Il tanto atteso bonus mamme, un sostegno fondamentale per le lavoratrici con due o più figli piccoli, sta giungendo a molte famiglie, ma in ritardo. Decine di migliaia di lavoratrici, beneficiarie di questo importante aiuto, si sono trovate ad aspettare finora senza ottenere nulla. Marzo porta con sé una speranza tangibile, con un pagamento triplo in arrivo per coloro che ancora non hanno ricevuto il loro dovuto sostegno finanziario. Scopriamo i motivi del ritardo e fino a quanto si potrà trovare in più in busta paga.
I motivi del ritardo
Il problema sembra derivare dalla lentezza con cui molte aziende e l’amministrazione pubblica si sono adoperate nell’attivare la modulistica necessaria. Questo ha causato ritardi nel processo di erogazione del bonus, lasciando molte famiglie in una situazione finanziaria precaria.
Il risultato di questa impreparazione è un pagamento triplo in programma per questo mese. Per coloro che non si sono mossi in anticipo e non hanno ancora percepito il bonus, marzo porterà un’accoglienza calorosa sotto forma di un sostegno finanziario aggiuntivo. Chi si trova in questa situazione si vedrà accreditare sulla busta paga fino a circa 450 euro netti in più. Un sollievo benvenuto per molte famiglie che hanno atteso a lungo per ricevere questo vitale aiuto economico.
L’importanza di questo bonus finanziario è ulteriormente sottolineata dalla sua natura: il bonus mamme consiste nell’esonero dai contributi Ivs, che rappresentano una significativa parte dello stipendio. Non essendo legato a specifiche soglie Isee, questo bonus è accessibile a un’ampia gamma di lavoratrici, indipendentemente dal reddito familiare. Inoltre, il suo impatto sulla busta paga è direttamente proporzionale allo stipendio (questo punto ha causato non pochi problemi).
Perché è stato criticato
Il bonus mamme ha scatenato numerose critiche, (è stata chiamata la beffa del bonus mamme), in particolare legate al fatto che premierebbe, al contrario, chi guadagna di più. Esso rappresenta una decontribuzione del 9,19% dello stipendio complessivo. Questo corrisponde alla quota che normalmente la lavoratrice dovrebbe versare, come detto prima, per il contributo “Ivs” nel settore privato e il contributo “Fap” nel settore pubblico. Detto in altre parole, si tratta di una riduzione dei contributi previdenziali che le lavoratrici dovrebbero versare, garantendo così un aumento netto dello stipendio.
Per comprendere appieno l’impatto del bonus mamme e anche del suo paradosso, prendiamo in considerazione alcuni esempi pratici. Iniziamo con una lavoratrice mamma che guadagna 700 euro al mese. In questo caso, l’esonero contributivo standard è di 49 euro, indipendentemente dal numero di figli e dal genere del lavoratore. Il bonus mamme, che sarebbe di 64 euro al mese, viene quindi ridotto a 15,33 euro al mese, considerando lo sconto già applicato.
Passiamo ora a una mamma con un reddito mensile di 2.000 euro. In questo caso, il bonus mamme sarebbe di 183 euro al mese. Tuttavia, considerando che il taglio del cuneo fiscale garantisce già uno sconto di 120 euro, il beneficio aggiuntivo sarà di 63,8 euro al mese.
Esaminiamo ora il caso di una mamma con uno stipendio di 2.720 euro al mese. Poiché il suo reddito annuo supera i 35.000 euro lordi, non ha diritto al taglio del cuneo fiscale. Di conseguenza, il suo bonus mamme sarà pieno, pari a 250 euro al mese, per un totale di 3.000 euro all’anno.