Sessantadue suicidi tra detenuti e agenti penitenziari in appena sette mesi. Un tasso di affollamento nazionale del 133%, con punte oltre il 200% in istituti come San Vittore e Foggia. Turni di lavoro di 26 ore consecutive per gli agenti di polizia penitenziaria. Sono questi i numeri che fotografano l’emergenza nelle carceri italiane nel 2025.
Numeri che fanno a pugni con gli annunci del governo, che con l’ennesimo “piano carceri” promette di risolvere un problema strutturale accumulato in decenni. Ma la realtà restituisce un quadro diverso: non solo le soluzioni proposte rischiano di essere inefficaci, ma a pagare il prezzo sono i conti pubblici e la dignità delle persone, dentro e fuori le celle.
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I numeri del sovraffollamento
Alla fine di luglio 2025, i detenuti erano 62.569, a fronte di una capienza regolamentare di 51.276 posti. Una capienza che però scende ulteriormente se si sottraggono i circa 4.500 posti non disponibili per inagibilità o lavori, fermandosi a 46.796 (secondo i dati di Antigone). Il risultato è un tasso di affollamento del 133,6%.
In 62 istituti penitenziari l’affollamento supera il 150%, con punte drammatiche:
- +236% al reparto femminile di San Vittore;
- +214% a Foggia;
- a Rebibbia 1.576 reclusi si dividono 1.068 posti.
Il piano Nordio
Il ministro della Giustizia Carlo Nordio ha presentato il 22 luglio scorso un piano straordinario di 15mila posti detentivi entro il 2027, per un costo di 758 milioni di euro. “Finalmente certezza della pena”, ha dichiarato Giorgia Meloni, rivendicando la scelta di adeguare le carceri ai detenuti, non viceversa. Matteo Salvini ha sottolineato l’impegno del Mit, che ha stanziato 335 milioni per 2.500 nuovi posti, compresa la costruzione del carcere di San Vito al Tagliamento, la prima nuova struttura da 14 anni.
Ma la realtà dei cantieri racconta altro. Nel 2024 era stato nominato un commissario straordinario per realizzare 7mila posti entro il 2025. A un anno di distanza, i posti effettivamente aumentati sono stati appena 42, mentre quelli realmente disponibili sono calati. La Corte dei Conti, nel monitoraggio sul Pnrr, ha certificato che oltre il 90% dei lavori penitenziari è in ritardo o non avviato.
Costi economici e sprechi
Di soldi nel sistema ne entrano eccome. Il bilancio 2025-2027 prevede per la Giustizia 11,2 miliardi di euro, di cui 3,4 destinati al sistema penitenziario. Il costo medio per detenuto è di 149,56 euro al giorno, quasi 55mila euro l’anno. La spesa maggiore, oltre 2,1 miliardi, è per il personale della polizia penitenziaria (61,7% del totale).
Le voci destinate a servizi e reinserimento però restano marginali con appena l’1,2% per l’erogazione dei servizi penitenziari 3 il 9,3% per il trattamento e l’accoglienza. Crescono invece gli investimenti per magistrati e amministrativi per +31,6% in un anno.
Eppure, le misure alternative al carcere potrebbero ridurre sovraffollamento e costi. Oggi quasi 24mila detenuti hanno una pena residua sotto i tre anni e sarebbero potenziali beneficiari di affidamento in prova o detenzione domiciliare. Ma i percorsi restano sottoutilizzati e si sceglie di investire in nuove strutture (comprese quelle fatte di container).
Le condizioni di vita: la pena invisibile
Dietro i numeri ci sono le vite spezzate. Con gli ultimi, in ordine cronologico, due suicidi a Rebibbia, i detenuti morti dall’inizio dell’anno sono 59, a cui si devono aggiungere tre agenti. “Una pena capitale di fatto che colpisce indipendentemente dal reato commesso”, denuncia Gennarino De Fazio, segretario della UILPA Polizia penitenziaria.
Gli agenti infatti non stanno tanto meglio dei detenuti con carichi di lavoro disumani, turni fino a 26 ore e organici sotto di 20mila unità. De Fazio lancia nuovamente l’allarme:
In tale situazione, è di tautologica evidenza che i detenuti non si sorvegliano da soli ‘grazie’ al sovraffollamento, come vorrebbe lasciar credere il Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, dato che non solo evadono con banale facilità, ma continuano a suicidarsi con frequenza intollerabile in un paese civile.
Soluzioni reali e non piani di emergenza
Cosa servirebbe lo si sa già e non sono i bandi di concorsi per tentare di coprire il turn over, senza peraltro riuscirci. “Servono provvedimenti immediati per deflazionare la densità detentiva, potenziare gli organici della Polizia penitenziaria, ristrutturare gli edifici, implementare le tecnologie e gli equipaggiamenti, garantire l’assistenza sanitaria e avviare riforme di sistema”, conclude il segretario.
La Corte europea dei diritti dell’uomo ha già condannato l’Italia per trattamenti inumani e degradanti. Il sovraffollamento delle carceri italiane infatti non è un’emergenza da “piano carceri”, ma una malattia cronica che deve essere prima di tutto diagnostica. Da decenni si promettono nuove celle come soluzione, ignorando che il problema non è solo di muri ma di visione. L’Italia spende miliardi per mantenere un sistema che produce violenza, suicidi, recidiva e sprechi. Il “piano carceri” rischia di essere l’ennesima toppa inutile.
Solo se si pensa al lato economico, c’è un rischio ulteriore. Senza interventi strutturali si aggiungeranno nuove sanzioni a un conto salatissimo: dal 2012 l’Italia ha già pagato 1,2 miliardi di multe per inadempienze europee.