Italia, Spalletti e non solo: tutti i nostri CT in giro per il mondo

Il tecnico campione d’Italia con il Napoli approda sulla panchina azzurra: ecco tutti i suoi colleghi che guidano le Nazionali di calcio tra tutti i continenti

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Federico Casanova

Giornalista politico-economico

Giornalista professionista specializzato in tematiche politiche, economiche e di cronaca giudiziaria. Organizza eventi, presentazioni e rassegne di incontri in tutta Italia.

C’è chi lo ha vissuto come tradimento, un po’ per le modalità brusche in cui è avvenuto, un po’ per le tempistiche del tutto anomale, a soli 20 giorni di distanza da due partite fondamentali per la qualificazione ai prossimi campionati europei in programma in Germania nel 2024. Ma c’è anche chi, invece, ha interpretato le dimissioni di Roberto Mancini da commissario tecnico della Nazionale di calcio come un passaggio che, prima o poi, sarebbe dovuto arrivare; perché tutte le storie, anche le più belle (e questa è stata, almeno per una parte, davvero straordinaria) ad un certo punto finiscono.

Aldilà delle note umorali di questa vicenda, ora la cosa che tutti gli italiani vogliono capire è una sola: sarà davvero l’Arabia Saudita la sua prossima destinazione? Secondo quanto riportato nelle scorse ore dai più importanti quotidiani sportivi del Paese (e non solo), pare proprio che le possibilità di vederlo sulla panchina della Nazionale di Riad siano in forte crescita. Se il tecnico di Jesi avesse già un accordo con gli emiri prima di comunicare le proprie volontà alla Figc, questo non è dato saperlo. Sta di fatto che l’offerta economica che ha ricevuto nelle ultime settimane è di quelle a cui chiunque farebbe fatica a dire di no.

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Prima di lui, la Federazione calcistica nazionale dell’Arabia Saudita (conosciuta con l’acronimo di SAFF) aveva fatto un tentativo con José Mourinho. L’attuale allenatore della Roma era finito nel mirino dei vertici federali, che gli avevano proposto un contratto triennale con uno stipendio da 40 milioni di euro a stagione. Ma il portoghese ha rifiutato senza pensarci troppo, convinto di rimanere in giallorosso almeno fino al prossimo giugno. E così, appena ricevuta la notizia dell’addio alla panchina azzurra, la stessa offerta è stata recapitata a Roberto Mancini per via ufficiale, tramite raccomandata con ricevuta di ritorno intestata a lui e alla moglie Silvia Fortini, che da anni svolge anche il ruolo di agente.

Nelle stesse ore, il presidente della federazione italiana Gabriele Gravina viveva le ore più difficili di quello che per lui si è rivelato un Ferragosto di fuoco. Che i rapporti con il Mancio si fossero incrinati, lo si sapeva da tempo: segnale inequivocabile è stata la sostituzione di buona parte del suo staff negli scorsi mesi, una mossa difficile da digerire per qualsiasi allenatore. Quasi un atto di sfiducia, o almeno così lo ha interpretato il diretto interessato, che non ci ha pensato due volte a fare le valigie, nonostante il rapporto viscerale intessuto con la Nazionale e con tutti i giocatori nel corso dei cinque anni trascorsi a Coverciano.

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Il dubbio è che la stessa Figc, già da tempo, stesse pensando al nome più adatto per sostituire Mancini. A cose fatte, sono molti i sintomi di quella che potrebbe essere vista anche come una strategia premeditata. Aldilà delle scelte tecniche sui suoi collaboratori, la sensazione è che i vertici federali avessero già inviato più di un messaggino a Luciano Spalletti, che nelle ore successive al trambusto ferragostano si è liberato dal contratto con il Napoli e ha accettato di sedere sulla panchina azzurra per il prossimo triennio, ossia fino ai Mondiali di calcio del 2026. Percepirà uno stipendio di 3,2 milioni di euro l’anno.

A voler essere maliziosi, si può anche ipotizzare che la richiesta che il tecnico di Certaldo aveva avanzato nei confronti della società partenopea appena dopo la vittoria dello Scudetto sia stata un modo per tenersi le mani libere proprio nel caso in cui fosse arrivata la chiamata della Nazionale. Spalletti infatti aveva preteso da Aurelio De Laurentiis la concessione di un anno sabbatico: il presidente del Napoli, dal canto suo, aveva accettato, ma aveva imposto la sottoscrizione di una clausola che impedisse al tecnico toscano di accettare qualsiasi proposta avanzata da squadre potenzialmente concorrenti per il club campano. La Nazionale non lo è, quindi l’accordo si può fare.

Dall’Europa all’Asia, fino all’Africa: tutti i commissari tecnici italiani nei cinque continenti

Il cammino di Spalletti partirà tra pochi giorni, a inizio settembre, quando la Nazionale sarà impegnata in due partite di qualificazione verso gli Europei 2024. Il girone non è dei più semplici (ci sono l’Inghilterra, l’Ucraina, la Macedonia del Nord e Malta), è vero che entrambi i primi due posti garantiscono l’accesso alla fase finale della prossima estate, ma le recenti delusioni agli spareggi per i Mondiali in Russia e in Qatar ci hanno insegnato che tutte le partite sono da giocare: nel calcio odierno, dove la preparazione atletica spesso conta più del talento stesso, nessuna avversaria può essere presa sottogamba.

Un concetto che hanno imparato molto bene anche gli altri nove commissari tecnici italiani che occupano le panchine di altrettante Nazionali in giro per il mondo. In attesa di vedere Carlo Ancelotti sedere sulla panchina del Brasile dal prossimo anno, ad oggi sono (quasi) tutte squadre cosiddette “minori” quelle affidate agli allenatori nostrani, molti dei quali sono comunque riusciti a togliersi parecchie soddisfazioni nel corso degli ultimi anni. Uno su tutti, quel Marco Rossi (torinese di origine) che guida l’Ungheria dal 2018 e che l’ha portata a giocarsi la fase finale dell’Europeo 2020-21, raccogliendo anche due pareggi conto le ben più blasonate Spagna e Germania.

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Scorrendo l’elenco dei volti italiani sparsi per i cinque continenti, uno dei più noti è sicuramente quello di Gianni De Biasi, giramondo per eccellenza, che dopo le esperienze in Italia (ben 7 club tra Serie A e Serie B), in Spagna (due panchine in Liga) e con la Nazionale albanese, oggi allena l’Azerbaigian (è al suo terzo anno). Molto più giovane di lui, ma unico a possedere legittime aspirazioni per fare qualcosa di grande, è certamente Domenico Tedesco, attuale commissario tecnico del Belgio. Nativo della Calabria ma con doppia nazionalità per dei tanti anni trascorsi non lontano da Stoccarda. Dopo aver fatto l’exploit con il Lipsia, oggi ha il compito assai gravoso di consegnare alle Furie Rosse il primo trofeo internazionale della loro storia, nonostante la rosa sempre assai competitiva dell’ultimo decennio.

A completare la lista dei commissari tecnici italiani ingaggiati all’estero ci sono Francesco Moriero (leccese di 54 anni, CT delle Maldive dal 2021), Stefano Cusin (nato in Canada da genitori franco-italiano, anche lui 54 anni, anche lui da un biennio alla guida del Sud Sudan), Francesco Calzona (55enne di Vibo Valentia, da un anno CT della Slovacchia), Michele Marcolini (veneto di 48 anni, dal 2022 sulla panchina di Malta), Vincenzo Maltese (39enne di Molfetta, da pochi mesi alla guida del Nepal) e Guglielmo Arena (49 anni, campano, attuale CT del Laos).