Il reddito delle famiglie italiane crolla, colpa dell’inflazione: i dati

Nel 2023, il reddito delle famiglie italiane è calato del 6% rispetto al 2008, colpito dall’inflazione, mentre l’Ue registra un aumento complessivo

Foto di Francesca Secci

Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 3 Settembre 2024 14:58

L’anno 2023 si è chiuso con una doccia fredda per le famiglie italiane: il loro reddito disponibile reale lordo ha subito una brusca frenata, arretrando a un livello che si colloca oltre sei punti percentuali sotto quello del lontano 2008. La causa è un’inflazione che ha continuato a galoppare, erodendo il potere d’acquisto.

Eurostat, attraverso il suo “Quadro di valutazione sociale”, ha scattato una fotografia impietosa della situazione economica italiana, confermando che la stretta dei prezzi ha lasciato il segno sulle finanze delle famiglie.

Reddito disponibile reale lordo in Italia e in Europa

In Italia, il reddito disponibile reale lordo delle famiglie è sceso a 93,74 punti nel 2023, in calo rispetto ai 94,15 punti del 2022. Questo significa che le famiglie italiane hanno visto un ulteriore ridimensionamento del loro potere d’acquisto. In confronto, la media europea è salita a 110,82 punti, partendo da 110,12 punti nel 2022. Questo dato mette in luce un’Italia sempre più distanziata rispetto alla media UE.

Guardando oltre i confini nazionali, il reddito delle famiglie italiane resta al palo rispetto a quello degli altri grandi Paesi europei. Mentre la Germania e la Francia hanno non solo recuperato, ma superato i livelli del 2008, l’Italia rimane arenata, con numeri che la posizionano appena sopra la Grecia. Il quadro generale europeo, con una media che sale a 110,82 punti, evidenzia quanto il nostro Paese stia ancora pagando il prezzo di una crisi che sembra non voler mollare la presa.

Disoccupazione in calo, ma il divario resta

Nonostante il quadro fosco del reddito, sul fronte del lavoro si registrano segnali contrastanti. L’occupazione nella fascia tra i 20 e i 64 anni ha segnato un aumento, toccando il 66,3% nel 2023, in crescita rispetto al 64,8% dell’anno precedente. Questa ripresa, che si pone al di sopra della media europea, potrebbe sembrare un motivo di sollievo, ma in realtà l’Italia continua a rimanere fanalino di coda nel confronto con gli altri Paesi dell’Unione. La crescita di 1,5 punti percentuali è infatti insufficiente a colmare il divario con il resto d’Europa.

Anche sul fronte della disoccupazione ci sono stati progressi, con una riduzione dall’ 8,1% al 7,7%. Tuttavia, il quadro generale non consente grandi celebrazioni. In Europa, il tasso medio di disoccupazione è sceso al 6,1%, e l’Italia continua a mantenere una distanza importante. Se da un lato la disoccupazione cala, dall’altro la distanza dagli standard europei resta ampia.

Tra le poche notizie incoraggianti c’è la riduzione dei Neet, quei giovani che non lavorano e non studiano, la cui percentuale è scesa al 16,1%, toccando il punto più basso dal 2009. Nonostante questo dato rappresenti una boccata d’ossigeno, la media europea rimane ancora una volta lontana, con un 11,2% che pone l’Italia ancora una volta sotto la lente di ingrandimento per quanto riguarda l’integrazione dei giovani nel mercato del lavoro.

Povertà lavorativa e istruzione: luci e ombre

Sul versante della povertà lavorativa, si osserva una riduzione al 9,9%, in calo rispetto all’11,5% del 2022. Questo calo rappresenta un dato confortante, ma è impossibile ignorare che l’Italia è ancora distante dalla media europea, fissata all’8,3%.

Nell’ambito dell’istruzione, il tasso di abbandono scolastico è sceso al 10,5%, un miglioramento rispetto agli anni precedenti. La media Ue, ferma al 9,5%, ci ricorda che c’è bisogno di colmare anche questo divario.