Sviluppo sostenibile, traguardi per il 2030: a che punto è l’Italia?

Nel nostro Paese aumentano le disuguaglianze economiche, sociali e ambientali. A scattare la fotografia è la terza edizione del Rapporto dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.

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Redazione

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Pubblicato: 4 Dicembre 2021 10:05Aggiornato: 5 Dicembre 2023 14:42

Sempre più Regioni, Province e Città metropolitane stiano pianificando le loro strategie per lo sviluppo sostenibile, eppure l’Italia è ancora lontana dal raggiungimento dell’Agenda 2030 dell’ONU. A scattare la fotografia l’edizione 2022 del Rapporto dell’Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile “I territori e gli Obiettivi di sviluppo sostenibile”, strumento che misura se e in che tempi il Paese e i suoi territori riusciranno a raggiungere i 17 SDGs (Sustainable Development Goals).

Agenda ONU 2030, a che punto siamo?

Il Rapporto, oltre a descrivere l’impegno delle istituzioni locali nel progettare e nel realizzare piani strategici in linea con gli Obiettivi dell’Agenda 2030, elabora una serie di indici compositi per Regioni e Province che mostrano la situazione rispetto agli SDGs e misura le distanze dai Target quantitativi per Regioni e Province autonome, Città Metropolitane e diversi gradi di urbanizzazione.

Attraverso questa pubblicazione, l’ASviS integra e completa l’analisi inaugurata con il Rapporto annuale presentato a settembre. Le valutazioni confermano il forte ritardo, aggravato dalla pandemia Covid, verso l’attuazione dell’Agenda 2030 ed evidenziano come in molti casi le disuguaglianze economiche, sociali e ambientali siano in aumento nel nostro Paese.

Italia in forte ritardo

Nonostante le previsioni ottimistiche sul Pil italiano avanzate dall’Istat a fine 2022, la spinta è vista in calo nel corso del 2023, quando l’aumento previsto è solo dello 0,4% e questa situazione porterà a un maggiore divario tra le regioni del Nord e quelle del Sud e delle Isole. Qui, secondo Svimez, il Pil potrebbe contrarsi dello 0,4%.

“A meno di 10 anni dalla scadenza del piano d’azione Onu sottoscritto nel 2015 da 193 Paesi, inclusa l’Italia, siamo ancora lontani da quella sostenibilità sociale, economica e ambientale di cui si avverte un urgente bisogno”, ha dichiarato il Presidente dell’ASviS, Pierluigi Stefanini. “Vogliamo fornire un ulteriore strumento di riflessione per far comprendere quanto i nostri territori siano centrali per la costruzione di un futuro migliore. Il Rapporto sui territori dell’ASviS fornisce diverse proposte per mettere il Paese su un sentiero di sviluppo sostenibile ed evidenzia le tante buone pratiche che, se diffuse su scala nazionale, ci consegnerebbero un’Italia più sostenibile”.

I problemi del Mezzogiorno

Dal Rapporto emerge che i problemi del Mezzogiorno stanno tornando drammaticamente alla ribalta. L’attuazione del PNRR (obiettivi del 2022 raggiunti: quanto ottiene l’Italia dall’Ue), per la parte affidata a Regioni e Comuni, è più in difficoltà dove le amministrazioni sono più deboli. Il progetto di autonomia regionale sul quale è impegnato il Governo Meloni, se anche non dovesse tradursi in una sottrazione di risorse al Sud, affiderebbe comunque più compiti a quelle stesse Regioni deboli. Lo stesso progetto di attuazione del Ponte sullo Stretto apre il dibattito sulle priorità nella viabilità e nei trasporti in Calabria e in Sicilia, mentre la tragedia di Ischia richiama l’attenzione sulla fragilità del suolo in molte zone.

Secondo Luca Bianchi, direttore generale della Svimez, al Sud, “per carenza di offerte di lavoro e per le inefficienze dei servizi per l’impiego si può stimare che su una platea di circa mezzo milione di occupabili, circa 1 su 5 ha ricevuto un’offerta“. A questo mezzo milione di “occupabili” nel Mezzogiorno si devono aggiungere oltre 100mila occupati che percepiscono il Reddito di cittadinanza perché i loro proventi non sono comunque sufficienti per toglierli da una situazione di povertà. Anche per questa categoria non è chiaro che cosa potrebbe avvenire in futuro. A tutto questo si aggiunge inoltre, a danno del Mezzogiorno, lo spopolamento causato dalla bassa natalità e dall’emigrazione dei giovani e la tendenza a subire maggiormente gli effetti di inaridimento delle campagne a causa della crisi climatica.

Lo sviluppo sostenibile, però, passa attraverso le politiche sul territorio e non è ipotizzabile perseguirlo con un aumento dei divari. Non solo perché le differenze di reddito si traducono in aumento delle diseguaglianze, ma perché la diversa situazione delle amministrazioni pubbliche, del tessuto imprenditoriale e della società civile mettono a repentaglio il perseguimento di tutti gli Obiettivi dell’Agenda 2030.

Il target Onu sull’efficienza energetica

Circa il 60% non raggiungerà i target relativi: alle energie rinnovabili, all’incremento del tasso di occupazione, all’aumento della spesa per ricerca e sviluppo e alla riduzione dei rifiuti prodotti. Più dell’80% registra un allontanamento o un andamento negativo per i Target relativi all’aumento dell’efficienza delle reti idriche, alla riduzione della quota di giovani che non studiano e non lavorano (NEET) e alla riduzione delle emissioni di gas serra. Infine oltre il 95% presenta un andamento negativo per il Target relativo all’efficienza energetica, mentre nessuna Regione o Provincia autonoma registra un trend in linea con il raggiungimento dei Target relativi alle aree marine protette e alla riduzione del consumo di suolo.

Per tre target si riscontra una situazione positiva in oltre il 50% delle città metropolitane: per i laureati, per l’efficienza energetica e per il sovraffollamento negli istituti di pena. Al contrario, per nove target si segnalano andamenti negativi che accomunano la maggioranza delle Città metropolitane: i feriti per incidente stradale, l’efficienza della distribuzione dell’acqua, le energie rinnovabili il tasso di occupazione, la quota di giovani che non studiano e non lavorano (NEET), l’offerta del trasporto pubblico locale, la qualità dell’aria, la produzione di rifiuti urbani ed il consumo di suolo annuo.