La data fatidica è il 2030: in quell’anno, il sistema pensionistico italiano poterebbe cedere sotto il peso dei ‘baby boomers’. Il periodo sarebbe molto critico fino al 2035, poi – se le casse dell’ Inps reggeranno – anno dopo anno la situazione dovrebbe migliorare per stabilizzarsi tra il 2048 e il 2060. All’ Inps,come riporta il quotidiano La Stampa, ammettono che “qualche problema potrebbe esserci fino al 2032, quando il sistema sarà tutto contributivo”.
I baby boomers
Quella del 2030 è una data particolare: è infatti l’anno in cui andranno in pensione i figli del baby boom del biennio 1964-65, quando l’Italia nel pieno miracolo economico partorì oltre un milione di bambini. Quei bambini, al compimento dei 66-67 anni, busseranno alla porta dell’Inps. Un picco di richieste che si tradurrà nevitabilmente in uno choc, specie se la crescita economica dovesse restare modesta.
Proiezioni
Gian Carlo Blangiardo, ordinario di Demografia all’Università Bicocca di Milano, Ha appena rielaborato i dati Istat in uno scenario che svela un processo di invecchiamento inarrestabile: “Il rapporto tra la popolazione attiva (20-65 anni) e i pensionati raddoppierà nel giro di una generazione. La percentuale di pensionati rispetto ai lavoratori passerà dal 37% di oggi al 65% nel 2040, il che significa: il doppio del carico previdenziale.
A parità di condizioni, in pratica, servirebbe raddoppiare la produttività. I 16 milioni di pensionati di oggi aumenteranno fino a 20 milioni, in meno di 25 anni. “Tra i nuovi pensionati e chi muore, cioè tra chi entra e chi esce dal sistema previdenziale, c’è uno sbilanciamento che oggi è nell’ordine delle 150 mila unità. Nel 2030 salirà a 300 mila e resterà tale fino a circa il 2038”.