Microplastiche, ogni anno in Europa finiscono nell’ambiente 42 mila tonnellate

Presenti in ogni angolo della Terra, le micro e le nanoplastiche sono state rinvenute anche in diversi organi umani, con conseguenti gravi rischi per la salute

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Matteo Paolini

Giornalista green

Nel 2012 ottiene l’iscrizione all’Albo dei giornalisti pubblicisti. Dal 2015 lavora come giornalista freelance occupandosi di tematiche ambientali.

Pubblicato: 22 Luglio 2024 17:50

La plastica, un tempo sinonimo di comodità e praticità, si è insinuata in ogni angolo del nostro pianeta, raggiungendo persino i nostri piatti. Secondo stime approssimative, ingeriamo circa due chili di plastica in dieci anni. Ma non stiamo parlando di bottiglie o sacchetti, bensì di microplastiche, minuscole particelle invisibili ad occhio nudo, che si sono diffuse ovunque, dall’acqua che beviamo al cibo che mangiamo.

Coniate nel 2004 dal biologo inglese Richard C. Thompson, le microplastiche sono frammenti, fibre, sfere o granuli di dimensioni comprese tra 0,1 micrometri e 5 millimetri. Ancora più piccole sono le nanoplastiche, che misurano da 0,001 a 0,1 micrometri, paragonabili a un virus o a un filamento di Dna. Queste particelle, a causa delle loro dimensioni microscopiche, riescono a penetrare nei tessuti e negli organi, con potenziali effetti ancora poco conosciuti sulla nostra salute.

L’impatto della microplastica sull’ambiente è enorme. Secondo l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (Echa), in Europa vengono rilasciate nell’ambiente circa 42.000 tonnellate di microplastiche all’anno. Queste particelle si accumulano nei mari e negli oceani, entrando nella catena alimentare e contaminando pesci, molluschi e altri organismi marini. Quando consumiamo questi prodotti, ingeriamo anche le microplastiche in essi contenute.

L’inquinamento da microplastiche minaccia gli ecosistemi marini e d’acqua dolce

La plastica, un tempo sinonimo di comodità e praticità, si è trasformata in una delle più grandi minacce per i nostri ecosistemi. Negli ultimi decenni, la produzione e il consumo massiccio di plastica hanno portato alla diffusione su scala globale di minuscole particelle, le microplastiche, che stanno contaminando mari, oceani e laghi.

Già negli anni ’70, i primi studi scientifici avevano segnalato la presenza di microplastiche negli ambienti marini. Oggi, la situazione è allarmante: si stima che nei nostri oceani ci siano circa 102.000 particelle di microplastica per metro cubo, con concentrazioni ancora più elevate nelle zone costiere e nelle vicinanze delle foci dei fiumi. Secondo alcune stime, il peso totale delle particelle galleggianti negli oceani supererebbe i due milioni di tonnellate.

Il Mar Mediterraneo non è immune da questo problema. Studi condotti dai ricercatori dell’Università Tor Vergata di Roma hanno evidenziato la presenza di microplastiche, in particolare di polistirene, nelle acque del Tirreno, con concentrazioni particolarmente elevate in prossimità della foce del Tevere. Si stima che tra il 2006 e il 2016 oltre 8.000 tonnellate di microplastiche siano finite nel Mediterraneo.

Ma la contaminazione da microplastiche non riguarda solo gli ambienti marini. Anche i nostri laghi sono fortemente inquinati. Uno studio pubblicato su Nature nel 2023 ha rilevato un’elevata concentrazione di microplastiche in 38 laghi dell’emisfero settentrionale e dell’Australia. Tra i bacini più inquinati figurano il lago Maggiore in Italia, il lago di Lugano in Svizzera e il lago Tahoe negli Stati Uniti.

Questi dati sottolineano l’urgenza di adottare misure globali e locali per affrontare la crisi delle microplastiche. La gestione dei rifiuti, il miglioramento delle tecnologie di depurazione e la sensibilizzazione pubblica sono fondamentali per ridurre l’impatto delle microplastiche sui nostri ecosistemi marini e lacustri. La ricerca continua e la cooperazione internazionale sono cruciali per sviluppare strategie efficaci contro questa emergenza ambientale, garantendo un futuro più pulito per i nostri mari e laghi.

L’inquinamento da microplastiche minaccia i laghi e i fiumi

L’inquinamento da microplastiche rappresenta una delle più grandi minacce per i nostri ecosistemi acquatici. In Italia, questa emergenza ambientale è particolarmente evidente nei nostri laghi e fiumi, che si stanno trasformando in vere e proprie discariche a cielo aperto.

Già nel 2016, una ricerca condotta da Legambiente e Enea aveva dipinto un quadro allarmante della situazione dei nostri laghi. Le analisi effettuate su cinque bacini idrici maggiori (Iseo, Maggiore, Garda, Bolsena e Albano) avevano rivelato la presenza di elevate concentrazioni di microplastiche. Il lago d’Iseo e il lago Maggiore si erano distinti per i valori più elevati, con una densità media di oltre 40.000 particelle per chilometro quadrato. Anche il lago di Bolsena e il lago di Garda avevano mostrato livelli di contaminazione significativi. Solo il lago Albano aveva registrato valori inferiori alla media.

Le microplastiche ritrovate nei laghi italiani erano prevalentemente costituite da frammenti (circa il 70%) e filamenti (circa il 6,8%), a testimonianza della varietà delle fonti di inquinamento.

La situazione non è migliore nei nostri fiumi. Uno studio condotto da Greenpeace su 13 corsi d’acqua nel Regno Unito ha evidenziato la presenza diffusa di microplastiche in tutti i campioni analizzati. Il fiume Mersey, che sfocia nella baia di Liverpool, è risultato il più contaminato, con una concentrazione di microplastiche particolarmente elevata.

La presenza di microplastiche negli ecosistemi acquatici ha gravi ripercussioni sulla biodiversità e sulla salute degli organismi acquatici. Le microplastiche possono essere ingerite da pesci, molluschi e altri organismi marini, causando danni agli apparati digerenti e interferendo con i processi fisiologici. Inoltre, le microplastiche possono assorbire sostanze inquinanti presenti nell’acqua, come pesticidi e metalli pesanti, aumentando la loro tossicità e amplificando gli effetti negativi sugli organismi viventi.

Le cause principali dell’inquinamento da microplastiche

Le cause principali dell’inquinamento da microplastiche nei nostri laghi e fiumi sono molteplici:

  • Scarichi urbani e industriali: gli scarichi urbani e industriali sono una delle principali fonti di microplastiche, che vengono rilasciate nell’ambiente attraverso le acque reflue
  • Erosione dei pneumatici: l’usura dei pneumatici delle autovetture rilascia microplastiche nell’ambiente, che finiscono nei corsi d’acqua attraverso il deflusso superficiale
  • Tessuti sintetici: durante il lavaggio dei tessuti sintetici, come il poliestere e il nylon, vengono rilasciate microfibre che finiscono negli scarichi e poi nei corsi d’acqua
  • Agricoltura: l’utilizzo di plastiche in agricoltura, come i film plastici per la pacciamatura, contribuisce all’inquinamento da microplastiche

La plastica conquista il mondo, dalle profondità marine alle vette più alte

L’inquinamento da microplastiche non conosce confini. Queste minuscole particelle di plastica, invisibili all’occhio umano, si sono diffuse in ogni angolo del pianeta, contaminando oceani, fiumi, laghi, aria e persino le zone più remote del globo.

Le microplastiche sono onnipresenti nelle grandi città, dove le attività industriali e il traffico veicolare rilasciano nell’atmosfera elevate quantità di queste particelle. Studi recenti hanno dimostrato che città come Londra, Pechino e Nuova Delhi sono particolarmente inquinate da microplastiche. Alcune ricerche suggeriscono addirittura che queste particelle sospese nell’aria potrebbero influenzare il clima, sebbene siano necessari ulteriori studi per confermare questa ipotesi.

Ma l’inquinamento da microplastiche non si limita alle aree urbanizzate. Le microplastiche, sospinte dai venti, raggiungono anche le zone più remote del pianeta, come le regioni polari e le cime delle montagne. Nel 2024, un’indagine condotta da Greenpeace ha rivelato la presenza di microplastiche nei ghiacciai dei Forni e del Miage, due dei più importanti ghiacciai italiani. Il polimero prevalente era il cellophane, seguito da polietilene-polipropilene e nylon. Anche le Alpi occidentali non sono state risparmiate: un precedente studio aveva rilevato la presenza di microplastiche in campioni di neve prelevati in diverse aree alpine.

Nemmeno le regioni polari, considerate a lungo degli ambienti incontaminati, sono al sicuro dall’inquinamento da microplastiche. Studi scientifici hanno dimostrato la presenza di microplastiche nel ghiaccio artico e nei sedimenti antartici, in concentrazioni talvolta elevate. Queste scoperte sconvolgenti dimostrano come la plastica sia riuscita a raggiungere anche le zone più remote del pianeta.

Recenti ricerche hanno rivelato un altro aspetto inquietante dell’inquinamento da microplastiche: la presenza di queste particelle nelle nuvole. Studi condotti in Cina hanno dimostrato che le nuvole contengono un numero elevato di microplastiche di diverse forme e dimensioni.

Le microplastiche mettono a rischio la vita marina

Le microplastiche, minuscole particelle di plastica che infestano i nostri oceani, laghi e fiumi, rappresentano una seria minaccia per la biodiversità marina. Sempre più studi scientifici dimostrano gli impatti negativi di queste particelle sugli organismi marini, mettendo in luce un problema ambientale di portata globale.

Si stima che oltre 1.500 specie marine e terrestri abbiano ingerito microplastiche, scambiandole per cibo. Pesci, crostacei, cetacei e molte altre creature marine sono regolarmente esposti a queste particelle, con conseguenze spesso devastanti per la loro salute. L’ingestione di microplastiche può causare:

  • Malnutrizione: le microplastiche occupano spazio nello stomaco, riducendo l’assorbimento dei nutrienti e portando a malnutrizione
  • Ostruzioni intestinali: le particelle più grandi possono ostruire l’intestino, causando dolori, infezioni e, nei casi più gravi, la morte
  • Infiammazioni e lesioni: il contatto prolungato con le microplastiche può provocare infiammazioni e lesioni ai tessuti interni, indebolendo il sistema immunitario e aumentando la suscettibilità alle malattie
  • Riduzione della fertilità: alcuni studi suggeriscono che le microplastiche possono interferire con il sistema riproduttivo degli animali marini, riducendo la fertilità e compromettendo la capacità di riproduzione

Animali come gli uccelli marini ingeriscono spesso microplastiche, trasmettendole ai loro piccoli attraverso il cibo. Anche gli animali dei poli, come orsi polari, foche e pinguini, sono esposti a questo tipo di inquinamento, poiché le basse temperature rallentano la degradazione delle microplastiche, aumentando la loro persistenza nell’ambiente.

Le barriere coralline, ecosistemi marini di fondamentale importanza per la biodiversità, sono particolarmente vulnerabili all’inquinamento da microplastiche. Le microplastiche possono aderire ai polipi dei coralli, bloccando la luce solare e interferendo con la fotosintesi delle alghe simbiontiche. Inoltre, le microplastiche possono causare abrasioni meccaniche sui tessuti dei coralli, aumentando il rischio di infezioni e favorendo lo sviluppo di malattie.

La plastica nel nostro corpo, un pericolo invisibile

La contaminazione da microplastiche non si limita all’ambiente esterno, infatti, diversi studi testimoniano la loro prensenza anche nel nostro organismo, con potenziali conseguenze sulla salute.

Attraverso l’alimentazione e la respirazione, ingeriamo quotidianamente una quantità significativa di microplastiche. L’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha identificato alcuni alimenti particolarmente a rischio di contaminazione, tra cui:

  • Pesce e frutti di mare: pesci, gamberi e cozze sono spesso contaminati da microplastiche, che gli animali marini ingeriscono scambiandole per cibo
  • Sale: anche il sale, apparentemente innocuo, può contenere microplastiche, soprattutto se proviene da zone marine inquinate
  • Bevande: birra, acqua e altre bevande possono essere contaminate da microplastiche, sia a causa dell’imbottigliamento che del contatto con l’ambiente durante la distribuzione
  • Altri alimenti: anche altri alimenti, come zucchero e miele, possono contenere tracce di microplastiche

Un viaggio nel corpo umano

Una volta ingerite, le microplastiche possono attraversare le barriere intestinali e diffondersi in tutto l’organismo, raggiungendo organi vitali come fegato, reni, polmoni e persino il cervello. Studi recenti hanno dimostrato la presenza di microplastiche nel sangue e nel cuore umano, suggerendo un possibile legame con malattie cardiovascolari come l’infarto e l’ictus.

Inoltre, le nanoplastiche, particelle ancora più piccole delle microplastiche, possono penetrare nelle cellule e interagire con i processi biologici, causando danni a lungo termine. Una ricerca pubblicata nel 2024 ha suggerito un possibile legame tra l’esposizione alle nanoplastiche e lo sviluppo di malattie ossee come l’osteoporosi.

I potenziali rischi per la salute umana

Gli effetti sulla salute dell’esposizione alle microplastiche sono ancora oggetto di studio, ma numerosi studi suggeriscono un possibile legame con diverse patologie, tra cui:

  • Malattie respiratorie: l’inalazione delle microplastiche può causare infiammazioni alle vie respiratorie e aumentare il rischio di sviluppare malattie come l’asma
  • Disturbi del sistema endocrino: alcune ricerche indicano che le microplastiche potrebbero interferire con il sistema endocrino e alterare la funzione ormonale
  • Danni al fegato e ai reni: le microplastiche potrebbero accumularsi in questi organi, causando infiammazioni e disfunzioni
  • Malattie cardiovascolari: studi recenti suggeriscono un possibile legame tra l’esposizione alle microplastiche e lo sviluppo di malattie cardiovascolari, come l’infarto e l’ictus
  • Danni al sistema nervoso: alcune ricerche indicano che le microplastiche potrebbero attraversare la barriera emato-encefalica e danneggiare il sistema nervoso

Una minaccia invisibile anche per la fertilità

Uno studio del 2024, condotto da ricercatori dell’Università del New Mexico, ha rilevato la presenza di microplastiche nella placenta di donne incinte. Le analisi hanno evidenziato tracce di polietilene, Pvc e nylon in tutti i 62 campioni esaminati, con concentrazioni variabili da 6,5 a 790 microgrammi per grammo di tessuto. “La preoccupazione nasce dal fatto che la placenta si forma nel primo mese di gravidanza e cresce solo per otto mesi”, ha commentato il professor Matthew Campen, coordinatore della ricerca. “In altri organi, l’accumulo di microplastiche avviene in tempi più lunghi, con un’esposizione e potenziali danni maggiori”.

Un altro studio italiano, pubblicato nell’aprile 2024, ha rilevato la presenza di microplastiche nelle ovaie di donne sottoposte a procreazione medicalmente assistita. Questa scoperta si aggiunge a precedenti ricerche che avevano trovato microplastiche negli spermatozoi e nelle urine, completando un quadro preoccupante sull’impatto di queste particelle sulla fertilità.

Le microplastiche possono causare danni al sistema riproduttivo in diversi modi:

  • Interferenti endocrini: le microplastiche possono assorbire e rilasciare contaminanti chimici, come ftalati, bisfenolo A, ritardanti di fiamma bromurati, idrocarburi policiclici aromatici e policlorobifenili, noti per essere interferenti endocrini. Questi composti possono alterare gli ormoni riproduttivi, ostacolando l’ovulazione, la fertilità maschile e lo sviluppo embrionale
  • Stress ossidativo: le microplastiche possono indurre stress ossidativo nelle cellule, danneggiando il Dna e i mitocondri, componenti essenziali per la fertilità sia maschile che femminile
  • Infiammazione: le microplastiche possono attivare la risposta infiammatoria nell’organismo, creando un ambiente non favorevole all’impianto dell’embrione e allo sviluppo della gravidanza

L’origine delle microplastiche

Come abbiamo visto, le microplastiche sono ormai onnipresenti nell’ambiente e nel nostro corpo. Ma da dove provengono? Esistono due categorie principali:

Microplastiche primarie:

  • Cosmetici e prodotti per l’igiene personale: dentifrici, gel doccia, shampoo, scrub e make-up spesso contengono microplastiche aggiunte intenzionalmente per esfoliare o conferire consistenza ai prodotti
  • Detersivi: i detersivi in polvere o liquidi possono contenere microplastiche per aumentare l’efficacia pulente
  • Fertilizzanti e vernici: le microplastiche possono essere aggiunte a fertilizzanti e vernici per migliorare la loro consistenza o durata
  • Tessili sintetici: durante la produzione, il lavaggio e lo smaltimento di capi in pile, nylon e poliestere si rilasciano minuscole fibre, chiamate microfibre

Microplastiche secondarie:

  • Degradato di oggetti in plastica: bottiglie, borse, pneumatici, packaging e altri oggetti in plastica si degradano nel tempo, frammentandosi in microplastiche
  • Fibre tessili usurate: i capi in tessuto, soprattutto sintetici, rilasciano microfibre durante l’uso e il lavaggio
  • Frammenti di vernici e microplastiche da vernici marine: l’usura delle vernici su imbarcazioni e strutture costiere rilascia microplastiche nell’ambiente marino

La quantità di microplastiche rilasciate nell’ambiente è in aumento esponenziale. Secondo uno studio del 2019, i tessuti sintetici sono responsabili del 35% delle microplastiche primarie negli oceani. Un altro studio ha stimato che il lavaggio di capi in poliestere rilascia fino a 2000 microfibre per lavaggio.

L’indagine Beach Litter di Legambiente del 2023 ha evidenziato che la plastica è ancora il rifiuto più diffuso sulle spiagge italiane, con il 72,5% dei rifiuti totali. Tra i rifiuti in plastica, spiccano bottiglie, tappi, contenitori per alimenti, bicchieri, buste e cannucce.

Microplastiche, l’Europa interviene per la tutela dell’ambiente e della salute

La direttiva europea n. 2184 del 16 dicembre 2020, recepita in Italia attraverso il decreto legislativo n. 18 del 23 febbraio 2023, sottolinea l’importanza del monitoraggio delle microplastiche nell’acqua potabile. Questa normativa stabilisce le linee guida per garantire che le acque destinate al consumo umano siano controllate e purificate dalle microplastiche, proteggendo così la salute pubblica.

Inoltre, un’altra direttiva europea, entrata in vigore il 15 ottobre 2023, ha imposto il divieto di commercializzazione di glitter sfusi e microgranuli utilizzati negli esfolianti per la pelle. Questa misura è parte di un impegno più ampio per ridurre la contaminazione ambientale da microplastiche. È previsto che il divieto venga esteso a ulteriori prodotti nel prossimo futuro, con i produttori che si stanno già preparando a modificare le loro formulazioni per conformarsi a queste nuove regole.

Nel 2019, la direttiva europea n. 904 aveva già introdotto restrizioni significative sulla plastica monouso, con l’obiettivo di ridurre l’inquinamento ambientale, in particolare negli ambienti acquatici. Questa normativa proibiva la vendita di articoli usa e getta come posate, piatti, bastoncini cotonati (cotton fioc), agitatori per bevande e aste per palloncini. La legge è entrata ufficialmente in vigore in Italia nel gennaio 2022, sebbene con alcune deroghe. Queste normative rappresentano un passo cruciale verso la riduzione dell’impatto ambientale della plastica e delle microplastiche.