La Bce si smarca dall’impegno sul taglio dei tassi: Francoforte frena guardando all’inflazione

Nell'ultimo bollettino economico, la Banca centrale europea ha precisato che il taglio dei tassi sarà valutato di volta in volta dal Consiglio direttivo sulla base dell'inflazione

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

La Bce “non intende vincolarsi a un particolare percorso dei tassi“. Lo dicono chiaro e tondo da Francoforte, ribadendo che il Consiglio direttivo, per “assicurare il ritorno tempestivo dell’inflazione all’obiettivo del 2 per cento nel medio termine, manterrà i tassi di riferimento su livelli sufficientemente restrittivi finché necessario”. È quanto si legge nell’ultimo bollettino economico della Banca centrale europea, in cui si ribadisce che, nonostante l’ultimo taglio realizzato a giugno, il livello dei tassi rimane vincolato all’andamento dei prezzi nell’Eurozona.

La frenata della Bce sul taglio dei tassi

La Bce scrive che pur con un carovita tornato ad accelerare a maggio al 2,6%, “gran parte delle misure dell’inflazione di fondo è nuovamente scesa ad aprile” confermando “il quadro di graduale diminuzione delle pressioni sui prezzi“.

Da settembre 2023 l’inflazione è scesa di oltre 2,5 punti percentuali con prospettive “notevolmente migliorate”, ma questo non basta per assicurare tassi a livelli più bassi.

Secondo la Bce, infatti, sono diversi i fattori che potrebbero far risalire i prezzi oltre le previsioni, come un aumento dei salari oltre le attese, l’aggravarsi del quadro geopolitico mondiale e l’acutizzarsi della crisi climatica.

Le ultime stime sull’inflazione complessiva e quella di fondo sono state riviste al rialzo per il 2024 e il 2025 dagli esperti della Banca centrale, rispetto all’esercizio di marzo: i componenti del Consiglio direttivo collocano l’inflazione generale, in media, al 2,5 per cento nel 2024, al 2,2 nel 2025 e all’1,9 nel 2026, mentre per l’inflazione al netto della componente energetica e alimentare è prevista una media del 2,8 per cento nel 2024, del 2,2 nel 2025 e del 2,0 nel 2026.

L’istituto spiega, infatti, che l’aumento del costo della vita “potrebbe collocarsi su livelli più elevati di quanto anticipato se i salari o i profitti aumentassero più delle attese. Rischi al rialzo per l’inflazione provengono altresì dalle accresciute tensioni geopolitiche, che potrebbero determinare un rialzo dei costi di energia e trasporto nel breve periodo, causando interruzioni nel commercio mondiale. Inoltre, i fenomeni meteorologici estremi, e più in generale il dispiegarsi della crisi climatica, potrebbero far salire i prezzi dei beni alimentari”.

L’obiettivo prioritario rimane tornare il prima possibile a un’inflazione del 2 per cento nel medio termine e per questo si assicura che “il Consiglio direttivo continuerà a seguire un approccio guidato dai dati, secondo il quale le decisioni vengono definite di volta in volta a ogni riunione“, sulla base della “valutazione delle prospettive di inflazione alla luce dei nuovi dati economici e finanziari, della dinamica dell’inflazione di fondo e dell’intensità della trasmissione della politica monetaria”.

Economia in ripresa

Nel bollettino economico di giugno della Bce viene però anche sottolineato come ripresa dell’economia dell’Eurozona a inizio 2024 abbia “superato i livelli attesi dagli esperti della Bce” ed è destinata “a proseguire nel breve periodo, a un ritmo superiore rispetto a quello precedentemente previsto”.

A spingere la crescita è la domanda estera e i consumi sorretti dal “”miglioramento del reddito disponibile reale in presenza di una robusta dinamica salariale, del graduale aumento della fiducia e del miglioramento delle ragioni di scambio” oltre che dalla “progressiva riduzione” del passato inasprimento della politica monetaria.