Difesa europea, piano da 1,5 miliardi di euro, Cingolani critico: “Cifra irrisoria”

La commissione Ue ha varato un piano da 1,5 miliardi e proposto una serie di strumenti per potenziare l'industria della difesa europea

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Redazione

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Pubblicato: 6 Marzo 2024 11:11

La Commissione ha varato un piano da 1,5 miliardi di euro di finanziamenti all’industria della difesa europea. Si chiamerà Programma industriale europeo di difesa, verrà messo in pratica a partire dal prossimo anno, il 2025, fino al 2027 e sarà finanziato direttamente dal bilancio Ue. Critico l’ad di Leonardo, Roberto Cingolani, che ha definito lo stanziamento una “Cifra irrisoria”.

Il programma fa parte di un piano industriale più ampio che vuole incentivare la collaborazione tra gli Stati membri nell’ambito della difesa. L’Ue vuole creare un mercato interno il più autosufficiente possibile, con buona parte della domanda di armi e munizioni soddisfatta dall’offerta interna. Secondo il commissario al mercato interno Thierry Breton, l’Unione deve “entrare in modalità di economia di guerra“.

Il piano Ue da 1,5 miliardi per la difesa

La Commissione europea ha annunciato che per il biennio 2025-2027 finanzierà con 1,5 miliardi di euro presi direttamente dal bilancio europeo, l’industria della difesa continentale. Questo “Programma industriale europeo di difesa”, come è stato chiamato, è il primo passo verso una nuova strategia che punta a rendere l’Ue più indipendente dall’estero per quanto riguarda la propria difesa.

Dei tre pilastri su cui doveva essere costruita l’integrazione europea, cioè il processo di avvicinamento degli Stati del Vecchio Continente tramite una entità sovranazionale dopo la Seconda Guerra Mondiale, la difesa è l’unico che non ha mai raggiunto nessun successo significativo. Anche a causa del fatto che buona parte dei Paesi europei fanno parte della stessa alleanza militare difensiva, la Nato, dominata per spesa e potenza dell’esercito dagli Usa, questo aspetto è sempre stato trascurato.

L’industria della difesa europea ha risentito di questa mancanza di integrazione. Ad oggi sono pochi gli Stati europei che collaborano per lo sviluppo e la produzione di sistemi militari di qualsiasi tipo. La collaborazione nella Nato ha portato a un certo grado di integrazione, ma le varie aziende europee, tra cui l’italiana Leonardo, che operano nel settore rimangono orientate a una scarsa collaborazione.

Questa debolezza è stata messa in mostra dallo scoppio della guerra in Ucraina. Dopo l’invasione russa del Paese l’Ue è stata tra i principali finanziatori della resistenza di Kiev, ma in grandissima maggioranza gli aiuti mandati ad est sono stati di natura finanziaria. Al contrario gli Usa, grazie alla loro industria della difesa, sono stati in grado di fornire all’Ucraina armi, munizioni e sistemi militari con maggiore continuità.

Grazie a questo primo investimento, l’Ue vuole stimolare l’economia europea ad investire nel settore della difesa, spingendo soprattutto gli Stati membri ad aumentare la propria spesa militare. Difficilmente, non avendo un esercito proprio, l’Unione europea può diventare un diretto acquirente delle sue stesse industrie militari, come fanno altri Stati, ad esempio gli Usa. Per questo il piano dietro al Programma industriale europeo di difesa è più complesso e prevede la collaborazione di diverse nazioni.

La nuova difesa europea e l’economia di guerra

Spendere di più, meglio e più europeo, queste le parole d’ordine ripetute sia dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen che dalla nota dell’organo di governo Ue diffusa per spiegare il Programma industriale europeo di difesa. Il primo obiettivo è produrre almeno il 40% dell’equipaggiamento militare utilizzato dagli Stati membri in maniera collaborativa entro il 2030. Questo significa che gli Stati Ue dovranno iniziare a comprare più armi dalle altre nazioni che compongono l’Unione, riducendo le proprie importazioni e in una certa misura anche le proprie esportazioni fuori dai confini europei.

Il secondo obiettivo, da raggiungere anch’esso entro il 2030, è quello di assicurarsi che il 35% del valore del mercato della difesa europeo sia prodotto da scambi interni all’Unione stessa.  In questo modo sarà possibile creare una base solida per l’intera industria della difesa, approntandola ad ogni evenienza simile a quella dell’invasione russa dell’Ucraina. L’Ue assomiglierebbe in questo modo più agli Usa, essendo in grado di contare su una solida industria militare che agisce verso uno scopo comune.

Infine, il piano guarda anche oltre i prossimi 5 anni. Gli Stati membri dovranno garantire che almeno il 50% della loro spesa militare sia indirizzata verso altri Paesi Ue entro il 2030. Entro il 2035 questa percentuale dovrebbe poi arrivare al 60%, puntando ad aumentarla sempre di più. Il piano quindi è quello di ridirigere le spese europee all’interno dell’Unione, per sviluppare un’industria militare più forte e garantire al contempo una maggiore integrazione degli armamenti e una capacità di risposta all’instabilità internazionale più rapida.

A questo fine il Programma industriale europeo di difesa aggiunge un nuovo impianto normativo che permetta di facilitare la cooperazione tra Paesi membri per quanto riguarda gli armamenti. Si chiamerà Struttura del programma europeo degli armamenti, e permetterà a qualsiasi stato europeo di avere a disposizione le risorse militari necessarie per rispondere a qualsiasi tipo di minaccia in ogni momento.

L’impatto del Programma industriale europeo di difesa sull’Italia

L’Italia, tramite il ministero dell’Economia, controlla uno dei gruppi più importanti nel campo dell’industria della difesa a livello europeo, Leonardo. Con un fatturato di 17 miliardi di euro, l’azienda rappresenta uno dei primi dieci conglomerati del settore a livello mondiale. Questa nuova strategia sarebbe di beneficio significativo per l’azienda, tanto che da tempo l’amministratore delegato Roberto Cingolani ha più volte sottolineato l’importanza di una collaborazione maggiore tra Stati europei.

Lo stesso Cingolani non è rimasto però impressionato dalla cifra stanziata dall’Ue per il Programma industriale di difesa: “Di per sé poca cosa, è una cifra irrisoria rispetto alle dimensioni della difesa internazionale, ciononostante è molto importante che sia stato fatto un primo passo verso l’identificazione di uno spazio europeo della difesa” ha dichiarato.

“Abbiamo visto, con la situazione in Ucraina, che i vari Stati membri contribuiscono purtroppo in maniera scoordinata, ciascuno per le proprie forze, non riescono a mettere insieme un apparato sufficiente alla protezione della sicurezza. Bisognerebbe cominciare a ragionare con 27 stati membri che si riconoscono dentro un’unica organizzazione e che investono, scegliendo anche delle priorità” ha continuato Cingolani, sottolineando la disunità dimostrata dall’Ue nell’opporsi all’invasione russa in Ucraina.

“Adesso ogni Stato membro ha le sue tecnologie, i suoi domini, dalla cyber sicurezza alle piattaforme militari vere e proprie, e così siamo troppo frammentati rispetto agli altri giganti come gli Stati Uniti o la Cina e questo purtroppo non ci rende un continente sicuro” ha poi concluso l’amministratore delegato di Leonardo.