Giuseppe Conte ha scelto di bloccare il contratto di consulenza di Beppe Grillo, scatenando un’inevitabile reazione a catena. Durante un’intervista in diretta su Corriere.it, Conte ha spiegato che il contratto sta giungendo al termine e che l’accordo prevede un compenso legato a compiti di tipo comunicativo, attività che attualmente non è più presente, rendendo ingiustificato il proseguimento degli esborsi da parte dell’associazione del Movimento 5 Stelle.
Con questa mossa, il presidente punta a interrompere un flusso di denaro a suo dire non più giustificabile, richiamando l’attenzione sul fatto che si tratti di “soldi degli iscritti” che devono essere amministrati “con la massima cura”. Un richiamo esplicito a una gestione rigorosa delle risorse.
Grillo e i fondi contestati: l’intervento della Corte dei Conti
Il tema economico non è passato inosservato agli occhi di Maurizio Gasparri, presidente dei senatori di Forza Italia, che ha presentato un esposto alla Procura Regionale della Corte dei Conti del Lazio. Gasparri ha sollevato la questione delle risorse impiegate per pagare Beppe Grillo, ponendo l’interrogativo se i fondi fossero stati prelevati dai gruppi parlamentari, e quindi costituiti da denaro pubblico proveniente dai contribuenti.
La sua richiesta punta a capire se ci sia stato un utilizzo scorretto del denaro, mettendo sotto esame l’accordo firmato nel 2022 per accertare la coerenza tra i compensi e le prestazioni effettivamente svolte.
Trasparenza e fondi degli iscritti: le ragioni dello scontro
Giuseppe Conte ha rimarcato l’importanza di una gestione oculata delle finanze del Movimento, precisando che i compensi devono essere giustificati da attività concrete e non da incarichi privi di un ruolo operativo effettivo. La rottura con Grillo segna un punto di svolta per Conte, che mira a garantire che le risorse degli iscritti siano impiegate solo per attività che abbiano un riscontro concreto.
Il problema sollevato dal leader del M5S è legato a un utilizzo del denaro per una funzione che, a suo dire, non rafforza l’immagine del Movimento ma, anzi, la danneggia.
Gasparri punta sui contratti: il nodo degli incarichi retribuiti
L’esposto presentato da Gasparri tocca un punto delicato: la compatibilità tra i fondi erogati e la prestazione effettivamente svolta. Il senatore ha fatto riferimento alle norme attuali sul finanziamento dei partiti, ribadendo il principio stabilito dalla giurisprudenza contabile, che richiede che i contratti di consulenza siano legati a obiettivi e progetti definiti e siano allineati con esigenze operative concrete. La preoccupazione sollevata è che vi possa essere stato un utilizzo di denaro non allineato con queste finalità, portando a un possibile danno erariale.
Il rischio di una frattura irreversibile nel movimento
La decisione di Conte di bloccare il contratto con Grillo non è solo una scelta contabile, ma rappresenta un passo che potrebbe trasformare radicalmente il Movimento. Se da una parte Conte cerca di riformare la gestione delle risorse e riportare il M5S su una strada di maggiore trasparenza, dall’altra le reazioni e le accuse di manovre opache non fanno che alimentare le tensioni interne. In questo clima di accuse incrociate, la questione economica si intreccia con la crisi d’identità del Movimento, già provato da emorragie di consensi e da uno scontro aperto tra le sue anime storiche.
Con Grillo pronto a tornare sul palcoscenico teatrale, l’allontanamento economico dal Movimento potrebbe segnare un definitivo distacco anche sul piano politico. L’aspetto finanziario di questa rottura evidenzia una visione divergente su come debbano essere amministrate le risorse del M5S, e le parole di Conte lasciano intendere la volontà di ripensare radicalmente la gestione interna.