Balneari, Salvini vuole il decreto Indennizzi entro fine marzo

Il decreto Indennizzi per le concessioni è atteso entro marzo. Governo, Ue e balneari sono divisi su compensazioni, investimenti e gare da bandire entro il 2027

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Francesca Secci

Giornalista

Giornalista pubblicista con esperienza in redazioni rilevanti, è specializzata in economia, finanza e geopolitica.

Pubblicato: 21 Marzo 2025 07:59

Le concessioni demaniali marittime continuano a essere una grana irrisolta tra Roma e Bruxelles. Mentre la stagione estiva dovrebbe già essere in fase di progettazione, i balneari si ritrovano ancora una volta senza certezze. Al centro della questione c’è la direttiva Bolkestein, con i bandi da avviare entro il 2027, e soprattutto il nodo degli indennizzi per chi sarà costretto a lasciare.

Salvini promette un decreto entro fine marzo. La Commissione europea, però, non gradisce compensazioni troppo generose. Intanto Comuni e Regioni aspettano indicazioni per scrivere bandi che non finiscano dritti davanti al giudice amministrativo. In questo scenario si è tenuto ieri un nuovo incontro tra il ministro e i rappresentanti del settore.

Il nodo degli indennizzi e la scadenza del 31 marzo

La Commissione europea continua a spingere per l’applicazione della direttiva Bolkestein, che impone l’obbligo di rimettere a gara le concessioni balneari. Come ha dichiarato il ministro:

Adesso c’è l’Europa che, mentre ci sono temi più importanti, da Trump a Putin a Zelensky alla pace, vuole correre sulla vendita o svendita dice qualcuno delle spiagge.

Uno dei nodi principali riguarda il trattamento economico per chi lascerà la concessione: un’indennità che, se troppo generosa, rischia di scoraggiare nuovi operatori e compromettere la concorrenza. I tecnici europei insistono sul fatto che debbano essere considerati solo gli investimenti recenti e non ancora recuperati, escludendo qualsiasi riferimento al valore dell’impresa o dell’avviamento commerciale.

Il punto centrale resta la tutela economica per chi potrebbe perdere l’accesso alle concessioni storiche. Il provvedimento sugli indennizzi per gli operatori dovrebbe essere varato entro fine mese, come assicurato Matteo Salvini:

Sto lavorando con i balneari affinché ci siano degli indennizzi per chi smetterà di fare la sua attività. Entro il 31 marzo devo firmare il decreto Indennizzi e voglio che ci sia un trattamento giusto per chi entra e per chi va avanti a fare il suo lavoro.

Nuovo confronto al Mit: focus su investimenti e criteri di calcolo

All’ultimo tavolo al Mit, Matteo Salvini ha messo sul piatto le proposte arrivate dalla consultazione sul decreto Indennizzi, tenendo un occhio sulle note inviate da Bruxelles e l’altro sulle scadenze che incombono.

Si è parlato di compensi da definire per chi dovrà lasciare la concessione: il cuore della questione resta il rimborso per gli investimenti non ancora recuperati, in particolare quelli degli ultimi cinque anni. In ballo anche la revisione dei canoni, da adattare al valore turistico reale dei singoli tratti di costa.

Il Ministero vuole evitare che ogni Comune si inventi la propria procedura e promette alle amministrazioni locali un vademecum unico. Niente più regole fai-da-te. Confermato anche il rispetto delle coordinate fissate dal decreto Salva-infrazioni. Regioni e Comuni saranno coinvolti presto per uniformare i bandi e limitare le improvvisazioni.

Le richieste del settore: rivalutazione degli asset e nuova determinazione dei canoni

Per Antonio Capacchione, numero uno del Sindacato Italiano Balneari, la giungla normativa e le ricadute della pandemia hanno paralizzato gli investimenti. Chiede che gli stabilimenti possano ricalcolare i propri beni entro fine 2025, ma solo per fini contabili e senza scucire un euro al fisco.

Secondo lui, chi lascia dovrebbe vedersi riconosciuto anche l’avviamento e l’intero valore aziendale legato alla concessione, perché tutto ruota intorno a quello. Quanto ai canoni, ritiene che serva una riscrittura radicale: non un semplice aggiornamento, ma una revisione tarata sul valore turistico effettivo della zona, con le Regioni a gestire il bottino e vincolo d’uso per proteggere il litorale.

Divergenze con Bruxelles sui criteri di valutazione

L’Italia vuole tenere dentro tutto: avviamento, valore d’impresa, anche ciò che è stato investito dieci anni fa. L’Europa risponde con il righello in mano: si calcola solo ciò che è stato speso negli ultimi cinque anni e che non è ancora stato recuperato. Tutto il resto è fuori partita. Marchi, brevetti, baracche improvvisate o prefabbricati smontabili: tutto fuori dalla contabilità, a meno che non siano beni già passati allo Stato e davvero utili a tenere in piedi l’attività.

Chi subentra deve mettere mano al portafogli prima ancora di aprire l’ombrellone: niente versamento, niente concessione. E il 20% va anticipato, come pegno d’ingresso. Per chi esce, c’è la possibilità di farsi valutare da un tecnico giurato.