Il governo Meloni ha reso noto il metodo studiato per riuscire a rafforzare la situazione delle casse dello Stato. Si tratta di una tassa una tantum per quelli che sono gli extraprofitti delle banche italiane. Una mossa che sta facendo molto discutere e che potrebbe avere serie ripercussioni non soltanto sul fronte degli investitori. Se è vero che Piazza Affari ha subito “suonato l’allarme”, ciò di cui ci occuperemo di seguito è il prospetto eventuale dei cittadini che hanno acceso un mutuo. Prima di tutto, però, è fondamentale spiegare che cosa si intenda per extraprofitti bancari.
Cosa sono gli extraprofitti
Con l’espressione extraprofitti si intende una crescita improvvisa degli utili, generata nella maggior parte dei casi da eventi straordinari. Non si fa riferimento, dunque, a meriti aziendali. Principalmente si tratta di veri e propri bonus garantiti da situazioni di mercato.
Nel caso specifico delle banche, occorre guardare all’aumento dei tassi operato dalla BCE nel corso dell’ultimo anno. Si è registrato un incremento dei costi del denaro tanto per le famiglie quanto per le imprese. Il sistema che si mette in movimento è il seguente: gli istituti bancari acquisiscono fondi dai clienti con prezzi minimi. Operano poi in ambito prestiti a imprese e privati, attuando dei tassi più alti, con una media del 4,25%. Una differenza che genera un notevole margine, stimato al 40% (75% nel caso delle banche principali, ora nel mirino del governo, ndr).
Tassa sugli extraprofitti: situazione mutui
È inevitabile che la scelta del governo di Giorgia Meloni di proseguire con il piano della tassazione una tantum sugli extraprofitti delle banche avrà delle conseguenze. Sul fronte mercato, che sappiamo quanto sia suscettibile ai minimi mutamenti, ciò sta già accadendo. Cosa dire invece del mondo reale? Quello in cui le persone hanno dei mutui da saldare, ad esempio.
Stando alle prime valutazioni, il gettito che il governo potrebbe ragionevolmente attendersi si aggira intorno ai 2-3 miliardi di euro. Ci si attende, però, che il mondo della politica tenga in considerazione gli effetti delle proprie scelte.
Stando a quanto riportato dal Corriere della Sera, infatti, le nuove norme potrebbero far aumentare il costo dei mutui di nuova accensione. Di fatto, spiegato nella maniera più elementare possibile, le banche potrebbero decidere di far ricadere sulla clientela il costo della nuova tassa, di fatto provando ad azzerarne l’impatto (cosa impossibile in toto, ma il tentativo di limitare i danni avrà un effetto enorme sulle famiglie, ndr).
Si prevede un possibile aumento dello 0,5% del costo dei prestiti delle imprese e dei nuovi mutui. Ma numericamente, in termini economici, in cosa si traduce tutto questo? Basti pensare che un mutuo medio a tasso variabile, stipulato a gennaio 2022, costringe oggi a sborsare 2.300 euro in più ai cittadini, ciò a causa dell’aumento dei tassi della BCE. A luglio 2024, invece, la quota dovrebbe toccare quota 5.300 euro in più.
C’è però una notizia positiva in questo scenario. Qualora le banche decidessero di operare come detto, ovvero rifacendosi sulla clientela, è certo che la tassa voluta dal governo non andrà a impattare i mutui in essere, neanche quelli a tasso variabile.