Allo scadere della mezzanotte, il sipario è calato sulla fase di rilancio per l’assegnazione degli impianti siderurgici dell’ex Ilva. Adolfo Urso, ministro delle Imprese e del Made in Italy, ha descritto l’operazione come uno snodo per il futuro della siderurgia italiana ed europea. Ecco chi vuole prendere l’ex Ilva.
Tre rilanci per l’ex Ilva, Baku rimane in testa
I Commissari Straordinari hanno ricevuto tre rilanci: Baku Steel Company Cjsc con Azerbaijan Investment Company Ojsc, Jindal Steel International e Bedrock Industries Management Co Inc. Tutti e tre i contendenti hanno deciso di rilanciare entro la scadenza delle 24, portando la competizione a un livello più acceso. Nessuna mossa da Bedrock Industries Management Co Inc, che ha preferito restare alla finestra senza ritoccare la propria proposta iniziale.
I rilanci e la sfida tra i tre contendenti
Bedrock, Jindal e Baku hanno presentato nuove offerte entro il limite imposto, con l’ultima proposta aggiornata arrivata sul filo di lana poco prima della scadenza di mezzanotte. Gli azeri, forti delle loro risorse energetiche e della solidità dell’alleanza con Azerbaijan Investment Company, partono in vantaggio rispetto agli altri due concorrenti. Una mossa che non stupisce: il fondo americano, più avvezzo ai giochi finanziari che alla polvere degli altoforni, aveva già dato segnali di scarso interesse. Restano in gara due giganti dell’acciaio, pronti a contendersi lo stabilimento con proposte che potrebbero ridisegnare il futuro della siderurgia italiana.
Già prima dell’ultimo giro di rilanci, il gruppo azero aveva sfoderato un assegno da un miliardo di euro, ripartito tra magazzino e impianti, con la promessa di blindare 7.800 posti di lavoro per almeno due anni. L’ultima mossa ha ulteriormente rafforzato la sua candidatura, mettendo pressione sulla concorrenza.
Lavoro e investimenti ambientali al centro della partita
Il nodo occupazionale è un macigno sulla trattativa. Diecimila dipendenti, 1.700 in cassa integrazione e il timore di un ridimensionamento spingono il Governo a manovre prudenti. Chi metterà le mani sull’ex Ilva dovrà garantire stabilità, ma anche gestire la rivoluzione verde: l’addio agli altiforni in favore di impianti elettrici è scritto nel futuro della siderurgia, con tutto ciò che ne consegue in termini di investimenti e riorganizzazione.
Il ruolo strategico del gas azero
Baku Steel cala il jolly del gas azero, una mossa che può cambiare gli equilibri nella partita dell’acciaio. L’Azerbaijan rifornisce l’Italia tramite il gasdotto Tap, elemento che può fare la differenza nella corsa alla decarbonizzazione dell’industria. Disporre di una fonte energetica affidabile e conveniente potrebbe rendere l’acciaieria di Taranto un laboratorio perfetto per la nuova era dell’acciaio.
Prossime mosse e strategie in campo
I Commissari Straordinari si prendono qualche giorno per passare al setaccio le offerte e girare il verdetto al Ministero delle Imprese e del Made in Italy. Dopo un’attenta valutazione, si passerà alla fase decisiva del negoziato, con un confronto esclusivo tra il miglior offerente e i commissari. Si valuterà non solo l’aspetto economico, ma anche gli impegni su occupazione e transizione energetica.
Non è escluso che il vincitore possa decidere di cedere a terzi alcuni asset non strategici, seguendo le indicazioni del piano industriale. Il Governo accelera, ma non senza difficoltà. La partita ex Ilva si gioca su più tavoli, con pressioni sindacali, vincoli ambientali e il peso di una filiera strategica da tutelare. Sul fronte politico, il dossier è un test per la tenuta dell’esecutivo, chiamato a bilanciare le esigenze industriali con quelle sociali. Intanto, circolano voci su un possibile intervento pubblico per agevolare la transizione, magari attraverso una partecipazione temporanea in stile Invitalia. Un’ipotesi che potrebbe smussare le resistenze e rendere più digeribile l’operazione agli occhi di Bruxelles.