Boom dei titoli tecnologici Usa: nuova bolla?

L'analisi di Pictet Asset Management che spiega perché non si può parlare di una bolla

Foto di QuiFinanza

QuiFinanza

Redazione

QuiFinanza, il canale verticale di Italiaonline dedicato al mondo dell’economia e della finanza: il sito di riferimento e di approfondimento per risparmiatori, professionisti e PMI.

Pubblicato: 18 Giugno 2024 16:16

L’avanzata dei titoli tecnologici non sembra conoscere soste a Wall Street. Una delle aziende simbolo di questo momento è il produttore americano di processori Nvidia, che è riuscito a superare la soglia dei 3mila miliardi di dollari di capitalizzazione come solo Apple e Microsoft, non a caso altri due titoli tecnologici, erano riusciti a fare prima .

“Questo andamento del mercato ha stimolato il dibattito tra investitori e analisti: siamo in presenza di una nuova bolla tecnologica?”. È la domanda a cui prova a dare una risposta Marco Piersimoni, Co-Head Euro Multi Asset di Pictet Asset Management.

I fattori da osservare

“La risposta è che, al momento, non se ne riscontrano i segnali. Pur in presenza di valutazioni azionarie elevate, infatti, queste in passato hanno raggiunto livelli ancora più alti. Inoltre, si può osservare oggi come la crescita delle quotazioni dei titoli tecnologici sia generalmente assistita da un corrispondente, se non ancor più sostenuto, aumento degli utili“, ha sottolineato l’analista.

Piersimoni fa notare che il primo indicatore da osservare per comprendere se si è in presenza di una bolla, del resto, è capire se vi sia un eccesso di valutazione, che tuttavia è una condizione necessaria ma non sufficiente. Infatti, a fianco di questo occorre valutare se le proiezioni future sugli utili siano realistiche e se gli investitori diventino irrazionali ricorrendo a un eccesso di leva finanziaria e tollerando livelli di rischio molto alti.

Se caliamo questi assunti nel contesto di mercato attuale si nota che, negli Stati Uniti, il rapporto tra prezzo e utili è vicino alle 21 volte, un valore che si colloca ampiamente al di sopra della media degli ultimi dieci anni.

Il caso Nvidia

Il caso concreto di Nvidia è ulteriormente esemplificativo. Nell’ultimo anno il prezzo delle sue azioni è cresciuto di tre volte, a fronte però di utili che si sono moltiplicati per cinque volte. Questo ha prodotto come risultato la discesa del rapporto tra prezzo e utili, incorporando un de-rating del 15%. Pertanto, gli investitori stanno acquistando azioni di Nvidia a una valutazione più conveniente rispetto a quanto potevano fare un anno fa.

Andando a osservare le valutazioni di Oracle, un’azienda ancora in attività, che seppe superare la crisi delle dot com, a cavallo tra il 1999 e il 2000, questa vide aumentare il prezzo delle sue azioni di cinque volte, mentre gli utili – pur crescendo del 60% – non sono avanzati alla stessa velocità, portando il rapporto tra prezzo e utile a triplicarsi. Ne consegue che, mentre nel 2000 il mercato scommetteva su una crescita dei profitti che poi nei fatti non ha trovato riscontro, oggi la crescita dei titoli tecnologici avviene a un ritmo inferiore rispetto all’avanzata degli utili e, paradossalmente, quest’ultimi sono diventati meno cari.

Le conclusioni

“Ci sono poi ulteriori elementi che non sono in linea con quanto ci si aspetterebbe di vedere in presenza di una bolla speculativa. Ad esempio, gli afflussi netti sul mercato azionario dovrebbero essere su livelli elevati e invece si mantengono intorno allo zero“, ricorda l’analista di Pictet Asset Management.

“Come indicazione operativa, possiamo pertanto concludere che da un esame complessivo dei mercati azionari non emergono in maniera conclamata i segnali di una bolla speculativa, come fu invece nel 2000, nel 2007 ed in parte anche nel 2021. È quindi corretto investire sui mercati azionari a patto di avere un orizzonte di investimento adeguato, necessario per smaltire l’inevitabile volatilità delle borse. Un’alternativa valida è quella di utilizzare strategie di investimento flessibili che gestiscano l’esposizione ai vari mercati smussandone la volatilità”, conclude Piersimoni.