Corte dei Conti, Pnrr al 43%: i nodi sulla spesa, 35 anni per rientrare nei costi Superbonus

La Corte dei Conti fotografa il Pnrr: traguardi raggiunti, spesa lenta e un Superbonus che pesa sulle finanze pubbliche

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 10 Dicembre 2024 08:23

La Corte dei Conti ha elaborato il report semestrale sul Pnrr: si procede a tappe forzate. Tutti i 39 traguardi europei previsti per il primo semestre 2024 sono stati raggiunti, portando l’avanzamento complessivo al 43%, con un incremento di sei punti rispetto al semestre precedente.

Sul fronte delle procedure interne di monitoraggio nazionale, dice la Corte dei Conti, il progresso è ancora più marcato, con un tasso di completamento che sfiora l’88%. Tra i successi concreti figurano la riduzione dei tempi medi per l’esecuzione di opere pubbliche (passati da 273 a 246 giorni) e un calo di oltre il 90% dell’arretrato giudiziario presso Tar e Consiglio di Stato rispetto al 2019.

Il Superbonus 110% aveva promesso una rivoluzione green per il settore edilizio, e i numeri non mentono: 17,5 milioni di metri quadrati già efficientati contro i 17 milioni previsti. L’obiettivo finale di 35,8 milioni entro il 2025 sembra alla portata. Ma, dietro i traguardi da brochure, si nasconde un costo che fa tremare i polsi.

Spesa e rendicontazione: un passo avanti, ma il cronometro corre

Secondo il report, al 30 settembre 2024, la spesa effettiva del Pnrr raggiunge 57,7 miliardi, coprendo solo il 30% delle risorse totali e poco più dei due terzi di quanto previsto entro l’anno.

Nei primi nove mesi del 2024, l’aumento è stato di 12,6 miliardi, una cifra oggettivamente lontana dai ritmi richiesti per rispettare le scadenze. Sul fronte della rendicontazione, il sistema è partito, ma i tempi medi di approvazione restano attorno ai tre mesi, tra verifiche formali e controlli a campione. Con l’aumento dei progetti in fase avanzata, il rischio di allungare ulteriormente le tempistiche diventa una sfida sempre più concreta per le amministrazioni.

Trentacinque anni per rientrare nei costi del Superbonus

Secondo i magistrati contabili, servirebbero però ben 35 anni per rientrare dall’investimento del Superbonus. Una stima che mette a dura prova la pazienza e la ragionevolezza, soprattutto considerando che molti materiali e impianti coinvolti non arrivano nemmeno a metà di quella durata. “L’analisi costi-benefici sembrerebbe essere negativa”, recita la relazione. Non proprio il messaggio che ci si aspetta da una misura di rilancio.

Tra il 2019 e il 2023, il settore edilizio residenziale ha vissuto un’esplosione: +73% di costruzioni, un vero motore per l’economia, che ha guadagnato il 5,4% di Pil nello stesso periodo. Ma è davvero tutto merito del Superbonus? La risposta è “non proprio”.

Infatti, secondo Bankitalia, circa il 27% degli interventi sarebbe stato realizzato comunque, anche senza incentivi. Una parte degli investimenti, pur rilevante, non è direttamente legata al bonus. Gli interventi aggiuntivi, invece, hanno portato a un incremento di Pil di circa 82 miliardi.

Con una pressione fiscale del 42%, le entrate extra si fermano a 34,6 miliardi. Una cifra che, pur utile, lascia un divario enorme rispetto ai 123 miliardi complessivi spesi per sostenere la misura.

Il Superbonus ha dato una spinta forte al settore, ma il suo conto si conferma salato: a pagarlo, in gran parte, sono state le finanze pubbliche (concetti che lo stesso ministro dell’economia Giorgetti ha più volte ribadito).

Rimodulazioni e nuove idee

La decisione del Governo Meloni di ridimensionare il Superbonus trova eco positiva nella relazione. Per la Corte, però, il vero salto sarebbe introdurre detrazioni modulabili, ovvero premiare gli interventi più efficienti con aliquote più alte e ridurre i bonus per quelli meno incisivi. È un’idea che guarda al lungo periodo, quando il consumo energetico del settore residenziale sarà il vero banco di prova.

Pnrr, le sfide sulla spesa e i ritardi

Sul fronte delle riforme, il Pnrr avanza con buoni numeri: al 30 giugno 2024 il 63% degli obiettivi europei è stato centrato, con la previsione di salire al 66% entro fine anno. Tuttavia, l’aspetto finanziario resta un punto dolente: solo il 4% delle risorse assegnate alle misure di riforma è stato speso, e in tre casi su sette la cifra investita è ancora pari a zero.

Gli investimenti ferroviari, invece, mostrano progressi concreti, con il 77% dei lavori avviati, ma il 20% dei progetti registra ritardi, in particolare al Sud, dove le iniziative sono molte, ma meno consistenti sul piano finanziario. Per le infrastrutture energetiche, l’avanzamento è ancora all’inizio, con appena il 5,7% dei target raggiunti, in attesa delle principali fasi operative previste dal 2025.