi in ogni fase della produzione.