Nelle prossime ore riprenderanno gli interrogatori delle persone informate sui fatti nell’ambito dell’inchiesta che ha sconvolto la Liguria, portando agli arresti domiciliari il presidente Giovanni Toti il 7 maggio.
Come nel caso di Matteo Cozzani, che si è dimesso da poche ore, anche le eventuali dimissioni di Giovanni Toti da presidente della Regione potrebbero influenzare la possibile revoca degli arresti domiciliari.
Dopo i battibecchi accesi in Consiglio regionale, si è deciso che il 4 giugno si voterà la mozione di sfiducia per il governatore.
C’è poi lo spinoso caso da sciogliere sulle infiltrazioni mafiose, dove per ora si stanno svolgendo sessioni segrete. Continueranno invece nei prossimi giorni le sessioni di interrogatori, dove verrà ascoltato anche il sindaco di Genova Bucci.
Indice
Dimissioni di Matteo Cozzani
Matteo Cozzani si è ufficialmente dimesso dal suo ruolo di capo di gabinetto in Regione Liguria. L’ex sindaco di Portovenere, diventato uomo di fiducia di Giovanni Toti durante le elezioni regionali del 2020, è attualmente agli arresti domiciliari dal 7 maggio con l’accusa di corruzione mossa dalle procure di Spezia e Genova.
Cozzani è inoltre accusato dai pm del capoluogo ligure di voto di scambio aggravato dall’aver agevolato la mafia. L’annuncio delle sue dimissioni era avvenuto il giorno dell’interrogatorio di garanzia davanti al giudice per le indagini preliminari.
Perché Toti è ai domiciliari
La gip Paola Faggioni ha spiegato che Giovenni Toti si trova ancora ai domiciliari affermando che esiste “il pericolo attuale e concreto che l’indagato commetta altri gravi reati della stessa specie di quelli per cui si procede”.
Il timore è quello che “possa reiterare”, in occasione delle prossime elezioni europee, analoghe condotte corruttive, mettendo la propria funzione al servizio di interessi privati in cambio di utilità per sé o per altri”. In sintesi, secondo la gip e la procura, se rimesso in libertà, Toti potrebbe continuare a commettere reati grazie al ruolo che ricopre.
La mozione di sfiducia per Toti
È stata ufficializzata la data del 4 giugno per la mozione di sfiducia nei confronti di Giovanni Toti. L’ufficio stampa dell’assemblea legislativa ha comunicato la sintesi dell’ordine del giorno della prossima seduta, confermando che il documento è firmato dai gruppi di opposizione Pd, Lista Sansa, M5s e Linea Condivisa. La mozione, identificata come “mozione 109”, è intitolata “Sfiducia nei confronti del presidente della Giunta regionale”.
Il documento sottolinea che “l’unica strada possibile per restituire dignità alle istituzioni” è il “valutato scioglimento del Consiglio regionale e lo svolgimento di nuove elezioni” per “evitare una situazione di stallo della Regione e garantire un governo che operi nella piena legittimazione democratica e politica”. La mozione è stata presentata ai sensi dell’articolo 124 del Regolamento interno.
Sessione segreta sulle infiltrazioni mafiose
L’incontro del procuratore di Genova, Nicola Piacente, convocato dalla Commissione antimafia per discutere dell’infiltrazione della criminalità organizzata nelle relazioni con i politici, è stato secretato.
La presidente della Commissione antimafia, Chiara Colosimo, ha spiegato che la segretezza è necessaria a causa dell’inchiesta della Procura di Genova che ha coinvolto il presidente della Liguria, Giovanni Toti, con l’adozione di varie misure cautelari e preventive per gli indagati.
Durante l’audizione davanti alla Commissione antimafia, oltre al Procuratore Piacente, erano presenti anche il sostituto della Direzione distrettuale antimafia di Genova, Federico Manotti, e il sostituto procuratore Luca Monteverdi. La presidente Colosimo ha comunicato questa informazione prima di dichiarare segreta l’audizione.
L’accusa di voto di scambio: cosa è emerso
“Nessun accordo con Giovanni Toti”. Questo quanto dichiarato ai pm durante l’interrogatorio di garanzia da Angelo Arturo Testa, uno dei due gemelli accusati di aver procurato voti alla lista di Toti e ai suoi candidati alle elezioni regionali del 2020 in cambio di impieghi per membri della comunità di Riesi a Genova.
Questa accusa ha portato all’aggravante mafiosa, permettendo ai pm di intercettare gli indagati per tre anni e mezzo. Secondo i magistrati, quel presunto scambio avrebbe favorito il clan Cammarata del mandamento siciliano di Riesi.
I pm ricordano a Testa che a un certo punto qualcuno, identificato dagli inquirenti come Umberto Lo Grasso, un consigliere comunale, li ha avvertiti che avevano “i telefoni sotto controllo”. Testa conferma: “È stato Lo Grasso a dircelo (…). Io ho risposto (che) noi non abbiamo niente da nascondere, facciamo campagna elettorale come da 50 anni abbiamo sempre fatto (…), in Belgio o Germania”.
Nuovi testimoni ascoltati in Procura
Il 30 maggio la Procura potrebbe sentire nuovi testimoni. Dopo l’interrogatorio, è tornato in carcere l’ex presidente dell’autorità portuale Paolo Emilio Signorini. I suoi legali presenteranno istanza per ottenere i domiciliari. Secondo i pm, Signorini sarebbe stato corrotto non solo da Aldo Spinelli, ma anche da un altro imprenditore, Mauro Vianello.
Vianello, 71 anni, vicino al Pd genovese, è considerato il riferimento della corrente dem nel porto, nonostante non sia iscritto al partito. È coinvolto nell’inchiesta per una consulenza da 200mila euro che Signorini gli avrebbe affidato nel 2023, quando era diventato presidente di Iren. Vianello era anche presidente dell’Ente Bacini e ambiva a essere nominato amministratore delegato di un’altra partecipata, Stazione Marittime.
Signorini avrebbe dato la consulenza Iren a Vianello “senza preventivamente informare il cda”. I pm vogliono capire se quell’incarico sia stato una restituzione di favori ricevuti.
L’imprenditore, secondo i finanzieri, gli ha prestato l’auto per andare a Montecarlo con la fidanzata, ha pagato un catering da 6.600 euro per le nozze della figlia e gli ha regalato un Apple Watch. Sotto il faro dei pm c’è anche un provvedimento firmato da Signorini che avrebbe favorito la Santa Barbara Srl, di cui Vianello deteneva il 54% di quote, specializzata in sicurezza nel porto.
Prosegue l’indagine per corruzione
Il primo a essere ascoltato, forse già venerdì 31 maggio, sarà Andrea La Mattina, membro del comitato portuale in rappresentanza della Regione. Secondo le accuse, lui e Giorgio Carozzi (rappresentante del Comune) avrebbero subito pressioni per modificare il loro parere e votare a favore della proroga trentennale della concessione del Terminal Rinfuse a favore di Aldo Spinelli.
Un altro interrogatorio atteso è quello della manager Ivana Semeraro, del fondo Icon Infrastructure. Semeraro si sarebbe rifiutata, insieme a Spinelli, di finanziare con 40 mila euro il comitato elettorale di Giovanni Toti, ritenendo che “questi pagamenti possono essere visti come corruzione”. La sua testimonianza sarà cruciale per chiarire le sue perplessità riguardo alle azioni dell’imprenditore.
I pm convocheranno anche il sindaco Marco Bucci, che avrebbe esercitato pressioni su Carozzi per cambiare idea sul Terminal Rinfuse, e l’armatore Gianluigi Aponte.
Presto verranno ascoltate in procura tre testimoni chiave riguardo alla vicenda del tombamento di Calata Concenter. Annamaria Bonomo, ex Avvocato dello Stato a Genova e consulente (a titolo gratuito) della Struttura Commissariale per la ricostruzione post Morandi guidata da Bucci; Lucia Cristina Tringali, dirigente e responsabile dell’anticorruzione interna di Autorità Portuale, e l’architetta Cristina Bartolini, Soprintendente alle Belle Arti di Genova. Nel 2022, tutte e tre avevano espresso dubbi di legittimità sull’operazione.
Perché il sindaco di Genova, non è indagato
Nonostante le numerose intercettazioni, il sindaco di Genova Marco Bucci non è indagato perché manca la prova decisiva che i pm ritengono di avere contro Giovanni Toti, ossia la donazione di denaro da parte di Aldo Spinelli al comitato elettorale di Toti. Non è emerso alcun trasferimento di denaro a favore di Bucci da parte di Spinelli o di altri coinvolti.