Superata la metà del 2025, l’economia italiana appare in salute. Lo ha rivendicato il vicepremier Matteo Salvini, citando spread, Pil, occupazione e Borsa per chiedere “più coraggio” nella prossima legge di Bilancio e rilanciare l’idea della rottamazione quinquies.
Nello stesso giorno, la World Bank ha certificato un sorpasso storico: con 60.847 dollari di Pil pro capite, l’Italia ha superato il Regno Unito (60.620 dollari), risultato che non accadeva dal 1987. Un traguardo simbolico, legato però a dinamiche esterne più che a una crescita robusta. Ed è qui che nasce la domanda: le parole di Salvini descrivono davvero lo stato dell’economia italiana o sono letture parziali di dati favorevoli?
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Spread e rendimenti: il confronto con la Francia
Prendiamo punto per punto e proviamo a capire qual è lo stato di salute dell’economia italiana. Uno dei termometri più citati per discutere di stabilità economica è lo spread BTP-Bund. Salvini ha parlato di valori “vicini ai minimi termini” e i numeri, in effetti, gli danno ragione.
Ad agosto 2025 il differenziale tra titoli italiani e tedeschi a 10 anni oscilla intorno ai 78-80 punti base: un livello che non si vedeva dal 2016. Il confronto con la Francia aiuta a capire meglio il quadro. Come riporta Commerzbank, il differenziale Italia-Francia si è ridotto a circa 10 punti base e su alcune scadenze i BTP hanno addirittura rendimenti più bassi degli OAT francesi.
Il sorpasso racconta sia il miglioramento della posizione italiana, sia le maggiori difficoltà dei conti pubblici francesi. L’affermazione è vera, ma uno spread basso non significa che l’economia vada bene. Si tratta di un segnale di fiducia importante, perché i mercati percepiscono che il rischio sia più contenuto, ma non un segnale della crescita reale di un Paese. Sono tanti i fattori che incidono, come la politica monetaria, i confronti con altri Paesi come nel caso della Francia o le aspettative sui conti pubblici.
Pil italiano supera quello del Regno Unito?
Sì, il sorpasso c’è stato ed è un dato storico. Secondo i dati della World Bank, nel 2025 il Pil pro capite italiano ha raggiunto i 60.847 dollari, superando per la prima volta dal 1987 quello del Regno Unito, fermo a 60.620 dollari. Il risultato è piuttosto importante, tanto da aver fatto il giro di molti testate internazionali, ottenendo plausi e titoli che riconoscono il raggiungimento del dato come “simbolico” per un Paese che per decenni ha inseguito le grandi economie europee.
Il problema è che dovremmo parlare di “sorpasso di circostanza”. Infatti dietro il primato non c’è un’accelerazione della crescita italiana, che ha chiuso il secondo trimestre con un +0,4% tendenziale, appena sufficiente a mantenere il segno positivo. Il sorpasso è dovuto al rallentamento britannico:
- la disoccupazione è salita al 4,7%;
- la spesa per i sussidi sociali è aumentata;
- l’inflazione ha raggiunto il 4%.
È vero anche che la Gran Bretagna sta pagando interessi più alti dell’Italia e questo perché un quarto dei titoli di Stato britannici è indicizzato all’inflazione. L’analista Daniel Johnson scrive infatti che la cancelliera dello Scacchiere Rachel Reeves dovrebbe prendere appunti dal governo italiano, perché:
Meloni ha dimostrato che tagliare le tasse funziona.
E mentre in Italia esistono sacche di povertà, sempre secondo Johnson, in Gran Bretagna si sta allargando la dipendenza dall’assistenza sociale, un fenomeno visibile soprattutto in città come Birmingham, dove intere comunità rinunciano al lavoro. I dati quindi raccontano un primato per il Pil pro capite, ma non in termini di Pil totale, dove invece il Regno Unito continua ad andare meglio.
L’occupazione è ai massimi?
Tra i dati citati c’è quello dell’occupazione. Si tratta di un dato solido, confermato dall’Istat a giugno 2025. Infatti gli ultimi numeri parlano di un tasso di occupazione che ha raggiunto il 62,9%, il valore più alto mai registrato in Italia, con oltre 24,3 milioni di persone al lavoro. Allo stesso tempo il tasso di disoccupazione è sceso al 6,3%, il minimo dal 2008.
Dati positivi che raccontano la tenuta del mercato del lavoro in un contesto europeo molto più fragile rispetto al passato. C’è però da notare che la crescita è trainata soprattutto dagli over 50, mentre l’occupazione giovanile continua a restare un problema. Altro dato da tenere in considerazione è che occupazione non significa per forza stabilità. Vanno analizzati i tipi di contratto che segnano l’occupazione, per la maggior parte contratti a termine e part-time involontari, le cui vittime principali sono proprio donne e giovani.
Borsa ai massimi: un altro segnale di fiducia
Anche sul fronte dei mercati azionari l’Italia può vantare dei record. L’indice FTSE MIB ha infatti superato in agosto la soglia dei 43.000 punti, toccando i livelli più alti dal 2007.
Un risultato che riflette la fiducia degli investitori, alimentata dal calo dello spread e dall’aspettativa di una politica monetaria europea più accomodante.
Ma come accade per lo spread, anche i massimi della Borsa non equivalgono a un boom dell’economia reale. A trainare l’indice sono soprattutto i titoli bancari e dell’energia, più sensibili alle oscillazioni dei mercati internazionali che alle dinamiche interne.
Nel complesso, quindi, le affermazioni di Matteo Salvini non sono sbagliate, ma non corrispondono a un’economia in crescita. Si può parlare sì di “buona salute” e stabilità, ma questa rischia di essere stagnante. A fronte di questi problemi strutturali, nascosti tra i dati letti e interpretati in chiave positiva, parlare di scelte politiche impegnative per la legge di Bilancio è forse prematuro. Osare sì, ma quando si ha la sicurezza di poter vincere.