Il tribunale del riesame ha depositato le motivazioni della sentenza con cui il 12 agosto scorso ha annullato la misura degli arresti domiciliari in via cautelare per l’architetto Alessandro Scandurra, ex componente della Commissione Paesaggio del Comune di Milano, coinvolto nell’inchiesta sull’urbanistica del capoluogo lombardo. Al loro interno diverse osservazioni che attaccano duramente l’impianto accusatorio della procura.
I giudici hanno accusato i Pm e il Gip di non aver dimostrato in nessun modo il legame di corruzione che avrebbero scoperto tra Scandurra e gli imprenditori edili milanesi. L’unico reato rilevato, l’abuso d’ufficio, non esiste più da un anno.
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Il riesame smonta l’inchiesta sull’urbanistica
Le parole con cui il riesame giustifica l’annullamento dei domiciliari per Scandurra sono un attacco diretto all’inchiesta sull’urbanistica a Milano. I Pm e il Gip, secondo i giudici, non hanno dimostrato abbastanza per giustificare gli arresti:
Non si comprende sulla scorta di quali evidenze il Gip abbia ritenuto che gli incarichi di progettazione siano stati affidati a Scandurra in ragione della sua funzione pubblica e non dell’attività di libero professionista. A diverse conclusioni potrebbe giungersi laddove fosse stato dimostrato il patto corruttivo, ma come detto, ciò non è avvenuto.
I giudici hanno anche attaccato direttamente l’impianto accusatorio, definendo la semplificazione argomentativa dei Pm “svilente” e il quadro presentato “confuso“. Non sarebbe possibile capire se effettivamente Scandurra avesse o meno una rete di imprenditori da cui si faceva corrompere.
Chi è Scandurra e perché la sua posizione è importante
L’architetto Alessandro Scandurra è una figura centrale all’interno dell’inchiesta sull’urbanistica a Milano. Da membro della Commissione Paesaggio, sarebbe stato uno dei punti di contatto tra i corruttori, gli imprenditori edili milanesi, e i corrotti, le istituzioni locali.
Secondo l’indagine, Scandurra:
- avrebbe ricevuto incarichi personali dalle società edili mentre era membro della Commissione Paesaggio;
- sarebbe stato corrotto dalle aziende stesse tramite fatture per consulenze false
- si sarebbe astenuto dal voto nella Commissione, favorendo i suoi corruttori.
Il tribunale del riesame ha però ribattuto a ogni accusa, sottolineando che nessuna delle tesi della procura è sostenuta da prove concrete:
- gli incarichi di Scandurra erano stati ricevuti in veste di libero professionista;
- la fattura contestata come falsa è risultata vera ed equa per il lavoro svolto dall’architetto;
- l’astensione, anche se fosse derivata da corruzione, sarebbe abuso d’ufficio, che da un anno non è più reato.
L’astensione del solo Scandurra, fanno inoltre notare i giudici, non sarebbe stata sufficiente per garantire le approvazioni della Commissione Paesaggio, che è un organo collegiale formato da 11 persone.

Ridimensionate anche le chat
Anche le chat, trapelate alla stampa e presentate come una delle prove più importanti a sostegno dell’accusa, sono state duramente criticate come prove dal tribunale del riesame. I giudici hanno trovato il contenuto privo di valore al fine di sostenere le tesi della procura contro gli indagati:
Il tribunale trova piuttosto disadorno il contenuto [delle chat, ndR]: in nessuno dei messaggi si palesa alcuna sollecitazione da parte dei privati affinché Scandurra si adoperasse a coltivare adeguatamente il loro interesse.