Ormai non c’è alcun dubbio: l’economia statunitense continua a essere in grande forma. Nonostante i tassi di interesse siano a livelli che non si vedevano da decenni, in seguito alla significativa stretta monetaria adottata dalla Federal Reserve per combattere l’inflazione, le aziende statunitensi continuano a creare posti di lavoro e il tasso di disoccupazione non accenna ad aumentare, segnalando una eccezionale resilienza dell’economia a stelle e strisce. L’ultima indicazione è arrivata venerdì dal rapporto sui posti di lavoro nei settori non agricoli, i cosiddetti non-farm payrolls.
I dati sulle buste paga
La crescita dell’occupazione negli Stati Uniti a marzo è aumentata al massimo in quasi un anno e il tasso di disoccupazione è sceso, indicando un mercato del lavoro forte che sostiene l’economia. Secondo i dati forniti dal Bureau of Labour Statistics, l’occupazione totale non agricola è aumentata di 303.000 unità a marzo, superiore all’aumento medio mensile di 231.000 unità nei 12 mesi precedenti.
A marzo, si sono verificati aumenti di posti di lavoro, in particolare, nel settore sanitario (72.000 posti di lavoro aggiunti), nel governo (aumento di 71.000 posti) e nell’edilizia (39.000 posti di lavoro aggiunti). Anche l’occupazione nel settore del tempo libero e dell’ospitalità è aumentata (+49.000), tornando al livello pre-pandemia di febbraio 2020.
Sia il tasso di partecipazione alla forza lavoro, al 62,7%, che il rapporto occupazione-popolazione, al 60,3%, sono rimasti pressoché invariati a marzo. Il tasso di disoccupazione è sceso al 3,8% dal 3,9%. La retribuzione oraria media per tutti i dipendenti privati non agricoli è aumentata di 12 centesimi, ovvero dello 0,3%, a 34,69 dollari. Negli ultimi 12 mesi la retribuzione oraria media è aumentata del 4,1%.
Il legame con i tassi
I solidi dati sull’occupazione suggeriscono che la Fed può rimanere paziente sull’inflazione, e quindi sul taglio dei tassi. “Un’altra forte espansione degli occupati suggerisce che non vi è alcun rallentamento nella crescita della domanda di lavoro – ha commentato Brian Coulton, capo economista di Fitch Ratings – Non ci sono molte prove di un miglioramento degli squilibri nel mercato del lavoro – il tasso di disoccupazione è sceso e la crescita dei salari su base annualizzata di tre mesi è salita al 4,4%, il tasso più elevato dallo scorso settembre. Non c’è nulla in questo documento che possa sbloccare una “maggiore fiducia” nella disinflazione da parte della Fed”.
Gli investitori stavano infatti monitorando attentamente le indicazioni provenienti dai dati congiunturali in un contesto in cui rilevazioni, non in grado di sostenere le aspettative di un’imminente normalizzazione della politica monetaria, vengono assunte come pretesto per chiudere posizioni sul mercato.
I mercati hanno tenuto d’occhio i dati sull’occupazione, soprattutto mentre la Federal Reserve valuta le sue prossime mosse sulla politica monetaria, dopo che nei giorni precedenti ci sono stati dei crolli in Borsa a causa dei timori che un mercato del lavoro forte e un’economia resiliente possano mantenere la banca centrale in attesa più a lungo del previsto.
Le dichiarazioni dei banchieri
Se prima del report sul mercato del lavoro i mercati prezzavano un primo taglio dei tassi nel mese di giugno, ora quella probabilità è scesa nettamente e ci si chiede se il primo allentamento della politica monetaria possa avvenire a settembre. Bisogna anche considerare che diversi funzionari della Fed, tra cui il presidente Jerome Powell, questa settimana hanno indicato di preferire adottare un approccio cauto e dipendente dai dati.
“A marzo avevo annotato due tagli dei tassi quest’anno se l’inflazione continua a scendere verso il nostro obiettivo del 2%”, ma “se continuiamo a vedere l’inflazione muoversi lateralmente, ciò mi farebbe dubitare della necessità o meno di apportare tali tagli ai tassi”, ha affermato giovedì il presidente della Federal Reserve Bank di Minneapolis, Neel Kashkari.
Nello stesso giorno la presidente della Federal Reserve Bank di Cleveland, Loretta Mester, ha detto di voler “vedere i dati ancora per un paio di mesi” per capire se il calo dell’inflazione statunitense riprenderà dopo un paio di mesi deludenti. Thomas Barkin, presidente della Federal Reserve Bank of Richmond, ha detto di ritenere “intelligente che la Fed si prenda il suo tempo”, anche perché “nessuno vuole che l’inflazione riemerga”.