Comprare casa, se il prezzo è inferiore al mutuo ci possono essere problemi

Secondo quanto stabilito da una recente sentenza della Cassazione, in caso di compravendita di immobili è contestabile il prezzo d’acquisto inferiore al mutuo

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Miriam Carraretto

Giornalista politico-economica

Esperienza ventennale come caporedattrice e giornalista, sia carta che web. Specializzata in politica, economia, società, green e scenari internazionali.

Pubblicato: 16 Agosto 2024 10:00

Avete comprato una casa a un prezzo più basso del mutuo che avete ottenuto? Attenzione, perché potreste avere dei seri problemi. Secondo quanto stabilito da una sentenza della Cassazione dello scorso 10 luglio, infatti, in caso di compravendita di immobili è contestabile il prezzo d’acquisto inferiore al mutuo. Questo non significa che non sia possibile farlo, ma che lo si può fare solo a determinate condizioni.

Vediamo di spiegare meglio cosa significa e cosa si rischia.

Cosa può succedere se il prezzo della casa è più basso del mutuo: il caso

Come spiega FiscoOggi, la rivista online dell’Agenzia delle entrate, in caso di contestazione da parte del Fisco di maggiori ricavi che derivino dalla vendita di un appartamento o di un altro immobile, se l’importo del mutuo erogato all’acquirente è superiore al prezzo di acquisto dell’immobile, questo basta a giustificare la rettifica dei corrispettivi dichiarati. È quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 18866 del 10 luglio 2024.

Anche se diminuiscono le compravendite, perché comprare casa in Italia è sempre più difficile per via dei prezzi sempre più alti, la sentenza arriva dopo il ricorso di una contribuente, socia accomandante di una società immobiliare, che ha impugnato davanti alla Commissione tributaria un avviso di accertamento che ha determinato un maggior reddito di partecipazione conseguente ad un avviso di accertamento emesso nei confronti della società partecipata.

L’avviso nasce da una verifica fiscale in seguito all’incongruenza tra le dichiarazioni rese dal legale rappresentante della società e la commissione intascata dall’agente immobiliare, e l’importo, molto superiore, dei mutui accesi in banca per l’acquisto. L’Agenzia delle entrate ha ritenuto non congrui i corrispettivi della vendita di questi immobili ceduti dalla società partecipata.

Il ricorso, che in primo grado era stato respinto, in secondo grado è stato accolto. L’Agenzia delle entrate ha quindi proposto ricorso in Cassazione. La Corte ha precisato che l’erogazione agli acquirenti di mutui di importo superiore al prezzo indicato nel rogito è sufficiente a giustificare la rettifica dei corrispettivi dichiarati, in misura corrispondente al prezzo pagato.

Cosa dice la sentenza della Cassazione

La Cassazione chiarisce che, in tema di accertamento induttivo del reddito d’impresa, l’accertamento di un maggior reddito derivante dalla cessione di beni immobili può essere fondato anche solo sull’esistenza di uno scostamento tra il minor prezzo indicato nell’atto di compravendita e l’importo del mutuo erogato, dal momento che non si verifica alcuna violazione delle norme in materia di onere della prova.

La Corte ha inoltre stabilito che la cosiddetta “presunzione semplice”, per la quale il corrispettivo versato per l’acquisto della casa non può essere inferiore all’importo del mutuo concesso dalla banca, è confermata dalle regole sul limite massimo di finanziabilità stabilito dal Comitato Interministeriale per il Credito ed il Risparmio (Cicr), secondo cui l’ammontare massimo dei finanziamenti di credito fondiario non può superare l’80% del valore dell’immobile oggetto di compravendita (ricordiamo che è possibile raggiungere il 100% di mutuo erogabile solo in presenza di determinate garanzie). Inoltre, la stessa posizione è rafforzata dalle regole poste dalla Banca d’Italia alle banche per concedere finanziamenti, regole la cui violazione danneggerebbe le banche stesse.

Nel caso specifico, la Cassazione ha evidenziato come, nella sentenza impugnata, non si chiarisca quali siano state le ulteriori spese sostenute dagli acquirenti tali da giustificare da parte delle banche l’erogazione di mutui per importi superiori ai limiti massimi consentiti, mentre il Fisco ha modulato la pretesa per i valori occulti tenendo conto dei parametri del Cicr.

In sintesi, nell’accogliere il ricorso dell’Agenzia delle entrate, la Corte di Cassazione ha ritenuto che la Commissione tributaria regionale non abbia applicato correttamente la disciplina civilistica, risultando troppo sbrigativa la valutazione dei fatti.

Mutui in Italia: qual è la richiesta media

Ma a quanto ammonta mediamente un mutuo per gli italiani? Stando ai dati 2023, nonostante un contesto generalmente negativo per l’accesso al credito – a causa di tassi piuttosto elevati e soprattutto per la rapidità con cui sono cresciuti in pochi mesi – le domande di nuovi mutui lo scorso anno hanno fatto registrare un record storico.

Crif ha rilevato una domanda di mutui da parte delle famiglie italiane in calo del 17,2% nel 2023 rispetto al 2022. Un dato che rappresenta la media tra il calo verticale dei nuovi mutui (-24%) e la maggiore tenuta delle surroghe (-5,2%). Questo perché – come spiega Mutuionline – di fronte a tassi fissi che per quasi tutto l’anno sono risultati meno dispendiosi di quelli variabili, in tanto hanno preferito rottamare il vecchio mutuo e accenderne uno nuovo caratterizzato da una rata costante per tutta la durata del finanziamento.

Ma di che cifre stiamo parlando? Secondo il Barometro 2023 di Crif, lo scorso anno l’importo medio richiesto per finanziare l’acquisto di una casa è stato pari a 144.659 euro, il livello più alto degli ultimi dieci anni. Cifre che non hanno precedenti in dieci anni di rilevazioni. Se poi si considera il solo mese di dicembre 2023, il dato medio è stato di 152.550 euro, del 5% superiore a quello dell’ultimo mese del 2021.

Anche nel 2023 quindi la fascia di importo preferita dalle famiglie italiane è quella compresa tra i 100mila e 150mila euro, pari al 29,5% del totale. A seguire, il segmento 150mila-300mila euro (l’hanno chiesto il 25,9% del totale degli italiani), mentre importi solo fino a 100mila euro sono stati richiesti da quasi il 40% delle persone.