L’Italia sta rischiando di chiudere il secondo trimestre con una crescita economica pari a zero. Questa valutazione è stata riportata dal Centro Studi di Confindustria nel suo ultimo rapporto sulla situazione economica, denominato Congiuntura flash.
La non crescita dell’Italia
Gli industriali hanno sottolineato che la dinamica del Pil italiano nel secondo trimestre è stata “estremamente debole, quasi stagnante”, e le aspettative per il terzo trimestre non sono molto più positive. Infatti, i settori industriali e delle costruzioni stanno subendo una contrazione, mentre i servizi stanno registrando una crescita moderata, principalmente trainata dal settore turistico.
La crescita economica è ostacolata da tassi di interesse elevati, e inoltre, il traino dell’export di beni verso l’estero si è fermato. Un elemento rilevante da considerare è che anche la Germania è entrata in recessione, sebbene gli esperti prevedano che questa situazione sarà di breve durata.
Cosa dice il report
Secondo il report del Centro Studi di Confindustria, l’inflazione in Italia sta continuando a diminuire, con una crescita annua del +6,4% registrata a giugno. Questo calo è attribuito principalmente al prezzo del gas, che si è mantenuto poco sopra i minimi (32 euro a Mwh), contribuendo a moderare i prezzi energetici al consumo, che sono aumentati solo del +2,1%.
Negli Stati Uniti, a luglio, la Federal Reserve ha aumentato il tasso di interesse al 5,50%, e non esclude la possibilità di ulteriori rialzi. Tuttavia, i mercati sembrano considerare questa mossa come l’ultimo rialzo previsto.
Anche la Banca Centrale Europea (BCE) ha deciso di aumentare i tassi di interesse a luglio, portandoli al 4,25%. La BCE ha lasciato la porta aperta per ulteriori interventi, poiché giudica l’inflazione ancora troppo alta.
In sintesi, l’inflazione in Italia è in diminuzione grazie al prezzo del gas che ha moderato i prezzi energetici, mentre negli Stati Uniti e nell’Eurozona, le rispettive banche centrali hanno intrapreso azioni per contrastare l’inflazione aumentando i tassi di interesse.
Credito troppo caro e più scarso
Il report di Confindustria evidenzia che le imprese italiane stanno affrontando un aumento continuo del costo del credito, che ha raggiunto il 4,81% a maggio. Questo aumento sta comportando una riduzione dello stock di credito bancario, con una diminuzione annua del 2,9% a maggio.
Le indagini condotte dall’Istituto Nazionale di Statistica (Istat) e dalla Banca d’Italia indicano un irrigidimento dei criteri di offerta del credito da parte delle banche. I criteri di offerta riguardano aspetti quali i costi, l’ammontare dei finanziamenti, le scadenze e le garanzie richieste. Di conseguenza, la domanda di credito da parte delle imprese è frenata dal costo eccessivo imposto dalle banche.
Il rapporto sottolinea inoltre che una quota significativa di imprese, pari al 6,0%, non riesce a ottenere il credito richiesto, soprattutto perché rinuncia a richiederlo a causa delle condizioni troppo onerose imposte dalle banche. Il 56,3% delle imprese che rinuncia a ottenere il credito lo fa proprio a causa di queste condizioni poco favorevoli.
Questo contesto di credito troppo caro e scarsità di finanziamenti sta ponendo delle sfide importanti alle imprese italiane e potrebbe avere impatti sull’attività economica del paese.
In Italia i servizi sono trainati dal turismo
I servizi, trainati dal turismo, stanno fornendo una spinta importante all’economia italiana, sostenendo il Pil del paese. A maggio, la spesa degli stranieri in Italia ha registrato una crescita del +13,2% rispetto al 2022, e il numero di passeggeri negli aeroporti nel secondo trimestre è risultato superiore ai livelli del 2019, segnalando un ritorno graduale all’attività pre-pandemica.
Tuttavia, l’industria italiana continua a mostrare segni di debolezza. Sebbene a maggio sia stata registrata una lieve ripresa della produzione industriale (+1,6%), dall’inizio dell’anno si è comunque contratta del -1,9%. In particolare, il settore manifatturiero ha subito una contrazione del -2,4%, sebbene i mezzi di trasporto abbiano mostrato una controtendenza positiva con una crescita del +3,0%. Per l’industria in generale, le prospettive sono giudicate deboli.
I dati qualitativi suggeriscono che nel secondo trimestre le condizioni per investire si sono deteriorate, con un saldo negativo del -20,4 rispetto al -18,1 registrato in precedenza. Anche se le attese delle imprese sulla spesa per investimenti nei prossimi 6 mesi sono migliorate, restano comunque basse, con un valore di 20,4 rispetto al precedente 14,9, secondo un’indagine condotta dalla Banca d’Italia. Uno dei principali motivi di questa situazione è rappresentato dal credito più costoso e difficile da ottenere, che sta gravando sulle possibilità di investimento delle imprese.
In sintesi, il settore dei servizi, trainato dal turismo, sta sostenendo l’economia italiana, ma l’industria continua a lottare con una situazione debole e prospettive incerte a causa di diversi fattori, tra cui il costo del credito e la difficoltà di ottenere finanziamenti per gli investimenti.
In calo anche l’export
L’export di beni italiani sta affrontando una situazione preoccupante, con una riduzione che si è attenuata leggermente a maggio (-0,3% a prezzi correnti). La principale causa di questo calo è il forte declino della domanda dei paesi dell’Unione Europea, che è scesa del -1,7%, mentre c’è stata una buona performance nei mercati extra-UE, con una crescita del +1,2%. In particolare, i beni strumentali hanno registrato il calo più significativo (-2,6%), seguiti dagli energetici.
Le prospettive per i prossimi mesi non sembrano positive, poiché gli ordini esteri delle imprese manifatturiere a luglio hanno raggiunto il minimo registrato dal gennaio 2021, con un saldo del -20,6%. Anche il commercio mondiale sta mostrando solo un modesto recupero a maggio (+0,3%).
Gli occhi di Confindustria sulla Germania
Il rapporto pone un’attenzione particolare sulla situazione economica della Germania, che attualmente si trova in recessione. Il Csc riporta che le prospettive per l’intero anno 2023 non sembrano favorevoli, con stime che indicano una recessione per la Germania, già in gran parte confermata (-0,3% in media secondo il Consensus, -0,5% secondo la Bundesbank). Questo declino è attribuito principalmente al calo dei consumi delle famiglie (-1,4%). Tuttavia, si prevede che le prospettive per il 2024 siano migliori, con una moderata risalita attesa (+1,1%, +1,2%).
Questa situazione tedesca è ovviamente di grande rilievo per l’Italia, poiché la Germania rappresenta uno dei principali mercati per i beni italiani. Le due nazioni hanno instaurato nel corso degli anni una stretta relazione commerciale, con significativi scambi di prodotti manifatturieri, macchinari, apparecchiature e beni di consumo.
L’interdipendenza economica tra Italia e Germania rende l’andamento economico tedesco di vitale importanza per l’economia italiana. Un calo della domanda di beni italiani da parte della Germania potrebbe comportare una diminuzione delle esportazioni italiane verso questo mercato cruciale. Ciò avrebbe ripercussioni sull’industria manifatturiera italiana, specialmente su settori che dipendono fortemente dalle vendite all’estero.