L’azienda di arredamento pugliese Natuzzi ha presentato il suo piano industriale di rilancio al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Nel testo la società spiega la necessità di chiudere due dei suoi impianti in Italia, licenziando al contempo 497 persone.
Il Ministero ha chiesto di avviare una trattativa con i sindacati per trovare soluzioni alternative. L’azienda è però in crisi da almeno 20 anni. Ha delocalizzato parte della produzione cercando di tagliare i costi e, all’inizio del 2025, ha anche provato a trovare investimenti quotandosi alla Borsa di New York, senza però riuscire a risolvere i problemi emersi all’inizio degli anni 2000.
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Natuzzi licenzia 497 persone
Gli stabilimenti che Natuzzi intende chiudere sono due, su un totale di cinque che possiede in Italia. Cesserebbero le operazioni quelli di:
- Graviscella, ad Altamura, in provincia di Bari;
- Jesce 2, a Santeremo, in provincia di Bar.
Il piano industriale per il rilancio delle attività dell’azienda presentato nei giorni scorsi al Ministero delle Imprese e del Made in Italy si concentra soprattutto sulla riduzione delle spese in modo da riportare l’azienda al profitto entro il 2028.
La trattativa è però solo all’inizio. Il Ministero ha chiesto di modificare alcune parti del piano e ha fissato due nuovi incontri.
- il primo il prossimo 9 gennaio con i rappresentanti della Regione Puglia;
- il secondo il 25 febbraio nuovamente con Natuzzi.
La risposta dei sindacati
Il Mimit ha anche chiesto a Natuzzi di avviare una trattativa con i sindacati, che hanno reagito duramente alla notizia degli esuberi. I rappresentanti nazionali di Filcams CGIL, Fisascat CISL e Uiltucs hanno diffuso un comunicato sulla vicenda
Dopo 24 anni di ammortizzatori sociali e l’impiego di diversi milioni di euro di risorse pubbliche, non è accettabile una dichiarazione che prevede la chiusura di due stabilimenti: Graviscella (Altamura) e Jesce 2 (Santeremo), con l’uscita traumatica di 479 dipendenti. Le lavoratrici e i lavoratori sono ormai esausti dopo decenni di profonde incertezze.
Le sigle hanno anche chiesto che l’azienda e le istituzioni garantiscano un vero rilancio industriale e hanno minacciato che, in assenza di risposte adeguate su questo punto, potrebbero passare alla mobilitazione dei dipendenti italiani dell’azienda.
La lunga crisi di Natuzzi
Come sottolineato anche dai sindacati, la crisi di Natuzzi non è nulla di nuovo. L’azienda ha problemi almeno da 20 anni, da quando, all’inizio degli anni 2000 molte realtà italiane simili, evolutesi nel tempo dall’artigianato, hanno iniziato ad andare in crisi.
Nel tempo, Natuzzi ha accumulato aiuti pubblici, gli ultimi da 35 milioni di euro, che però non sono serviti a migliorare la situazione. L’azienda affida sempre più spesso la produzione ad aziende “contoterziste”, società più piccole, spesso dislocate all’estero, nel caso di Natuzzi in Cina e in Romania. Queste decisioni dovrebbero ridurre le spese, ma le perdite continuano ad accumularsi.
Nel 2025 Natuzzi ha registrato un passivo di 15,1 milioni di euro, in netto aumento dagli 11 milioni del 2024. Oltre agli esuberi, l’azienda sta già facendo largo impiego degli ammortizzatori sociali. Circa 1.800 dei suoi 3.200 dipendenti italiani sono in cassa integrazione.