Ex Ilva, cassa integrazione ridotta. Il ministro Urso: “No allo Stato come azionista”

Acciaierie d'Italia presenta una richiesta di cassa integrazione con una riduzione di 630 unità, in attesa dei rilanci per la procedura di vendita: attesa per metà febbraio

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Andrea Celesti

Giornalista economico-sportivo

Giornalista esperto di economia e sport. Laureato in Media, comunicazione digitale e giornalismo, scrive per diverse testate online e cartacee

Pubblicato: 4 Febbraio 2025 07:35

Non resterà la presenza dello Stato come azionista nell’ex Ilva. A dirlo è il ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, a margine della presentazione di un francobollo per i 25 anni di Invitalia. Intanto Acciaierie d’Italia, attualmente in amministrazione straordinaria, ha presentato una richiesta di rinnovo della cassa integrazione straordinaria per l’anno 2025, con decorrenza a partire dal 1° marzo, seppur ridotta rispetto a quella in corso.

L’ex Ilva chiede il rinnovo della Cassa

L’ex Ilva, attualmente in amministrazione straordinaria, ha formalmente richiesto al ministero del Lavoro il rinnovo della cassa integrazione straordinaria per l’anno 2025. Il tutto con decorrenza a partire dal 1° marzo. L’azienda ha comunicato di volerla ridurre rispetto a quanto attualmente in vigore.

Nel luglio 2024 era stato raggiunto un accordo con il ministero del Lavoro, che prevedeva un numero massimo di 4.050 lavoratori in cassa integrazione per l’intero gruppo. Di questi, 3.500 impiegati nel sito di Taranto. Un’intesa raggiunta dopo una complessa trattativa, che aveva visto l’azienda inizialmente richiedere l’integrazione di 5.200 dipendenti, inclusi 4.400 a Taranto.

Questa volta l’ex Ilva ha indicato la cassa integrazione per un totale di 3.420 dipendenti. Una riduzione di 630 unità rispetto all’accordo precedente. Nel dettaglio: 2.955 dipendenti in cassa integrazione nel sito di Taranto e 465 impiegati negli altri siti del gruppo, di cui 225 a Genova e 155 a Novi Ligure.

Acciaierie d’Italia in vendita

La richiesta di rinnovo della cassa integrazione straordinaria si intreccia con la procedura di vendita dell’azienda. Entro il 14 febbraio sono attesi i rilanci delle offerte da parte dei tre gruppi industriali che hanno manifestato interesse nell’acquisto dell’ex Ilva:

  • Jindal Steel;
  • Baku Steel;
  • Bedrock.

Di queste, solo Jindal Steel ha reso pubblici i dettagli e le linee guida della propria offerta: un investimento di 2 miliardi di euro complessivi sulla decarbonizzazione. Oltre alle tre offerte per l’acquisizione completa dell’intera azienda, sono state presentate altre sette proposte, focalizzate sull’acquisizione di specifici asset di ArcelorMittal Italia (AdI).

Tra queste c’è l’offerta del gruppo Marcegaglia, interessato ai siti produttivi di Racconigi, Salerno e ad alcune attività in Francia. Allo stato attuale, non sembra profilarsi un’integrazione tra le offerte di Jindal e Baku Steel, ma non è da escludere una possibile alleanza futura tra le due società.

Le parole di Urso sull’ex Ilva

A margine della presentazione di un francobollo per i 25 anni di Invitalia, il ministro Urso ha commentato l’eventuale presenza dello Stato nell’azionariato dell’ex Ilva:

“Io ho l’impressione che in questi anni la presenza dello Stato non abbia contribuito per l’ex Ilva. Quindi di per sè la presenza dello Stato non sempre è una soluzione al problema”, ha spiegato. “Noi abbiamo una visione pragmatica e non ideologica: la presenza dello Stato sarà esaminata, ma non mi sembra che il bilancio di questi anni in cui Invitalia aveva una parte importante e significativa in Acciaierie d’Italia possa essere giudicata positiva”, ha concluso.