Fed verso conferma tassi attuali ma crescono le pressioni su Powell

Si conclude oggi la riunione della Federal Reserve e non sono attese sorprese in termini di tassi d'interesse in attesa di capire come evolverà la situazione economica ed i negoziati sul commercio

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Redazione

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Nella riunione di luglio, la Federal Reserve dovrebbe mantenere i tassi di interesse fermi, confermando l’attuale intervallo compreso tra 4,25% e 4,50%, in linea con le aspettative di mercato. Sarebbe la quarta riunione consecutiva senza interventi, a conferma di una strategia attendista del presidente Jerome Powell in un contesto macroeconomico ancora incerto.

L’economia statunitense continua a infatti mostrare segnali di tenuta grazie alla bassa disoccupazione, ma le pressioni inflazionistiche, alimentate anche da nuovi dazi commerciali, mantengono alta la cautela del comitato di politica monetaria (FOMC). Powell dovrebbe quindi ribadire un approccio equilibrato, lasciando aperta la possibilità di un taglio dei tassi più avanti nel corso dell’anno.

Indipendenza Fed a rischio

La riunione si preannuncia però come una delle più delicate degli ultimi anni, anche sul piano politico. Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump, al suo secondo mandato, ha rinnovato le pressioni su Powell, chiedendo tagli “di almeno tre punti” e criticando apertamente la lentezza dell’azione della Fed.

Sebbene la legge del 1913 preveda la possibilità di rimuovere i governatori solo per “giusta causa”, la definizione rimane ambigua e la situazione solleva interrogativi sull’indipendenza dell’istituto centrale. Powell, finora, ha evitato scontri diretti, ma ha lasciato intendere che un allentamento monetario prematuro in un contesto di dazi aggressivi potrebbe avere effetti pro-inflattivi.

Le tensioni interne al Board

Non solo pressioni esterne: anche all’interno del board potrebbero emergere dissensi. Alcuni membri, in particolare Michelle Bowman e Christopher Waller, sarebbero pronti a votare per un taglio immediato dei tassi, rompendo il consenso finora mantenuto. Un doppio dissenso formale da parte di governatori (non presidenti regionali) rappresenterebbe un evento raro e significativo, evidenziando una crescente spaccatura nella valutazione delle condizioni macroeconomiche.

Le aspettative dei mercati

Secondo diversi analisti, la probabilità di un taglio a settembre si aggira attorno al 60%, mentre l’ipotesi più realistica resta un primo allentamento a dicembre, con una riduzione di 25 punti base. L’evoluzione dell’inflazione core, i segnali dal mercato del lavoro e il grado di ancoraggio delle aspettative inflazionistiche saranno determinanti per le prossime mosse.

Secondo Paolo Zanghieri, senior economist di Generali Investments, è “ampiamente atteso” che il FOMC mantenga invariato il tasso, senza fornire indicazioni chiare su un possibile taglio a settembre. “Questa decisione – sottolinea l’esperto – riflette la strategia della Federal Reserve di rimanere flessibile di fronte a segnali economici contrastanti”.

“Potrebbe emergere un cambiamento nel tono della Fed riguardo alle condizioni del mercato del lavoro. Dati recenti – come il rallentamento delle assunzioni, l’aumento delle perdite di lavoro permanenti e le revisioni al ribasso delle stime occupazionali – potrebbero portare a una valutazione più prudente. Sebbene la Fed probabilmente ribadirà che il mercato del lavoro resta solido, questo cambiamento sfumato potrebbe influenzare l’orientamento futuro della politica monetaria”, evidenzia Zanghieri.

Intanto, i riflettori si spostano già sul prossimo simposio di Jackson Hole (21–23 agosto), che potrebbe rappresentare l’occasione per ridefinire la traiettoria della politica monetaria alla luce dei dati aggiornati.