Giappone: tasso trentennale a oltre 3% rispetto a 0,30% nel 2020

Fiorini (Generali Asset Management): "Opportunità per gli investitori?"

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Redazione

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“Il Giappone è sempre stato un paese da seguire con attenzione nel mondo della finanza, perché è stato spesso un indicatore delle future tendenze economiche e finanziarie globali. Dalla bolla speculativa e la conseguente stagnazione degli anni ’90, alla sperimentazione di politiche monetarie straordinarie degli inizi degli anni 2000, il paese è stato sempre un indicatore di nuovi trend. Anche nel caso del rialzo dei tassi post-Covid si può dire che, ad esempio, il trentennale giapponese ha anticipato il movimento dell’omologo americano e del tasso trentennale dei maggiori paesi sviluppati. Oggi il tasso trentennale giapponese rende più del 3% rispetto ai circa 0,30% di inizio 2020”. È quanto afferma  Stefano Fiorini, Global Fixed Income Fund Manager di Generali Asset Management.

Il rendimento di oltre il 3% è appetibile per un investitore internazionale?

“La risposta, a nostro giudizio, – rileva Fiorini – è negativa in quanto la politica monetaria della Banca Centrale è molto timida nel difendere gli interessi dei detentori di obbligazioni a lunga scadenza. A fronte di un’inflazione sopra il 3% a livello nazionale, la Banca Centrale sta mantenendo i tassi di riferimento allo 0,50%, con l’obiettivo di uscire definitivamente da anni di deflazione. Tale politica va a scapito dei detentori di obbligazioni, che negli ultimi 5 anni hanno visto i loro investimenti perdere valore, mentre ne beneficia soprattutto il mercato azionario locale”.

L’obiettivo delle autorità giapponesi

“L’obiettivo delle autorità giapponesi è chiaro: uscire dal lungo periodo di deflazione e allo stesso tempo – spiega Fiorini – ridurre il peso del debito governativo. La Banca Centrale – sottolinea Fiorini – detiene già circa il 50% dello stock di debito, portando le perdite reali nel bilancio dello stato e preservando per quanto possibile il settore privato. Altra vittima di questa politica è stato lo yen, oggi ai minimi contro l’euro e fortemente sottovalutato su molte metriche di fair value”.

La soluzione al problema della mole di debito pubblico giapponese

“La soluzione al problema della mole di debito pubblico giapponese – prosegue Fiorini – potrebbe essere utilizzata da altri paesi nel prossimo futuro per abbassare le metriche di debito governativo rispetto al PIL. Il tutto – sottolinea – lascia presagire che l’inflazione diventi una presenza costante nei prossimi anni e questo possa diventare un fenomeno globale. L’aumento dei tassi a lunga scadenza ha naturalmente le potenzialità per essere un elemento di disturbo per i mercati finanziari nel prossimo futuro. Tale nuova variante avrà ripercussioni sia sulle performance dei diversi asset finanziari che sulle realtà politiche dei singoli paesi. Un esempio è la recente elezione in Giappone, dove i partiti di maggioranza sono stati sconfitti e saranno costretti a governare con un governo di minoranza in entrambi i rami del Parlamento. Tra i fattori che hanno portato alla sconfitta c’è appunto l’inflazione e la perdita del potere d’acquisto della classe media”.

Tassi giapponesi a lunga scadenza al 4 o 5%?

“Ipotizzare tassi giapponesi a lunga scadenza al 4 o 5% ha ripercussioni per altri mercati obbligazionari, in quanto il Giappone è stato uno dei maggiori esportatori di capitali negli ultimi decenni, accumulando molti asset stranieri, tra cui US Treasuries e obbligazioni governative europee. Tali asset – conclude Fiorini – potrebbero essere disinvestiti qualora si decidesse di imporre legislazioni per obbligare investitori istituzionali locali a comprare obbligazioni giapponesi nel tentativo di ridurre il rialzo dei tassi. Tale decisione sarebbe positiva per la valuta locale, invertendo il trend di debolezza e aiutando a ridurre il rialzo dell’inflazione”.