La magistratura torna ad accendere i fari sulla filiera della moda italiana: dopo le vicende che hanno riguardato Armani, Dior, Valentino Bags Lab, Loro Piana, Alviero Martini e Tod’s, tocca ora ad altri tredici brand.
La Procura di Milano indaga oggi su possibili episodi di caporalato che potrebbero avere interessato le filiere di D&G, Prada, Gucci, Versace, Missoni, Ferragamo, YSL, Givenchy, Pinko, Coccinelle, Adidas, Alexander McQueen Italia e Off-White Operating.
Indice
Caporalato, accertamenti su 13 brand di moda
Nessuno fra i manager delle aziende in questione è indagato: il pm di Milano Paolo Storari sta richiedendo una imponente mole di documentazione per verificare il funzionamento dei loro sistemi di controllo, gli standard di sicurezza e la legalità della catena di fornitori e subfornitori.
Da una parte l’obiettivo è quello di accertare il quadro indiziario che sarebbe emerso dalle prime indagini, per verificare se ci siano stati episodi di caporalato nella filiera, e dall’altra parte si punta a capire se i manager delle aziende fossero effettivamente a conoscenza delle varie situazioni.
Per questo i carabinieri del Nucleo Ispettorato del Lavoro, su mandato della Procura, stanno acquisendo tutta “la documentazione”, in particolare quella sui “sistemi di controllo” sulla catena di appalti e subappalti nella produzione. La richiesta comprende, fra le altre cose:
- visure camerali;
- contratti e organigrammi aziendali;
- verbali dei CdA e dei collegi sindacali da gennaio 2023;
- piani di audit e monitoraggio;
- sistemi di controllo sui fornitori;
- bilanci finanziari e di sostenibilità 2023–2024;
- elenchi completi di fornitori e subfornitori, con dettagli su volumi e percentuali.
La richiesta di documentazione viene definita dagli stessi inquirenti come “spontanea” e serve a evitare, almeno in questa fase, decreti di perquisizione o contestazioni immediate.
A spingere la Procura a rivolgersi a questi 13 marchi sono stati gli esiti di precedenti accessi ispettivi in opifici di diverse regioni, soprattutto in Lombardia, Toscana e Marche, dove sono stati rinvenuti (nelle varie situazioni e con diverse gradazioni di gravità per i vari brand):
- manodopera di etnia cinese e, più recentemente, anche pakistana;
- condizioni di pesante sfruttamento;
- lavoratori sottopagati, senza contributi, senza straordinari;
- turni fino a 12 ore al giorno;
- dormitori-laboratori;
- assenza di sistemi di protezione e formazione;
- ambienti insalubri, vie di fuga ostruite, uso non controllato di sostanze chimiche.
Nel dettaglio, secondo gli accertamenti, emergono (come riporta l’agenzia La Presse):
- 36 lavoratori sfruttati per la filiera di Dolce & Gabbana;
- 27 per Ferragamo;
- 19 per Alexander McQueen;
- 19 per Givenchy Italia;
- 17 per Versace;
- 12 per Guccio Gucci;
- 11 per Adidas;
- 11 per Pinko;
- 11 per Prada;
- 11 per Coccinelle;
- 11 per YSL Manifatture;
- 9 per Missoni;
- 9 per Off-White Operating.
Che cosa rischiano i brand della moda
In caso di colpevolezza, l’indagine segue due possibili binari. L’amministrazione giudiziaria, a norma del Testo unico antimafia, scatta quando la Procura ritiene che l’azienda non abbia controllato adeguatamente la filiera. Non è un’accusa penale diretta di sfruttamento, ma un sistema di commissariamento temporaneo finalizzato alla bonifica della catena dei fornitori. Poi c’è l’accusa di caporalato a norma della legge 231, che richiede un coinvolgimento diretto, o una responsabilità di vertice, nell’utilizzo di manodopera sfruttata e può portare a processi penali e a pesanti sanzioni, oltre che a un durissimo colpo reputazionale inflitto ad aziende che vivono grazie alla suggestione della propria aura.
Ultimi sviluppi del caso Tod’s
La vicenda che riguarda i tredici brand di moda e sportswear si trova ancora nella fase di acquisizione documentale, mentre il caso Tod’s si trova invece in una fase avanzata e delicata.
“Il nostro è un gruppo rispettato nel mondo, facciamo dei valori etici una bandiera. Non siamo quelle porcheriole. Il pm Paolo Storari venga a vedere le nostre aziende”, aveva detto a caldo Diego Della Valle in una conferenza stampa il 10 ottobre. Poi è arrivato il cambio di approccio, con il gruppo di Della Valle che ha annunciato il potenziamento dei presidi di legalità, ottenendo il rinvio dell’amministrazione giudiziaria.
A novembre la Procura aveva chiesto all’ufficio del gip la misura interdittiva consistente nel vietare per 6 mesi all’indagata società di Diego Della Valle di fare la pubblicità dei prodotti, divieto proposto dal pm Paolo Storari con l’esigenza di arginare “la cecità intenzionale di Tod’s” in merito allo “sfruttamento di manodopera in stato di bisogno”, come 53 cinesi in 6 opifici di fornitori e subfornitori a Milano, Vigevano e Macerata.
I legali di Tod’s hanno chiesto al gip Domenico Santoro di aspettare a decidere sulla richiesta del pm così da “attendere il completamento delle attività, attualmente in corso di implementazione e esecuzione da parte di Tod’s, di rafforzamento del complessivo sistema di controllo della filiera produttiva in tutti i suoi aspetti”. L’udienza è stata così rinviata dal gip Santoro al 23 febbraio.
Tod’s oggi annuncia la piena volontà di collaborare e “prende atto di quanto emerso dalle verifiche della Procura, ed esprime la ferma intenzione di fare tutto quanto in proprio potere per garantire la sicurezza e dignità del lavoro, valori che Tod’s ritiene da sempre parte del proprio Dna”, viene reso noto tramite una nota.
La società di Della Valle rimarca di aver già interrotto i contratti con gli appaltatori e annuncia “l’adozione di una nuova release del modello organizzativo“, “un aggiornamento dei codice etico, del codice di condotta dei fornitori, e della procedura laboratori/terzisti”, “l’istituzione di una nuova funzione aziendale di Technical Compliance per assicurare la piena aderenza ai requisiti normativi, etici e ambientali”, “l’avvio di un nuovo ciclo di formazione obbligatoria per tutto il personale da gennaio 2026″ e “l’affidamento al consulente Accuracy di un incarico di valutazione e rafforzamento del sistema dei presidi” della filiera.