Un flusso di circa 300 milioni di euro nascosti in quelli che sembrerebbero dei semplici negozi gestiti da cittadini cinesi, dietro i quali ci sarebbero però delle vere e proprie banche clandestine. Un sistema scoperchiato dall’intelligence italiana con sedi da Prato a Milano, passando a Napoli a Roma, che permette ai frequentatori di questi sportelli occulti, da una parte, di inviare in Cina somme di denaro sottratti al controllo di Bankitalia e alle trattenute del Fisco italiano, e dall’altra, di riciclare contanti frutto di attività illecite.
Il boom delle banche illegali cinesi: il report
Il fenomeno viene descritto dai funzionari dei servizi nella relazione del 2022 elaborata dal “Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica“: “In merito alla criminalità cinese – si legge – l’azione continua a essere orientata in direzione del dinamismo affaristico-criminale di spregiudicati imprenditori sinici che – scrive l’intelligence italiana – anche attraverso il ricorso ad articolati schemi di evasione fiscale e riciclaggio, cui spesso si accompagnano fattispecie di sistematica raccolta e trasferimento in madrepatria dei proventi di attività illegali, sono riusciti, sfruttando a proprio vantaggio opportunità offerte dal mercato e vulnerabilità sistemiche nazionali, a consolidare il loro posizionamento all’interno di taluni settori economici nazionali, anche attraverso una sistematica collocazione in ben definite aree territoriali”.
Gli indizi di questi movimenti segreti di denaro sono rilevati anche dai rapporti della Banca d’Italia: se negli ultimi sei anni le rimesse dei lavoratori pakistani, bengalesi e filippini verso i loro rispettivi Paesi sono aumentate, nello stesso lasso di tempo quelle dei cittadini cinesi sono crollate da 237 milioni nel 2016 a 15 milioni nel 2022. Soltanto a Roma le cifre delle transazioni verso Pechino e “dintorni” sono passate da 1,4 milioni di euro nel 2012 a 732mila euro nel 2019.
Il boom delle banche illegali cinesi: le indagini
L’attività sottobanco di questi sportelli illegali sono al centro di diverse indagini degli inquirenti, l’ultima delle quali ha portato in carcere lo scorso 15 marzo due cittadini cinesi, accusati dalla Procura di Firenze di aver gestito una di queste banche clandestine, con sede nel capoluogo toscano e filiale a Prato, che offriva ai connazionali servizi occulti di trasferimento di denaro in Cina dietro pagamento del 2,5% dell’importo e applicando tassi di cambio tra euro e yuan più sfavorevoli rispetto a quelli ufficiali, tanto da risultare “pienamente provata – si legge nell’ordinanza di arresto – una intensa, continuativa, quotidiana e inequivoca attività di raccolta di denaro” (qui avevamo parlato dell’allerta sulle stazioni di polizia cinesi sul territorio italiana).
Le somme più contenute erano girate dagli indagati tramite le applicazioni cinesi “WeChat” e “Alipay”, che consentono di spostare il denaro associando a un conto una o più carte di credito, dalle quali viene prelevato l’importo esatto.
Per gli importi più rilevanti i gestori delle banche clandestine si affidavano connazionali detti “trasferitori”, che portano di persona le somme di denaro in madrepatria.
Alle filiali di questa banca segreta non si rivolgerebbero però soltanto cittadini cinesi residenti in Italia: i servizi finanziari illegali sarebbero usati anche da soggetti criminali legati alla Camorra e alla ‘ndrangheta per il traffico di stupefacenti, oppure dagli imprenditori con capitali in banca frutto di evasione che vogliono riciclare somme di denaro prima di subire controlli, o ancora, da oligarchi russi che dopo le sanzioni per la guerra in Ucraina non possono fare acquisti tracciati in Italia, e infine gli stessi super ricchi cinesi che vogliono fare shopping nelle grandi vie della moda tra Milano, Firenze e Roma senza rispettare il limite di 50 mila euro fissato dalle banche cinesi nei loro conti per spese all’estero (qui abbiamo parlato degli investimenti della Cina in Italia).