Case green, anche la Bce dice no: cosa può cambiare

Anche la presidente della Bce Christine Lagarde si oppone alla direttiva sulle case green, invitando la Commissione a modificare la misura

Pubblicato: 24 Gennaio 2023 21:00

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Luca Bucceri

Giornalista economico-sportivo

Giornalista pubblicista esperto di sport e politica, scrive di cronaca, economia ed attualità. Collabora con diverse testate giornalistiche e redazioni editoriali.

La direttiva europea sulle case green, quella volta a contrastare le emissioni di gas serra provenienti dagli impianti di riscaldamento e non solo delle abitazioni, continua a tenere banco nell’Ue. Tra chi manifesta le proprie preoccupazioni e chi invece è pronto a renderla operativa, la misura sembra non convincere proprio tutti. Anche la Bce, tramite la presidente Christine Lagarde, ha mosso qualche dubbio sulla direttiva, sottolineando che i pericoli e i rischi sono diversi, tanto da richiamare all’attenzione la Commissione Industria, Ricerca ed Energia per cercare di rivedere, in tempi brevi, la misura che costringerebbe diversi Paesi a far fronte a grossi investimenti per l’efficientamento energetico di diverse abitazioni.

Le critiche della Bce alla direttiva

Il 9 febbraio 2023 la direttiva passerà al primo voto dell’Europarlamento, ma tanti saranno i punti da tenere in considerazione per cercare di accontentare tutti. Come la stessa Bce ha sottolineato, infatti, il rischio e di non arrivare all’armonizzazione della misura nei Paesi Ue, con alcuni Stati membri che potrebbero subire maggiori danni dall’entrata in vigore della direttiva. L’argomento più discusso è infatti il “rischio di squilibrio“, poiché il “il metodo” proposto per la definizione delle nuove classi Epc (Energy performance contract), sarebbe troppo elusivo in quanto ogni Stato ha grande differenza nel definire la sua classe energetica e, a livello di mercato, si pone una grande problematica di interpretazione dei dati (qui vi abbiamo parlato di quanto può costare questa direttiva all’Italia).

La mancata armonizzazione, scrive Lagarde in una lettera inviata nei giorni scorsi alla Commissione, ridurrà anche l’utilità degli Epc come rating della rischiosità di uno specifico immobile poiché è lasciata troppa discrezionalità ai singoli Stati nel definire i contenuti dei contratti. Per la presidentessa della Bce soglie così diverse in Europa “potrebbero potenzialmente portare a un’allocazione inefficiente del capitale all’interno dell’Ue”, o peggio ancora, Epc e obiettivi di ristrutturazione potrebbero incidere sulla valutazione del patrimonio immobiliare, con una valutazione non direttamente collegata al rendimento energetico e all’impatto associato ai costi energetici.

Direttiva case green da riscrivere?

Una critica che non potrà di certo essere ignorata dalla Commissione e dall’Europarlamento. La prima risposta, quella che avrà di certo metabolizzato le problematiche emerse dalla missiva di Lagarde, potrebbe arrivare già dal voto del prossimo 9 febbraio, anche se modificare la direttiva è tutt’altro che banale.

Per arrivare alla cosiddetta “armonizzazione” auspicata da Lagarde, infatti, servirebbero mesi di lavoro in quanto bisognerà tenere in considerazione le necessità e i bisogni di ogni singolo Paese. E sarà ancora più complicato pensando che il livello di partenza per l’ efficienza degli immobili in Svezia e Olanda non è certo quello di Italia e Spagna, Paesi con un patrimonio storico sostanzioso chiamati a ristrutturare due immobili su tre (come vi abbiamo già raccontato qui).

La soddisfazione della politica italiana

La presa di posizione della Bce non lascia indifferente l’Italia, Paese che su tutti nell’Ue avrebbe dovuto mettere mano in maniera sostanziosa agli stabili per l’efficientamento energetico. La misura, infatti, delinea due obiettivi principali per il prossimo futuro:

  • tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere realizzati ad emissioni zero entro il 2030;
  • gli edifici già esistenti dovranno essere convertiti e diventare ad emissioni zero entro la deadline del 2050.

La missiva di Lagarde, allora, fa esultare la politica del Bel Paese. “Questa presa di posizione è la prova delle nostre ragioni. Da giorni sosteniamo che l’onere di questa scelta sarebbe punitivo, fortemente punitivo, nei riguardi dei proprietari di immobili italiani” ha detto il senatore di Fratelli d’Italia Nicola Calandrini, presidente della V Commissione Bilancio che ha spiegato che “oggi ci conforta un parere che arriva da una istituzione europea qualificata”.

Per il senatore si tratta infatti di “una decisione assunta senza tener conto delle realtà dei singoli Paesi e della attuale fase di congiuntura economica”, motivo per il quale il Governo ha chiesto più e più volte di revisionare le posizioni dell’Ue su questa direttiva.