Crisi banche, cos’è la teoria dello scarafaggio

La metafora dà l'immagine dell'effetto “infestazione” che può portare al fallimento delle banche fino alle crisi finanziarie globali, come quella del 2008

Pubblicato: 25 Marzo 2023 23:02

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Claudio Carollo

Giornalista politico-economico

Classe ’88, è giornalista professionista dal 2017. Scrive di attualità economico-politica, cronaca e sport.

Il fallimento della Silicon Valley Bank ha innescato un vortice nel quale è finita la Credit Suisse e che sta facendo traballare anche la Deutsche Bank. Anche se il dissesto di una delle più importanti banche statunitensi nel settore delle startup tecnologiche sembrava lontano, l’eco della crisi è arrivata fino in Europa intaccando la stabilità di due dei più grandi istituti di credito del Vecchio Continente. Il fallimento della Svb è il secondo più rilevante della storia Usa dopo quello del Washington Mutual, la più grande cassa di risparmio del Paese finita nella crisi dei subprime del 2008, che portò alla bancarotta di Lehman Brothers. La preoccupazione diffusa tra gli investitori e le autorità è che questi ultimi crolli di grossi istituti in Borsa possano riproporre lo stesso schema del terremoto finanziario che travolse il mondo 15 anni fa. L’instabilità delle banche registrata in queste settimane potrebbe nascondere i sintomi di una nuova grande crisi, segnali che gli addetti ai lavori rappresentato con una metafora: la “teoria dello scarafaggio”.

Crisi banche, cos’è la teoria dello scarafaggio

Proprio come quando capita che spunti uno scarafaggio in casa, anche se si riesce ad ucciderlo, la sua semplice presenza sta ad indicare che non sarà l’unico: come è noto questi insetti prolificano in colonie e dunque la comparsa di una blatta sta a significare che, senza gli interventi necessari, ce ne saranno altre pronte a saltare fuori.

Così gli esperti di finanza identificano in gergo l’effetto domino degli eventi che portano spesso alle crisi delle banche, le quali, dopo il primo tracollo, possono rappresentare il prossimo crac, seppur ancora nascosto (qui abbiamo riportato le condizioni delle banche italiane).

Crisi banche, cos’è la teoria dello scarafaggio

Se l’amministrazione Biden è intervenuta insieme alla Fed per garantire tutti i depositi della Svb e la Confederazione Svizzera ha fatto altrettanto per favorire l’acquisizione della Credit Suisse da parte della Usb, è lecito aspettarsi lo stesso da parte del Governo tedesco in caso di fallimento della Deutsche Bank, della quale abbiamo raccontato qui il crollo in Borsa. Uno schema che però non può essere sostenibile.

Negli Stati Uniti, dopo il fallimento della Silicon Valley Bank e del piccolo istituto di credito di New York della Signature Bank, altre scosse di assestamento stanno destabilizzando la rete finanziaria. Da quando il 12 marzo la Federal Reserve ha attivato due canali di prestito di liquidità alle banche, gli istituti hanno fatto richiesta ad un ritmo di 117 miliardi di dollari al giorno, quando di solito questo genere di prestiti non raggiungevano i 10 miliardi.

A scatenare le proteste inoltre, è arrivata la decisione della segretaria al Tesoro Janet Yellen di salvare tutti i clienti delle banche fallite, anche oltre la garanzia assicurativa che copre i depositi fino a 250mila dollari. Un rimedio palliativo che rischia di non affrontare il problema alla radice (qui abbiamo spiegato cosa rischiamo in Italia dopo il fallimento di Svb).

La bolla di Big Tech è stata la prima a scoppiare e il mercato immobiliare offre il fianco alle speculazioni. Ma ad essere in agguato ci sono anche le crisi dei debiti sovrani che potrebbero portare effetti sulla finanza globale. “Lo shock più tremendo provocato dai rialzi dei tassi è quello che colpisce i paesi poveri” ha spiegato al Corriere della Sera il presidente della Banca Mondiale, David Malpass.

“Anche verso le nazioni emergenti c’è stato un periodo di credito troppo facile, ora arriva il contraccolpo – ha spiegato. Sarà tanto più duro, in quanto nei prossimi anni i paesi ricchi assorbiranno una quota preponderante dei capitali globali solo per il servizio del proprio debito pubblico, il cui onere cresce”.