Il governo, attraverso un emendamento al Senato alla manovra finanziaria, cambia la ripartizione dei fondi comunali. A partire dal 2026, Roma uscirà definitivamente dal cosiddetto meccanismo “orizzontale” del Fondo di solidarietà comunale, per approdare a un sistema di importi fissi. In tre anni, Roma riceverà finanziamenti per 206 milioni di euro.
La proposta raccoglie un consenso trasversale piuttosto raro, unendo l’Amministrazione capitolina, l’Associazione Nazionale dei Comuni Italiani (ANCI) e forze sia di centrodestra che di centrosinistra.
L’unicità di Roma
La decisione chiude un lungo contenzioso e riconosce, almeno sul piano finanziario, l’unicità di Roma nel panorama municipale italiano. Il nodo è l’inadeguatezza del modello di federalismo fiscale concepito per i Comuni italiani. L’attuale sistema calcola i trasferimenti del Fondo di solidarietà comunale si basa sulla differenza tra:
- la capacità fiscale di un ente (cioè quanto può ricavare da tributi propri);
- i suoi fabbisogni standard (quindi la spesa necessaria a garantire i livelli essenziali di servizi).
Un meccanismo logico per la maggior parte dei Comuni, spesso di piccole o medie dimensioni, ma che si è rivelato invalidante per Roma. Per la sua dimensione e le sue funzioni peculiari (dall’accoglienza turistica di massa alla sicurezza di sedi istituzionali e diplomatiche), la capitale richiede fabbisogni ingenti rispetto alle altre città. Se il calcolo teorico fosse applicato rigorosamente, assegnerebbe a Roma una fetta talmente grande del Fondo da provocare squilibri nelle casse di tutti gli altri Comuni.
Per evitare questa situazione, Roma è stata di fatto penalizzata per anni, ricevendo meno di quanto le spetterebbe in base alla logica pura del sistema.
La soluzione: quote fisse per il triennio 2026-2028
L’emendamento interviene proprio per modificare questa situazione. Dal 2026, e per tutto il successivo triennio finanziario (2026-2028), i versamenti e i trasferimenti per Roma non saranno più ricalcolati annualmente con la formula standard. Al Campidoglio sarà invece assegnata una quota fissa, che uscirà così dal calderone della perequazione orizzontale. Le quote sono le seguenti:
- 79.622.195 euro nel 2026;
- 69.622.195 euro nel 2027;
- 57.622.195 euro nel 2028.
Il governo precisa che non si tratta di stanziamenti aggiuntivi, ma di una più equa ripartizione delle risorse, finalizzata a “tenere conto del particolare rilievo riconosciuto alla stessa dalla Costituzione”. In cambio, l’Agenzia delle Entrate dovrà trattenere una quota di Imu di poco più di 217 milioni destinata ad alimentare il Fondo.
Gualtieri: “Risultato che salvaguarda le risorse”
Una vittoria politica chiara per il sindaco Roberto Gualtieri, che da sempre ha battuto questo chiodo, rivendicando per Roma uno status giuridico e finanziario speciale. In una dichiarazione alla stampa ha affermato:
È un risultato importante, frutto di un lavoro condiviso, che riconosce il ruolo della Capitale e ne salvaguarda le risorse contribuendo a rafforzare l’equilibrio complessivo del sistema dei Comuni e il percorso per l’attuazione del federalismo fiscale.
Gli altri emendamenti per le regioni
Il provvedimento si inserisce in un pacchetto più ampio di interventi a favore degli enti territoriali. Oltre alla riforma per Roma, si prevede uno stanziamento per le Regioni a statuto speciale e le province di Trento e Bolzano, per un totale di 250 milioni di euro:
- 200 milioni saranno distribuiti nel biennio 2026-2027;
- un ulteriore trasferimento da 50 milioni nel 2028.
Inoltre, la Legge di Bilancio recepirà l’intesa già raggiunta con la Regione Sardegna. L’accordo prevede il trasferimento di risorse per 100 milioni di euro annui, destinati specificamente al 2026 e al 2027. Questi fondi hanno l’obiettivo di compensare, almeno in parte, gli extracosti dovuti agli svantaggi di essere un’isola.