Resta alta l’attenzione sul Monte dei Paschi di Siena, in vista della vendita di una quota da parte del Tesoro, che continua a destare un certo interesse in ambito finanziario. Una settimana fa si parlava della vendita di una quota dell’8%, oggi dell’interesse che diverse banche d’affari hanno per l’operazione, ma la privatizzazione sembra destinata a concretizzarsi più un là nel tempo.
I rumors di vendita dell’8%
Una settimana fa si parlava della cessione di una quota dell’8% entro i primi giorni di ottobre. L’indiscrezione, avanzata da Il Messaggero, parlava della vendita di un pacchetto dell’8%, che avrebbe portato la quota del MEF al 56%, e della nomina di Equita SIM quale adviser dell’operazione. Secondo il quotidiano, infatti, le analisi dei tecnici del Tesoro avevano accertato che la cessione di una quota inferiore al 10% avrebbe potuto essere assorbita agevolmente dal mercato, senza provocare turbolenze sul titolo. Ma su queste voci a scorsa settimana le azioni MPS sono scivolate di circa il 6%.
Ora, stando a quanto riferito da Milano Finanza, vi sarebbero almeno una ventina di banche d’affari interessate a seguire la privatizzazione dell’Istituto, che in ogni caso dovrà verificarsi entro giugno 2024, in base agli accordi presi con la UE. Fra gli Istituti interessati ad un mandato si fanno i nomi di Citi, Bofa, Ubs fra quelli esteri ed Equita e Mediobanca fra le banche d’affari italiane.
Cosa blocca la vendita
Sebbene le voci di una cessione di una quota più o meno grande si rincorrano a cadenza regolare, appare al momento improbabile che l’operazione possa concretizzarsi a brevissimo. Uno di fattori che frena l’operazione è la sottovalutazione del titolo, che tratta oggi ad un prezzo inferiore del 30% circa ai valore assegnato dagli analisti, in base alla situazione attuale e prospettiva dell’Istituto senese, e quindi il MEF si troverebbe a svendere la sua quota. C’è poi la questione del partner industriale che dovrebbe entrare nel capitale della banca: Unicredit sembra essersi definitivamente chiamata fuori, ma anche Banco BPM e BPER non sembrano per nulla intenzionate ad entrare. Eppure l’Ad di MPS Luigi Lovaglio è tornato a parlare di consolidamento qualche giorno fa, affermando che “è qualcosa che il mercato deve aspettarsi in prospettiva”, perché una “dimensione europea” è importante per una banca italiana per “creare business” e per “competere con la concorrenza internazionale”.
Per la privatizzazione c’è tempo
Proprio scorsa settimana, mentre circolavano i rumors di cessione di una quota di MPS, il Tesoro ha smentito l’operazione, affermando che “non c’è nessuna fretta da parte del governo e del Tesoro di privatizzare”. “Qualsiasi operazione sulla quota del 64,2% della banca in mano pubblica – hanno spiegato fonti del MEF – verrà fatta nel momento migliore, allo scopo di valorizzare al meglio la partecipazione e garantire il perseguimento dell’interesse pubblico”.
Ma non troppo
Posto che per la cessione della maggioranza di MPS c’è tempo, l’orizzonte non potrà andare oltre il mese di giugno 2024, scadenza concordata con la Ue per la privatizzazione conseguente al salvataggio. Una data che incombe perché il tempo vola. La vicenda di MPS poi si intreccia anche con la Manovra, povera di risorse che andranno rimpinguate con un piano di dismissioni, fra cui c’è proprio Montepaschi.