Concessioni balneari, proroga al 2027 e niente prelazioni: il governo ridimensiona le pretese

Proroghe al 2027 e non più al 2029 o addirittura al 2036: sul nodo delle concessioni balneari il governo Meloni fa una parziale apertura all'Unione europea

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Mauro Di Gregorio

Giornalista politico-economico

Laurea in Scienze della Comunicazione all’Università di Palermo. Giornalista professionista dal 2006. Si interessa principalmente di cronaca, politica ed economia.

Pubblicato: 2 Settembre 2024 08:55

Sullo spinoso tema delle concessioni balneari il governo Meloni starebbe per intraprendere una parziale marcia indietro. L’Unione europea (e varie autorità italiane) spingono per lo stop alle proroghe delle concessioni e per le gare immediate. Il governo risponde con una proposta di proroga al 2027, e non più al 2029, e con l’addio all’idea di introdurre un diritto di prelazione per i concessionari che in determinati casi avrebbe spinto il rinnovo delle concessioni addirittura fino al 2036.

La nuova bozza sui balneari

Secondo la nuova bozza, i cui punti fondamentali sono stati anticipati dal Sole 24 Ore, si prevede una proroga fino al 30 settembre 2027 per le concessioni già oggi in regime di proroga, che sono la stragrande maggioranza; l’obbligo di avviare le gare è fissato entro giugno dello stesso anno, ma ai comuni viene riservata la facoltà di anticipare i bandi seppure motivando in maniera congrua tale decisione.

Uno slittamento delle tempistiche sarebbe concesso solo ed esclusivamente qualora dovessero sorgere “difficoltà oggettive” nel portare a termine le gare a scadenza delle concessioni: in tal caso le concessioni potranno slittare al 31 marzo 2028.

Con l’avvio dei bandi, le nuove concessioni dovrebbero avere una durata minima di 5 anni e una durata massima di 20.

I risarcimenti

Se da un lato cade il diritto di prelazione per i concessionari uscenti, dall’altro lato il governo ha previsto delle compensazioni economiche per i gestori ai quali non verrà rinnovata l’assegnazione. I risarcimenti dovrebbero essere calcolati sulla base del valore patrimoniale, reddituale e dei soldi spesi nella struttura per gli investimenti effettuati nel corso degli anni o per i danni subiti da eventi naturali, a patto che siano stati debitamente dichiarati alle autorità competenti.

Questo era l’ultimo punto della nuova proposta, che supera la vecchia bozza e introduce termini più restrittivi.

La procedura d’infrazione

Sul nodo delle concessioni balneari, l’Italia è sotto procedura d’infrazione dal 16 novembre 2023 per la “non corretta applicazione della direttiva 2006/123/Ce”, conosciuta come direttiva Bolkestein. Si tratta di una di una delle 72 procedure d’infrazione che la Commissione europea ha avviato a carico dell’Italia: le più antiche risalgono al 2003 mentre le più recenti sono state aperte nel corso dell’estate 2024. Finora il nostro Paese ha speso quasi 1 miliardo di euro.

Nel caso specifico, la legislazione europea prevede gare libere per assegnare le concessioni demaniali di chi deve gestire le spiagge: lo scopo è quello di evitare che si creino monopoli e alterazioni nel mercato. Il fine è anche quello di garantire servizi adeguati e prezzi concorrenziali ai cittadini grazie a procedure aperte, pubbliche e basate su criteri non discriminatori, trasparenti e oggettivi. In Italia le concessioni balneari sono invece state affidate diversi anni fa e sempre rinnovate a fronte di canoni minimi.

Sia il Consiglio di Stato che l’Antitrust hanno strigliato governo e comuni al fine di avviare gare immediate.