Grande attenzione e interesse generale, ovviamente, per il Decreto energia, che è stato approvato nel Consiglio dei ministri del 25 settembre. Una delle misure inserita è già nota come “salva commercio”.
Ciò indica la chance di regolare i propri debiti con il Fisco, in relazione alla violazione delle normative di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica, così come nell’emissione di scontrini e ricevute fiscali. Una sanatoria come previsto? Non proprio. Il governo ha fatto un passo indietro e rimescolato un po’ le carte. Ecco nel dettaglio cos’è stato previsto per i contribuenti.
Norma salva commercio
Ci si aspettava una sanatoria sugli scontrini, al fine di tendere la mano agli imprenditori con un conto aperto con l’Agenzia delle Entrate in tale materia. Il Decreto energia ha invece escluso quest’opzione, optando per un’operazione più blanda. Parliamo del ravvedimento operoso.
Chi dovesse optare per questa soluzione, stando a quanto deciso dal governo di Giorgia Meloni nell’ultimo Consiglio dei ministri, sarà esentato dalla sanzione accessoria, che è di fatto la sospensione della licenza.
Ciò che viene chiesto all’imprenditore in questione, ricordando come il ravvedimento operoso sia applicabile anche a fatture e documenti contabili, è il pagamento della somma dovuta. A ciò si aggiungono gli interessi maturali e una penale. Prospettiva ben differente rispetto a quella ipotizzata in precedenza. Una soluzione che di certo consentirà alle casse dello Stato di ricevere un ammontare ben superiore rispetto a quello preventivato con la sanatoria.
Cos’è il ravvedimento operoso
Con ravvedimento operoso si intende una procedura di versamento spontaneo da parte del contribuente. Attraverso tale istituto giuridico è possibile regolarizzare la propria situazione fiscale, ripristinando la legalità violata in ambito tributario.
Ciò che si richiede ai contribuenti è semplicemente il pagamento dell’intera somma dovuta. Il “vantaggio” non risiede in uno sconto sulla cifra. Si delinea nell’assenza di una pena maggiore. Si ricorda infatti che, nell’arco di cinque anni, in presenza di quattro violazioni si incorre nella sospensione della licenza.
Una condizione che non riguarda dunque la stragrande maggioranza dei contribuenti in condizioni di debito nei confronti del Fisco. A differenza della sanatoria, che avrebbe di certo spinto molti più soggetti a pagare una cifra “scontata”. Il piano del governo di Giorgia Meloni è però chiaro: “Si scongiurerà la chiusura si oltre 50mila piccoli esercizi commerciali”.
Per approfittare del ravvedimento operoso, evitando la sospensione della licenza, si dovrà farsi ricorso entro il 15 dicembre 2023. Lo sguardo si poggia sulle violazioni fiscali dal primo gennaio 2022 al 30 giugno 2023.
Il documento del Decreto energia spiega inoltre come la sanabilità sia consentita anche nei casi in cui ci sia già stata una contestazione entro il 31 ottobre 2023. In ambito tempistiche, però, sorge anche una condizione vincolante: le violazioni non dovranno essere state contestate alla data del perfezionamento del ravvedimento.
L’ipotesi della sanatoria aveva scatenato le ire dell’opposizione, da Elly Schlein del PD al Movimento 5 Stelle guidato da Giuseppe Conte. Grande soddisfazione è stata invece espressa, a fronte della modifica, da parte di Giulio Felloni, presidente di Federmotaitalia-Confcommercio. Ha infatti sottolineato come “rientri nel solco degli interventi di tregua fiscali, già introdotti con la Legge di Bilancio del 2022. Il tutto finalizzato all’adempimento spontaneo dei contribuenti, creando un rapporto con l’Amministrazione finanziaria più trasparente”.