“Utilizziamo gli insetti per creare eco imballaggi in bioplastica”

Intervista alla Professoressa Barbara Conti, autrice dello studio, che illustra i risultati del progetto Prima Fedkito, coordinato dall'Università di Pisa. Sperimentata anche l'aggiunta di biosensori per controllare la presenza di contaminanti

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Alessandro Mariani

Giornalista

Nato a Spoleto, dopo una laurea in Storia e una parentesi in Germania, si è stabilito a Milano. Ha avuto esperienze in radio e in TV locali e Nazionali. Racconta la società, con un focus sulle tematiche ambientali.

Pubblicato: 6 Gennaio 2024 16:00

Insetti per creare plastica biodegradabile? Può sembrare futuristico, se non impossibile, invece  è il risultato dello studio PRIMA Fedkito, coordinato dall’Università di Pisa. I ricercatori hanno creato dei nuovi imballaggi alimentari, studiando il potenziale di un materiale innovativo, il chitosano, ottenuto dall’esoscheletro delle mosche soldato, e degli oli essenziali. Un ulteriore salto di qualità è stato raggiunto attraverso l’integrazione di biosensori, ponendo le basi per un controllo avanzato della presenza di contaminanti nei materiali. In questa intervista, la Professoressa Barbara Conti, autrice dello studio, ci guida attraverso le fasi di questa ricerca rivoluzionaria, che potrebbe cambiare il modo in cui concepiamo gli imballaggi alimentari e affrontiamo le sfide della sostenibilità ambientale.

Professoressa Conti, qual è l’aspetto più innovativo del progetto PRIMA Fedkito?

Il nostro percorso di ricerca ha avuto inizio nel 2018, quando abbiamo deciso di esplorare un’idea innovativa. In quel periodo pochi discutevano degli argomenti su cui ci stavamo concentrando, rendendo la nostra iniziativa un’assoluta novità. Fin dall’inizio, sapevamo delle proprietà antimicrobiche del chitosano e delle attività insetticide e antimicrobiche degli oli essenziali. Queste erano conoscenze consolidate. L’ispirazione per il nostro progetto è nata dall’idea di unire queste due conoscenze già acquisite e valutare la possibile sinergia tra di esse.

All’epoca, il dibattito sui biosensori era limitato, ma abbiamo deciso di integrarne diversi nel nostro progetto. Questi sensori contribuiscono a completare il nostro packaging composto da chitosano e olio essenziale. Quello che rende la nostra ricerca innovativa è la capacità di pensare a queste due componenti insieme, creando un approccio integrato e avanzato. In sintesi, il nostro obiettivo era unire conoscenze esistenti in un modo nuovo e efficace.

Perché sono innovativi questi eco-imballaggi?

Gli eco-imballaggi sono realizzati con chitosano, una sostanza naturale e biodegradabile ottenuta dalle pupe della mosca soldato nera, allevate su scarti organici della filiera alimentare. Questi imballaggi, disponibili in diverse forme come pellicole, vaschette e spray, sono stati progettati in base alle specifiche esigenze di conservazione per frutta, verdura, carne, formaggi etc. Il composto di cui stiamo parlando è estratto dalla chitina, una delle componenti fondamentali dell’esoscheletro di tutti gli artropodi, compresi i funghi. Fino a poco tempo fa, la chitina veniva estratta principalmente dai gusci dei gamberi e di altri crostacei che venivano processati. Tuttavia, a causa della diminuzione della viscosità del mare e dell’aumento della domanda di chitina e chitosano, questo materiale è diventato sempre più scarso.

Come avete risolto questo problema?

La nostra idea innovativa è quella di allevare insetti, in particolare la Mosca Soldato Nero (Hermetia illucens), per produrre la chitina. Questa mosca è straordinaria perché può essere allevata utilizzando materiali di scarto e rifiuti. È in grado di nutrirsi di una vasta gamma di sostanze, compresi gli escrementi e i liquami provenienti dagli allevamenti. L’importanza di questo approccio risiede nel fatto che, diversamente dall’allevamento tradizionale, non richiede la produzione di mangimi specifici, riducendo così il problema legato alla catena alimentare.

Inoltre, l’allevamento su materiali di scarto contribuisce all’ottica dell’economia circolare, in quanto la Mosca Soldato Nero contribuisce a degradare la spazzatura e gli scarti, rendendo possibile l’estrazione di chitosano come ulteriore beneficio dal processo. In questo modo, siamo in grado di ottenere un composto prezioso mentre gestiamo in modo sostenibile i rifiuti e promuoviamo l’ecologia ambientale.

In che modo gli  oli essenziali in questa ricerca?

Gli oli essenziali, oltre alle loro note proprietà insetticide e fungicide, hanno aggiunto un elemento interessante agli eco-imballaggi. Hanno non solo migliorato la protezione degli alimenti, ma anche offerto opportunità di differenziazione attraverso aromi unici. Ad esempio, lo spray al chitosano e pepe nero ha dimostrato di esaltare le caratteristiche organolettiche di prodotti come gli hamburger, fornendo un valore aggiunto dal punto di vista sensoriale.

 In che modo i biosensori sviluppati dall’Università di Bologna contribuiranno al miglioramento della sicurezza alimentare?

I biosensori rappresentano una tappa fondamentale verso imballaggi intelligenti. Essi consentono il monitoraggio in tempo reale della presenza di contaminanti, batteri e micotossine, garantendo la sicurezza del cibo confezionato. Questa innovazione non solo fornisce un livello aggiuntivo di sicurezza, ma può anche contribuire a ridurre gli sprechi alimentari, consentendo una valutazione più accurata della qualità del cibo.

Come si inserisce questo progetto nel contesto delle sfide alimentari globali, considerando la crescita demografica prevista?

Il punto cruciale è: entro il 2050 saremo una popolazione mondiale di 10 miliardi e le risorse alimentari non saranno sufficienti per tutti. Gli insetti rappresentano, dunque, una valida alternativa nella dieta umana, sostituendo la farina di insetti con la farina di grano o di altro tipo. Non sto affatto suggerendo che tutti dovrebbero mangiare insetti, poiché comprendo che potrebbe non essere una posizione accettata da tutti. Tuttavia, la realtà è che con una popolazione così numerosa l’ONU sta giustamente cercando fonti proteiche alternative. Gli insetti, da questo punto di vista, sono una fonte proteica eccezionale con numerose caratteristiche positive: sono ricchi di grassi omega-3, proteine, e la loro produzione non inquina, poiché si nutrono di scarti. Inoltre, le nuove generazioni, contrariamente a molte persone della mia generazione, sono aperte a quest’idea.

Siamo pronti a questa “rivoluzione”?

Le giovani generazioni sono sensibili alla necessità di esplorare alternative a fronte del crescente problema alimentare. Pertanto, è fondamentale diffondere l’idea che gli insetti possano essere una valida alternativa proteica. La chiave di volta, tuttavia, non è necessariamente mangiare insetti direttamente, ma potrebbero svolgere un ruolo importante come componente per mangimi animali. Questo cambiamento di prospettiva potrebbe rivoluzionare il modo in cui gestiamo le risorse alimentari. Attualmente, ci sono alcune aziende che allevano insetti, ma la quantità non è ancora sufficiente e questo è un settore che necessita di ulteriori sviluppi e investimenti per coltivare insetti su una scala adeguata, soprattutto considerando la vasta richiesta di mangimi necessaria per l’allevamento animale.