Affitti brevi ad uso turistico, quanto si paga davvero di tasse e come risparmiare sulle imposte

Sono diverse le opzioni messe a disposizione per versare le imposte relative agli affitti brevi ad uso turistico. Ed è importante scegliere la migliore

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Pierpaolo Molinengo

Giornalista economico-finanziario

Giornalista specializzato in fisco, tasse ed economia. Muove i primi passi nel mondo immobiliare, nel occupandosi di norme e tributi, per poi appassionarsi di fisco, diritto, economia e finanza.

Quali tasse si devono pagare sui redditi generati dalle cosiddette case vacanze? Ma, soprattutto, è possibile risparmiare un po’ sulle imposte generate dagli affitti brevi? Sono diverse le soluzioni che possono adottare i contribuenti per non spendere troppo in tasse: a volte, però, le soluzioni più conosciute non sempre sono quelle che permettono di risparmiare.

La cedolare secca prevista per gli affitti brevi ad uso turistico, per esempio, può penalizzare i contribuenti nel caso in cui dovesse essere dato in locazione più di un immobile. In questo caso, infatti, l’aliquota al 21% viene sostituita con quella al 26%, il che rende di fatto meno conveniente optare per questa soluzione. I redditi maturati sotto il cappello degli affitti brevi possono essere assoggettati alla tassazione Irpef: una scelta che, in alcune occasioni, potrebbe dimostrarsi più conveniente rispetto alla cedolare secca.

Ma cerchiamo di capire meglio e vediamo quale soluzione può ritenersi più adatta per i contribuenti.

Affitti brevi ad uso turistico, Irpef o cedolare secca

Quando si danno in affitto degli alloggi per la stagione estiva è meglio optare per la cedolare secca o per la normale tassazione Irpef? Ovviamente non è possibile dare una risposta trasversale, che possa andare bene per tutti i contribuenti.

La Legge di Bilancio 2024 ha previsto che l’aliquota della cedolare secca relativa agli affitti brevi ad uso turistico sia pari al 26% nel caso in cui vengano date in locazione almeno due unità immobiliari (se se ne danno più di quattro è necessario aprire la partita Iva). L’aliquota resta ferma al 21% nel caso in cui l’immobile dato in locazione sia uno solo.

Volendo semplificare al massimo quanto visto fino a questo momento è possibile affermare che:

  • chi affitta un solo immobile a dei turisti per un periodo inferiore a 30 giorni può fruire della cedolare secca, con un’aliquota pari al 21%;
  • nel caso in cui gli immobili siano almeno due e fino ad un massimo di quattro, l’aliquota prevista per la cedolare secca è al 26%.

Cedolare secca, le istruzioni operative dell’Agenzia delle Entrate

A fornire le istruzioni operative per l’applicazione della cedolare secca sugli affitti brevi ad uso turistico ci ha pensato l’Agenzia delle Entrate. Attraverso la circolare 10/E/2024 viene messo in evidenza che la flat tax al 21% può essere applicata esclusivamente su un unico immobile a scelta del contribuente per periodo d’imposta.

La scelta dell’immobile sul quale applicare la tassazione agevolata deve essere effettuata in sede di dichiarazione dei redditi. Le regole operative vere e proprie, ad ogni modo, arriveranno solo e soltanto nel 2025, quando saranno pubblicate la istruzioni relative al Modello 730/2025 e al Modello Redditi Pf 2025.

Ad ogni modo è bene iniziare a ragionare su quale sia l’opzione migliore fin da ora, in modo da potersi muovere correttamente il prossimo anno.

Affitti brevi ad uso turistico, quale soluzione conviene

È bene sottolineare che la cedolare secca è un regime opzionale. Nel caso in cui il contribuente non faccia una scelta i redditi che derivano dagli affitti brevi ad uso turistico vengono assoggettati alla normale tassazione Irpef. Le aliquote da versare, a questo punto, sono condizionate dagli scaglioni di appartenenza dei singoli contribuenti. La flat tax diventa vantaggiosa quando è al 21%. Il discorso cambia quando si concede in locazione più di un immobile.

È conveniente anche quando l’aliquota sale al 26% per gli immobili oltre al primo? Ovviamente non è possibile dare una risposta univoca per tutti: è necessario, infatti, andare ad analizzare la situazione soggettiva di ogni singolo contribuente. Se da un lato, ad ogni modo, la cedolare secca potrebbe risultare conveniente per tutti – soprattutto quando si ferma al 21% – è bene ricordare che sulla flat tax non possono essere applicate le agevolazioni fiscali (non è possibile portare in detrazione le spese sostenute nel corso del periodo d’imposta). Non è nemmeno prevista la soglia di esenzione come spetterebbe con l’Irpef.

In altre parole parole si potrebbe affermare che la cedolare secca potrebbe dimostrarsi poco conveniente a quanti abbiano un numero elevato di spese detraibili o deducibili. Come per esempio chi dovesse aver effettuato dei lavori agevolati tramite i vari bonus edilizi.

La cedolare secca, inoltre, non appare la scelta migliore per i soggetti con un reddito basso, che si collocano all’interno della cosiddetta no tax area: nel caso in cui dovessero optare per la tassazione Irpef, almeno di fatto, il prelievo verrebbe azzerato.

Quando scatta l’obbligo della partita Iva

Quando si parla di affitti brevi ad uso turistico e di cedolare secca è necessario soffermarsi su un ulteriore casistica: quella che coinvolge i contribuenti che esercitano l’attività di locazione ai fini turistici in maniera più strutturata.

Il Decreto Legge n. 50/2027, che disciplina le locazioni brevi, viene applicato solo e soltanto nel momento in cui vengano dati in affitto per brevi periodi meno di quattro appartamenti per periodo d’imposta. Nel momento in cui viene superata questa quota, scatta l’obbligo di aprire la partita Iva.

Tra i servizi offerti nell’ambito degli affitti brevi ad uso turistico, oltre a mettere a disposizione l’immobile, è necessario fornire biancheria e servizi di pulizia dei locali che sono ritenuti strettamente funzionali alle esigenze abitative. Devono, inoltre, essere messi a disposizione utenze, wi fi ed aria condizionata.

Nel caso in cui vengano messi a disposizione altri servizi non strettamente collegati con le esigenze residenziali – come pasti, noleggio auto o guide turistiche – fa scattare la presunzione che l’attività sia svolta in forma imprenditoriale. Sarà necessario, a questo punto, aprire una partita Iva ed optare per il regime fiscale più idoneo.

Affitti brevi ad uso turistico e portali online

La Legge di Bilancio 2024 ha introdotto, almeno sul fronte dell’aliquota della cedolare secca, l’obbligo per i portali di intermediazione di continuare ad applicare una ritenuta nella misura del 21% come titolo d’acconto sui canoni e sui corrispettivi. Questo a prescindere dal regime fiscale adottato dal beneficiario.

È il contribuente che dovrà determinare in maniera precisa e dettagliata quale sia l’imposta che dovrà versare effettivamente: ordinaria o cedolare secca. La scelta verrà effettuata nella dichiarazione dei redditi dell’anno di riferimento.

In sintesi

Cedolare secca o tassazione Irpef: quale è meglio scegliere quando si danno in affitto delle case vacanze? La risposta non può essere univoca per tutti i contribuenti, ma cambia a seconda delle caratteristiche di ogni singolo soggetto.