Case green, scatta la corsa alla sostituzione delle caldaie

In attesa del prossimo voto sulla direttiva dell'Ue sulle case green è tempo di correre ai ripari: come sostituire le caldaie che saranno presto vietate

Foto di Pierpaolo Molinengo

Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Non è ancora detta l’ultima parola sulla direttiva UE sulle case green, ma dopo il via libera ottenuto in Commissione per l’industria, per la ricerca e per l’energia del Parlamento europeo la strada di certo si fa in discesa. Ecco allora che bisogna cominciare a pensare a come correre ai ripari nel caso in cui il prossimo step, quello del 13-16 marzo, dovesse andare in porto dando il via al “trilogo” tra le istituzioni europee che potrebbe portare alla versione definitiva del testo.

Nel mirino, c’è l’efficientamento energetico degli immobili del futuro, con chiare scadenze e paletti da rispettare. Tra questi quello fissato già per il 2024, ovvero il divieto dagli incentivi per le caldaie ad alimentazione con combustibile fossile. Suona il campanello d’allarme, che ormai non può più essere ignorato.

Case green, lo stop alle caldaie

Nel lungo, anzi lunghissimo calendario di scadenze contenute nella direttiva UE sulle case green, passato in prima fase lo scorso 11 febbraio dalla Commissione per l’industria, per la ricerca e per l’energia del Parlamento europeo, c’è quello che riguarda le caldaie a combustibile fossile. Queste, secondo il piano per l’efficientamento energetico, saranno da considerarsi bandite al 2029, ma il primo step è quello di rendere ancor più difficile l’installazione nelle abitazioni.

Per far ciò, ovviamente, è arrivato lo stop alle agevolazioni che coinvolgono l’acquisto di questi apparecchi. In Italia, per esempio, esistono diverse misure come l’ecobonus per poter sostituire gli impianti, ma le caldaie alimentate a combustibili fossili non rientrano tra queste.

L’obiettivo è quindi tener fede a quelle che sono le scadenze della normativa, con l’obiettivo del raggiungimento della classe energetica “E” entro il 2030 e quella “D” entro il 2033, allo scopo di raggiungere le zero emissioni del settore edilizio entro e non oltre il 2050.

Caldaie a combustibile fossile? Come sostituirle

E chi ha una caldaia a combustibili fossili in casa cosa deve fare? Come detto, in Italia ci sono diverse soluzioni per poter ovviare al problema. Al momento può essere sostituita con l’agevolazione al 50% per interventi di ristrutturazione semplice. Seguendo l’iter, infatti, è possibile accedere a un’agevolazione fiscale del 50% delle spese sostenute per un importo massimo di 30.000 euro per la sostituzione della caldaia, col nuovo impianto deve essere di classe A (la misura è infatti rivolta a chi installa sistemi a basso impatto ambientale).

L’ecobonus con l’agevolazione al 65% prevede la sostituzione della caldaia con una di classe A e contestualmente l’installazione dei sistemi di termoregolazione evoluti di classe V, VI o VII per il controllo della temperatura dell’acqua in relazione a quella ambientale.

Case green, le scadenze verso la normativa

Ma attenzione alle scadenze. Premesso che il via libera dello scorso 11 febbraio non è altro che uno step nel cammino dell’approvazione, che potrebbe essere in discesa se tra il 13 e il 16 marzo dovesse arrivare l’ok anche dell’Assemblea plenaria del Parlamento UE, importanti novità potrebbero arrivare già dai prossimi mesi, ma con dovuti tempi tecnici.

Dal definitivo via libera all’entrata in vigore effettiva, infatti, i Paesi europei hanno a disposizione due anni per recepire la direttiva. Ciò significa che dall’ok all’effettivo divieto di installazione, per esempio, delle caldaie a combustibili fossili nei nuovi edifici e negli edifici in ristrutturazione, passeranno due anni e gli Stati membri avranno tutto il tempo necessario per correre ai ripari.