L’obiettivo di una completa decarbonizzazione del sistema elettrico italiano entro il 2035 non solo è possibile, ma risulta anche vantaggioso dal punto di vista economico. Questo è quanto emerge dal “Rapporto sugli impatti economici e occupazionali delle politiche per un sistema elettrico italiano decarbonizzato nel 2035”, redatto dalla Fondazione Ecosistemi per conto di Wwf Italia. Presentato il 12 novembre 2024, il rapporto si basa su due studi precedenti elaborati dalle società di consulenza Ecco e Artelys, intitolati rispettivamente “Politiche per un sistema elettrico italiano decarbonizzato nel 2035” e “Development of a transition pathway towards a close to net-zero electricity sector in Italy by 2035”. Questi rapporti erano stati commissionati dalle principali associazioni ambientaliste.
Lo studio dimostra che la transizione energetica non solo contribuirà a ridurre le emissioni di CO2, ma avrà anche un impatto positivo sull’occupazione e sull’economia italiana. La decarbonizzazione del sistema elettrico, che implica una progressiva sostituzione delle fonti fossili con quelle rinnovabili, stimolerà investimenti significativi e la creazione di nuovi posti di lavoro. Inoltre, la crescita di settori come l’energia solare, eolica e le biomasse rappresenta un’opportunità di sviluppo per il Paese.
Il rapporto evidenzia come la transizione non sia solo una questione ambientale, ma una strategia per la sostenibilità economica, con vantaggi che si estendono a più settori e che favoriranno una ripresa economica duratura e una maggiore indipendenza energetica.
Indice
Analisi delle filiere produttive per la decarbonizzazione del sistema elettrico italiano
Nel rapporto, spiega una nota del Wwf, sono state considerate otto filiere produttive specifiche: reti con linee aeree, reti con linee sottomarine, solare fotovoltaico a terra, solare fotovoltaico su tetto, eolico onshore, eolico offshore, biomasse e idroelettrico. Queste filiere sono state distinte in due differenti aree: impianti rinnovabili e reti. L’analisi si è concentrata sulle principali fasi del ciclo di vita di ciascuna filiera, includendo la costruzione, l’installazione e la manutenzione.
- La costruzione rappresenta la fase iniziale del ciclo di vita di un impianto o di una rete. Questa fase include tutte le attività necessarie per la realizzazione delle infrastrutture, come la progettazione, l’acquisto dei materiali, la preparazione del sito e la costruzione vera e propria. È una fase cruciale che richiede un elevato numero di lavoratori specializzati e non specializzati, contribuendo significativamente alla creazione di posti di lavoro;
- L’installazione è la fase successiva, in cui le infrastrutture costruite vengono messe in funzione. Questa fase comprende l’installazione dei componenti, il collegamento alle reti esistenti e le prove di funzionamento. Anche in questa fase è necessario un numero considerevole di lavoratori, sia per l’installazione fisica che per le attività di supervisione e controllo;
- La manutenzione è la fase che segue l’installazione e si estende per tutta la vita utile dell’impianto o della rete. Questa fase include tutte le attività necessarie per garantire il corretto funzionamento delle infrastrutture, come la manutenzione ordinaria e straordinaria, la riparazione di guasti e l’aggiornamento tecnologico. La manutenzione richiede personale specializzato e rappresenta una fonte di occupazione stabile e duratura;
- Il decommissioning, ovvero la fase di smantellamento e dismissione delle infrastrutture alla fine del loro ciclo di vita, viene trattato a parte nel rapporto. Questo perché non per tutte le filiere considerate esistono dati completi e dettagliati sul decommissioning. La mancanza di dati porta a una sottostima dell’occupazione complessiva che si potrebbe avere nel pieno processo di decarbonizzazione del sistema elettrico. Tuttavia, è importante considerare anche questa fase, poiché rappresenta un’ulteriore opportunità di creazione di posti di lavoro e di sviluppo economico.
L’analisi delle otto filiere produttive e delle loro fasi del ciclo di vita fornisce una visione completa e dettagliata delle opportunità economiche e occupazionali legate alla decarbonizzazione del sistema elettrico italiano. La transizione verso un sistema elettrico decarbonizzato non solo contribuisce alla lotta contro il cambiamento climatico, ma rappresenta anche una straordinaria opportunità per lo sviluppo economico e la creazione di nuovi posti di lavoro.
Opportunità occupazionali nella transizione energetica
Il report evidenzia che la transizione energetica rappresenta un’opportunità significativa per la creazione di un ampio numero di posti di lavoro. Questo processo non solo stimola l’innovazione, ma favorisce anche una ripresa economica duratura e sostenibile, contribuendo a un futuro più verde e prospero. La transizione verso fonti di energia rinnovabile e l’ottimizzazione delle infrastrutture esistenti sono elementi chiave per raggiungere questi obiettivi.
Per quanto riguarda gli impatti occupazionali, il report fornisce tre indicazioni fondamentali, espresse in Ula (unità di lavoro annuali), che rappresentano la quantità di lavoro prestato nell’anno da un occupato a tempo pieno. Queste indicazioni si suddividono in tre categorie principali:
- Occupazione temporanea nella produzione: questa categoria riguarda i lavoratori impiegati nell’attività di produzione delle reti e delle infrastrutture necessarie per le fonti energetiche rinnovabili (Fer). La fase di produzione è cruciale, poiché richiede manodopera specializzata e può generare un numero considerevole di posti di lavoro, contribuendo così a stimolare l’economia locale;
- Occupazione temporanea nell’installazione: questa fase coinvolge i lavoratori che si occupano dell’installazione degli impianti per le Fer. L’installazione è un momento chiave, poiché rappresenta il passaggio dalla progettazione alla realizzazione concreta degli impianti. Questo processo richiede competenze tecniche specifiche e può offrire opportunità di lavoro a breve termine, ma essenziali per il successo della transizione energetica;
- Occupazione permanente per la manutenzione: questa categoria si riferisce agli occupati che lavorano per tutta la durata del ciclo di vita di un bene, in particolare nelle attività di manutenzione degli impianti e delle infrastrutture. La manutenzione è fondamentale per garantire l’efficienza operativa e la longevità degli impianti, assicurando che continuino a funzionare in modo ottimale nel tempo. Questo tipo di occupazione offre stabilità e sicurezza ai lavoratori, contribuendo a una forza lavoro qualificata e sostenibile.
Impatti economici della transizione energetica in Italia
Per quanto riguarda gli aspetti economici, il rapporto analizza gli impatti sia per le reti che per gli impianti rinnovabili. Sono state effettuate tre principali stime:
- Stime delle spese in conto capitale, che rappresentano gli investimenti necessari per la realizzazione delle infrastrutture e degli impianti;
- Stime delle spese per costi di esercizio, che includono i costi legati al funzionamento continuo degli impianti e delle reti;
- Stime degli impatti complessivi, suddivisi in impatti diretti e indiretti, per valutare gli effetti economici generati dalla transizione.
Inoltre, è stata calcolata la distribuzione degli effetti dell’impatto economico complessivo su quattro principali aree di attività economica: manifatturiera, edilizia, servizi e professioni, e altro.
Lo studio evidenzia come il settore delle fonti di energia rinnovabili rappresenti un’opportunità straordinaria per l’economia italiana. Si stima, infatti, che gli investimenti necessari per la realizzazione degli impianti rinnovabili ammontino a 161,2 miliardi di euro, con un costo di gestione attualizzato fino al 2035 pari a circa 27,5 miliardi. Questi investimenti generano una serie di vantaggi economici diretti, indiretti e indotti, che resteranno in Italia e che complessivamente ammontano a 350,6 miliardi di euro. La distribuzione di questi vantaggi si ripartisce tra vari settori economici: 140,6 miliardi di euro per la manifattura, 116,6 miliardi per l’edilizia, 35,4 miliardi per i servizi e le professioni, e 93,4 miliardi per altre attività economiche. Questo dimostra come la transizione energetica possa essere un motore di crescita economica e sostenibilità per l’Italia.
Investimenti nelle reti elettriche, un motore per l’economia
Per quanto riguarda le reti elettriche, gli investimenti necessari sono stimati intorno a 31 miliardi di euro, con costi di gestione annui pari a circa 3,7 miliardi di euro. Gli impatti economici derivanti da questi investimenti, sia diretti che indiretti e indotti, che rimarranno sul territorio italiano, sono valutati in 48,6 miliardi di euro. Questi impatti si distribuiscono tra diversi settori economici: 19 miliardi di euro per le attività manifatturiere, 18,5 miliardi per l’edilizia, 5,8 miliardi per i servizi e le professioni, e 11,2 miliardi per altre attività economiche.
In termini di occupazione, sono previste circa 12.094 Ula in Italia entro il 2035, con un ulteriore 1.422 Ula all’estero. La maggior parte di questi posti di lavoro (circa 10.602 Ula) sarà concentrata nella fase di installazione delle reti, un’attività che, come indicato nel report, sarà completamente localizzata in Italia. Inoltre, la stima degli impatti occupazionali per l’intero ciclo di vita delle reti (considerato pari a 50 anni) ammonta a 57.079 Ula, con 44.452 Ula legate alla fase di gestione, che include le attività di esercizio e manutenzione. Di queste, circa l’82% delle unità di lavoro sarà localizzato in Italia.
Lo studio dimostra chiaramente che una transizione energetica ben pianificata non solo è essenziale per contrastare il cambiamento climatico, ma rappresenta anche un’opportunità strategica per rafforzare l’economia italiana e creare migliaia di posti di lavoro.