Le gemelle Kessler hanno scelto di morire, così come hanno vissuto: insieme. Alice ed Ellen, icone della tv tedesca e italiana degli anni ’60, sono morte a 89 anni nella loro casa di Grünwald, vicino a Monaco. Secondo i media tedeschi, le due sorelle avrebbero fatto ricorso al suicidio assistito, accompagnate da una équipe medico-legale della Deutsche Gesellschaft für Humanes Sterben (DGHS), nell’ambito di quella che in Germania viene definita begleitete Sterbehilfe, la “morte assistita”.
Il termine suicidio assistito indica:
“La situazione in cui è la persona a compiere l’atto finale, ad esempio assumendo un farmaco, con il supporto di medici o di un’organizzazione, che preparano e verificano le condizioni ma non eseguono materialmente la somministrazione letale”.
L’eutanasia è diversa, la morte è provocata da un terzo, di solito un medico, che somministra il farmaco su richiesta del paziente.
Diverso ancora è il tema dell’interruzione dei trattamenti di sostegno vitale (respiratore, nutrizione artificiale, ecc.), che in Europa è riconosciuta come espressione del diritto al consenso informato e al rifiuto delle cure.
Indice
Suicidio assistito in Italia
In Italia il suicidio assistito è un illecito.
L’art. 580 c.p., che sanziona con pene da 5 a 12 anni di reclusione chi “determina altri al suicidio, ne rafforza il proposito o ne agevola comunque l’esecuzione”.
L’unica eccezione proviene dalla sentenza n. 242 del 2019 della Corte costituzionale (caso Cappato–DJ Fabo) che esclude la punibilità di chi presta aiuto se la persona:
- è mantenuta in vita da trattamenti di sostegno vitale;
- è affetta da una patologia irreversibile;
- vive sofferenze fisiche o psichiche ritenute intollerabili;
- è pienamente capace di decisioni libere e consapevoli.
La procedura deve essere verificata dal Servizio sanitario nazionale, previo parere del comitato etico. Nonostante i successivi richiami della Consulta, manca ancora una legge organica sul fine vita. Con la sentenza n. 66 del 2025, la Corte costituzionale ha confermato i criteri già fissati, mentre il legislatore è stato nuovamente sollecitato a introdurre una disciplina sul fine vita.
Suicidio assistito in Svizzera: come funziona e quali sono le regole?
L’art. 115 del Codice penale svizzero sanziona l’aiuto al suicidio solo se chi presta assistenza agisce per “motivi egoistici” (egoistische Beweggründe). Ciò significa che:
“L’assistenza al suicidio non è reato se chi l’aiuta non trae alcun vantaggio personale, economico o di altro tipo, dalla morte della persona”.
Il legislatore non ha creato un diritto a morire assistiti, né ha definito una procedura; ha solo definito ciò che non è punibile. In questo segmento operano le organizzazioni senza scopo di lucro che, nel rispetto della legge hanno definito criteri etici e clinici.
I principali sono:
- capacità di intendere e volere, con decisione confermata più volte nel tempo;
- condizione clinica documentata, come malattie gravi, progressive o invalidanti considerate dal paziente insopportabili.
Si tratta di una soglia etica indispensabile a evitare decisioni impulsive.
Un altro tema riguarda l’accesso degli stranieri. Il diritto svizzero non richiede la cittadinanza o la residenza, l’art. 115 CP non distingue tra svizzeri e non svizzeri, ma ciò non significa che l’accesso sia “libero”. Le organizzazioni applicano gli stessi criteri per tutti.
Suicidio assistito in Olanda (Paesi Bassi): chi può ottenerlo e a quali condizioni?
I Paesi Bassi sono stati il primo Stato al mondo a disciplinare eutanasia e suicidio assistito. La Termination of Life on Request and Assisted Suicide (Review Procedures) Act del 2002, disciplina quando un medico può accettare una richiesta e quali garanzie deve seguire.
Il medico può accogliere la richiesta solo se la sofferenza del paziente è insopportabile e senza prospettive di miglioramento. La richiesta deve essere volontaria, ponderata e reiterata nel tempo. Il medico deve essere certo che la decisione non sia influenzata da pressioni esterne e che il paziente sia stato informato sulla propria diagnosi, sulle terapie disponibili.
È obbligatorio il consulto di un secondo medico indipendente.
Dopo la procedura, il medico deve inviare un report alla Commissione regionale di revisione.
La legge olandese prevede condizioni stringenti anche per l’età.
- dai 12 anni con consenso dei genitori;
- dai 16 anni decisione autonoma, ma genitori coinvolti.
La legge olandese non esclude a priori le sofferenze psichiche gravi, ma l’accesso è valutato con criteri più rigorosi.
Eutanasia e suicidio assistito in Belgio: cosa prevede la legge?
In Belgio la legge del 28 maggio 2002 sull’eutanasia regola in modo dettagliato quando un medico può accogliere la richiesta di una persona di porre fine alla propria vita. Al centro c’è l’autodeterminazione, bilanciata da controlli medici stringenti e da una verifica indipendente successiva.
La legge richiede che il paziente si trovi in una condizione medica senza prospettive di miglioramento; la persona deve vivere una sofferenza fisica o psichica costante e insopportabile, che non può essere alleviata in modo accettabile.
“In questo caso, non si tratta solo dell’esame oggettivo della patologia, ma anche del modo in cui il paziente vive la propria sofferenza.”
La richiesta deve essere volontaria, ripetuta nel tempo e formulata per iscritto. Il medico deve verificare che la decisione sia maturata con consapevolezza, da parte di un paziente correttamente informato. Anche in questo caso, c’è la valutazione obbligatoria di un secondo medico indipendente.
Dopo ogni procedura, deve essere trasmesso un dossier completo alla Commissione federale di controllo e valutazione.
Dal 2014 il Belgio ha esteso la possibilità del suicidio assistito anche per i minori, diventando un unicum in Europa. L’eutanasia è ammessa solo se il minore è affetto da una malattia terminale, vive una sofferenza costante e insopportabile e dimostra una capacità di discernimento adeguata, che deve essere valutata da un’équipe medica e psicologica specializzata. Serve inoltre il consenso dei genitori.
Eutanasia e suicidio assistito in Spagna: quali sono i requisiti?
Con la Ley Orgánica 3/2021, la Spagna ha introdotto un vero diritto alla “prestación de ayuda para morir”, cioè alla prestazione di aiuto medico a morire.
“Non si tratta di una mera depenalizzazione, ma dell’introduzione di un diritto soggettivo esercitabile entro condizioni rigorose”.
Per presentare la richiesta, serve essere maggiorenni, capaci di intendere e di volere e cittadini spagnoli o residenti legali e stabili sul territorio. Il legislatore ha così limitato l’accesso, escludendo forme di “turismo del suicidio”.
La richiesta è ammissibile se la persona è affetta da una malattia grave e incurabile, destinata a causare una perdita progressiva di autonomia, oppure da una patologia grave, cronica e invalidante, fisica o psichica, che comporti sofferenza costante e intollerabile secondo la percezione soggettiva del paziente. Non basta una diagnosi severa, serve una condizione refrattaria alle cure disponibili e vissuta come insopportabile dal diretto interessato.
La richiesta deve essere presentata due volte, in forma scritta e sempre revocabile.
Due medici diversi verificano diagnosi, capacità decisionale e informazione.
L’intero fascicolo è poi esaminato dalla Commissione di Garanzia e Valutazione della Comunità autonoma.
Suicidio assistito in Germania: cosa dice la Corte costituzionale?
In Germania, fino al 2020 il § 217 del Codice penale (StGB) vietava l’assistenza al suicidio se prestata “in modo abituale o commerciale”, limitando soprattutto l’attività delle associazioni.
Il 26 febbraio 2020 il Bundesverfassungsgericht, la Corte costituzionale federale, ha dichiarato il § 217 incostituzionale.
“Il diritto all’autodeterminazione include anche la possibilità di decidere se e quando porre fine alla propria vita, e di chiedere e ricevere aiuto per farlo”.
La Corte ha fondato questo principio sugli artt. 1 e 2 della Legge fondamentale tedesca, che tutelano la dignità umana e il libero sviluppo della personalità.
La dignità comprende anche la possibilità di decidere in autonomia sul proprio fine vita, e questa autonomia non può essere svuotata da un divieto penale assoluto. Il sistema riconosce un diritto forte all’autodeterminazione, ma attende una cornice normativa uniforme.
“Se chi legge sta vivendo un momento di sofferenza profonda, ha pensieri suicidari o teme per una persona vicina, la priorità è la tutela immediata: rivolgersi al 118, al medico di fiducia o alle linee di ascolto dedicate è sempre il passo migliore”.