Mutui, domanda in calo: le previsioni sui tassi di interesse, in salita

Cala la domanda per i mutui, con un conseguente aumento dei tassi di interesse: ma è possibile fare una previsione dei prossimi 5 anni? Quando scenderanno di nuovo?

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Federica Petrucci

Editor esperta di economia e attualità

Laureata in Scienze Politiche presso l'Università di Palermo e Consulente del Lavoro abilitato.

Negli ultimi due anni, il mercato dei mutui in Europa ha vissuto una trasformazione profonda e radicale. Secondo un’analisi di EY, supportata da dati dell’Autorità bancaria europea e di quattro istituti centrali, la domanda di mutui ha subito un drammatico crollo, riportando i tassi di crescita ai livelli più bassi dal 2014, con un incremento di solo +0,2% e generando un conseguente aumento dei tassi di interesse.

I dati di EY, una delle principali reti globali di servizi professionali, specializzata in consulenza revisione contabile e fiscalità, hanno evidenziato in particolare come l’attuale scenario abbia avuto un impatto pesante sul settore, segnando una fase di profonda recessione nella richiesta di finanziamenti proprio per via dei tassi di interesse più alti.

Mutui, perché il calo della domanda e l’aumento dei tassi di interesse sono correlati

La causa principale del calo della domanda di mutui è sicuramente da ricercare nell’aumento repentino dei tassi d’interesse, che ha visto una crescita vertiginosa dal 0% ai massimi del 4% nel settembre 2023. Questo rialzo è stato una mossa strategica della Banca Centrale Europea (BCE) per combattere l’inflazione galoppante. Tuttavia, come accennato, l’effetto collaterale di tale politica è stato un ulteriore e netto abbassamento della domanda di mutui. L’erosione del potere d’acquisto delle famiglie, unita ai costi più elevati per i prestiti, ha avuto un impatto devastante sull’accessibilità agli immobili.

Di fatto, si è venuto a creare un problema che sembra autoalimentarsi o perpetuarsi, come un ciclo infinito senza soluzione apparente. Perché un aumento dei tassi d’interesse non solo riduce la domanda di mutui, ma può poi portare anche a una crescita economica più lenta, che a sua volta può comportare ulteriori aumenti dei tassi per contrastare l’inflazione. Questo ciclo può continuare, creando una situazione difficile da risolvere, con le cause e gli effetti che si intrecciano in modo tale che il problema si auto-perpetua.

La reazione della BCE

In risposta ai segnali di rallentamento dell’inflazione, la BCE ha adottato un approccio più accomodante. Dopo il taglio dei tassi da 4% a 3,75% avvenuto a giugno, è attesa una decisione simile nella riunione del 12 settembre 2024. Questo cambiamento segna una potenziale inversione di tendenza nella politica monetaria, con l’obiettivo di stimolare la domanda di mutui e sostenere il mercato immobiliare.

La diminuzione dei tassi d’interesse potrebbe portare a una riduzione delle rate sui mutui, che potrebbe tradursi in un ulteriore risparmio per le rate dei prestiti, maggiore e significativo soprattutto per i mutui a tasso variabile.

Quando scenderanno i tassi dei mutui?

Le previsioni per i prossimi anni suggeriscono un rimbalzo della domanda di mutui, che potrebbe quindi portare a una diminuzione dei tassi di interesse. EY stima che, a partire dal 2025, l’erogazione di finanziamenti per la casa nell’Eurozona crescerà del 3,1%, con un ulteriore incremento previsto al 4,2% nel 2026.

Questo miglioramento è previsto grazie al calo dell’inflazione e alla maggiore accessibilità ai prestiti, ma ovviamente le decisioni della Banca Centrale Europea giocano un ruolo cruciale. Se la BCE continua a ridurre il costo del denaro, è probabile che anche i tassi sui mutui scendano. Ad esempio, dopo il recente taglio dei tassi dal 4% al 3,75%, gli analisti si aspettano ulteriori riduzioni, che potrebbero essere annunciate nelle prossime riunioni.

Non è uno scenario così improbabile, perché la riduzione dell’inflazione può influenzare la decisione della BCE di abbassare i tassi di interesse e, attualmente, proprio nell’Eurozona la spinta inflazionistica sta rallentando e si avvicina al target del 2% fissato dalla BCE. Un’inflazione più bassa potrebbe giustificare ulteriori riduzioni dei tassi.