Imposte per l’eredità divisa, bisogna pagare come per una vendita

La Corte di Cassazione è intervenuta sull'imposta di registro da versare in casto di conguaglio in caso di un'eredità divisa. Si applicano quelle della vendita

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

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Alle eredità si va ad aggiungere un’imposta aggiuntiva, oltre a quella di successione. Questo accade nel momento in cui, in sede di divisione, uno degli eredi riceve dei beni di valore superiore rispetto alla quota che gli spetta e viene previsto un conguaglio in denaro agli altri eredi. Questa eccedenza viene considerata a tutti gli effetti una vendita e deve essere oggetto di un’imposta proporzionale del 9%, che generalmente di applica agli atti traslativi.

Il pagamento deve essere effettuato indipendentemente dal reale pagamento del conguaglio. A prevederlo è stata direttamente la Corte di Cassazione attraverso l’ordinanza 15443 del 3 giugno 2025.

Il conguaglio dell’eredità va pagato: la sentenza

La presa di posizione dei Giudici della Suprema Corte scaturisce da uno specifico caso. Con una sentenza non definitiva, il Tribunale di Cosenza aveva dichiarato erede legittimo un soggetto, che per semplicità chiameremo D.D., disponendo la parziale inefficacia di quanto disposto attraverso il testamento a favore di altri due eredi. A D.D. veniva riconosciuta una quota di eredità del defunto.

Il medesimo Tribunale, con un’apposita ordinanza, aveva emanato una dichiarazione di esecutività del progetto divisionale dell’eredità, emerso da un’apposita consulenza tecnica d’ufficio, e contestualmente dichiarato lo scioglimento della comunione ereditaria.

L’operazione veniva perfezionata attraverso l’attribuzione dei beni in natura a ogni erede per un ammontare complessivo pari a 1.043.535 euro. Il Tribunale, inoltre, aveva disposto dei conguagli che dovevano essere effettuati tra i vari eredi per un importo complessivo pari a 112.294 euro.

A seguito delle disposizioni del Tribunale, l’Agenzia delle Entrate ha provveduto a tassare l’ordinanza calcolando l’imposta di registro in misura proporzionale:

  • dell’1% sull’attivo netto di 931.241 euro;
  • del 9% sull’importo nominale dei conguagli effettuati in denaro per un ammontare di 112.294 euro.

Gli eredi, però, avevano deciso di impugnare l’avviso di liquidazione presso la Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza. Quest’ultima, attraverso la sentenza n. 1349/01/2022 decideva di accogliere il ricorso e aveva provveduto a compensare le spese di lite, supponendo che ci si trovasse davanti:

A uno scioglimento di comunione di beni senza conguaglio, non traslativa di beni, soggetta, quindi, all’imposta di registro dell’1% da calcolare sull’intera massa ereditaria oggetto della divisione dei beni relitti da C.C.

Il ricorso presso la Corte provinciale

L’Agenzia delle Entrate aveva quindi proposto un appello contro questa sentenza. Intervenendo sull’argomento la Corte di Giustizia di Secondo Grado della Calabria, attraverso la sentenza n. 1273/02/2024, provvedeva a riformare la decisione sostenendo che dalla documentazione allegata all’Ordinanza risultava chiaro che:

Agli eredi sono stati assegnati beni di valore superiore alle quote loro spettanti (…) e di conseguenza i suddetti condividenti erano tenuti a versare agli altri i relativi conguagli. La circolare dell’Agenzia delle Entrate del 29 maggio 2013, n. 18/E stabilisce che qualora i conguagli siano superi al 5% della quota di diritto spettante al condividente, gli stessi sono soggetto all’imposta proporzionale dovuta per gli atti traslativi indipendentemente dal suo concreto versamento. Per tali atti l’art. 1 della Tariffa, Parte Prima, allegata al TUR prevede l’applicazione dell’aliquota proporzionale del 9%.

Gli eredi, a questo punto, avevano fatto ricorso in Cassazione.

Conguaglio nell’eredità divisa, per il Registro è una cessione

A questo punto arriva la presa di posizione della Corte di Cassazione con l’ordinanza 15443 del 3 giugno 2025, attraverso la quale i giudici hanno chiarito che nella divisione ereditaria senza conguagli, l’Agenzia delle Entrate non può esercitare il potere di rettifica dei valori dichiarati nell’atto di divisione.

Questo porta anche ad un’altra conseguenza: la preclusione all’accertamento dei conguagli ritenuti fittizi nel caso in cui le quote che sono state attribuite agli eredi dovessero rispondere a dei parametri catastali che sono stati delineati attraverso l’istituto della valutazione automatica.

I giudici della Suprema Corte, tra l’altro, hanno ritenuto che nel caso in cui dovesse sopraggiungere lo scioglimento della comunione ereditaria a seguito dell’assegnazione di beni in natura e contestuale versamento di somme di denaro agli altri eredi di pari valore allo loro quote, debba essere applicata l’aliquota relativa agli atti di divisione e non quella di vendita.

Questa può essere utilizzata unicamente nel momento in cui vengono attribuiti dei beni per un valore che risulti essere eccedente rispetto a quello che realmente spetta. E solo per la parte in eccesso.

Le motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, in tempi recenti, ha ritenuto che debba essere considerata l’eccedenza attribuita a un determinato erede per determinare l’ammontare dell’imposta di registro.

In altre parole deve essere applicato un ragionamento analogo a quello della compravendita: in questo contesto non ha importanza il fatto che l’operazione sia stata fatto a conguaglio in favore degli altri eredi.

Cosa significa e quando bisogna pagare

Volendo sintetizzare al massimo, questo significa che si viene a realizzare una divisione con tanto di conguaglio nel momento in cui a un erede si assegnano alcuni beni per un valore complessivo superiore a quello che gli spetterebbe con la normale ripartizione dell’asse ereditario.

Quando questa situazione si viene a verificare, l’erede deve versare una somma a quanti hanno visto diminuire la propria quota di diritto.

Il conguaglio è quindi assoggettato all’imposta proporzionale che è prevista in caso di trasferimento (su questo argomento si sofferma ampiamente la circolare n. 18/E del 29 maggio 2013 dell’Agenzia delle Entrate).

La stessa e identica nozione la si può evincere direttamente dall’articolo 720 del Codice Civile, attraverso il quale il legislatore ha specificamente spiegato che il conguaglio non ha una funzione compensativa, ha uno scopo attributivo o satisfattivo.

Il credito pecuniario non è sorto per colmare una ineguaglianza di valore tra una quota di diritto e una porzione di fatto, ma scaturisce dal fatto che un erede è stato estromesso dall’assegnazione dei beni in natura.