Il testimone cambia versione in udienza: è falsa testimonianza?

Cosa rischia un testimone che cambia versione in udienza? Quando scatta la falsa testimonianza e cosa può fare il giudice?

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Giorgia Dumitrascu

Avvocato civilista

Avvocato civilista con passione per la scrittura, rende il diritto accessibile attraverso pubblicazioni mirate e consulenze chiare e personalizzate.

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Fino alla metà del Novecento il testimone giurava con la mano sulla Bibbia. Un gesto sacro, che ricordava che mentire davanti al giudice non era anche un tradimento morale. Oggi quel rito non c’è più, ma l’impegno resta nella formula che ogni teste deve pronunciare: “Consapevole della responsabilità morale e giuridica che assumo, mi impegno a dire la verità e a non nascondere nulla di quanto è a mia conoscenza”. Una testimonianza può assolvere o condannare. Ed è proprio quando il testimone cambia versione o contraddice il verbale precedente che l’equilibrio del giudizio vacilla.

Cosa accade in udienza se il testimone si contraddice

In aula non si giudica solo ciò che dice il testimone, ma come lo dice, se contraddice il verbale precedente e se la variazione riguarda dettagli marginali o aspetti dirimenti.

“Il testimone è obbligato a dire la verità e a mantenere coerenza fra le diverse fasi del procedimento”.

Un cambio improvviso dei fatti riportati può essere una fisiologica imprecisione, un problema di attendibilità o, nei casi più gravi, il sospetto di falsa testimonianza.

Il testimone può cambiare versione senza rischiare nulla?

Dipende da quanto cambia e su cosa.
Nessuno vieta al testimone di correggere un ricordo, precisare un dettaglio o spiegare perché oggi non ricorda più ciò che aveva dichiarato ai carabinieri o al P.M., viene valutato come un limite fisiologico della memoria, non un illecito.
Invece, se il testimone ribalta i fatti essenziali, se oggi afferma l’opposto di ciò che aveva messo a verbale su aspetti decisivi (autore del fatto, dinamica centrale, presenza o assenza dell’imputato), quel cambio di versione può incidere sull’esito del processo e aprire la porta alla contestazione di falsa testimonianza.

Come reagisce il giudice nell’immediato se emergono contraddizioni?

Il giudice può intervenire subito, può leggere al testimone le sue dichiarazioni precedenti e verificare l’origine della contraddizione (art. 500 c.p.p.). È la cosiddetta contestazione, uno strumento che serve a capire se il cambio di versione è giustificato oppure no.
In corso d’udienza ci possono essere:

  • domande chiarificatrici per capire se la diversa versione dipende dal tempo, dall’emozione o da un errore;
  • verbalizzazione puntuale della contraddizione, perché sarà rilevante nella valutazione finale;
  • lettura del verbale precedente per mettere a confronto le due ricostruzioni;
  • eventuale sospensione dell’esame se il giudice ritiene necessario approfondire o avvisare il testimone dei suoi diritti, ad esempio, quando la contraddizione fa ipotizzare un rischio di auto-incriminazione ai sensi dell’art. 207 c.p.p.;
  • intervento degli avvocati, che possono insistere sulle divergenze e chiedere chiarimenti ulteriori.

In questa fase, l’obiettivo del giudice è mettere agli atti la contraddizione. La valutazione dell’attendibilità e credibilità del teste arriverà nel prosieguo.

Il testimone può essere arrestato se mente in udienza?

No. Per i reati legati al contenuto della deposizione, anche se falsa o reticente, non è ammesso l’arresto in aula. L’eventuale responsabilità viene valutata solo dopo, con l’apertura di un autonomo procedimento per falsa testimonianza.

Quando il cambio di versione diventa falsa testimonianza

La falsa testimonianza (art. 372 c.p.), si verifica se:

“Il testimone afferma il falso, nega il vero o tace fatti che ha l’obbligo di riferire, davanti all’autorità giudiziaria”.

Il focus è l’elemento soggettivo, per integrare la falsa testimonianza serve il dolo, cioè la consapevolezza di mentire. Quindi, la discrepanza deve essere seria, non un dettaglio trascurabile. In pratica:

  • se il testimone corregge un orario, un dettaglio marginale o ammette di non ricordare con precisione non è falso, è fisiologia;
  • se invece smentisce la sua versione precedente su aspetti centrali (chi era presente, come è avvenuto il fatto, chi ha commesso l’azione) può configurarsi la falsa testimonianza, specie se il mutamento non trova una spiegazione plausibile.

Il reato di falsa testimonianza è punibile con la reclusione da 2 a 6 anni. Il legislatore considera la testimonianza un pilastro del processo e punisce severamente chi ne compromette la funzione.

La ritrattazione evita la condanna?

L’art. 376 c.p. stabilisce che:

“Il testimone non è punibile se ritrattata spontaneamente, in modo completo e sincero, prima che la sentenza sia pronunciata”.

La ritrattazione deve eliminare il falso e ripristinare la verità dei fatti, non può essere parziale o ambigua. Esiste poi un’altra ipotesi di non punibilità, l’art. 384 c.p. esclude il reato quando il testimone mente per evitare a sé o a un prossimo congiunto un grave danno alla libertà o nell’onore. Peraltro, alcune categorie di prossimi congiunti non hanno l’obbligo di testimoniare: coniuge, unito civilmente, parenti stretti come genitori, figli e fratelli possono astenersi dal testimoniare.

L’imputato può mentire ma il testimone no?

Sì. L’imputato non ha alcun obbligo di dire la verità, può tacere, non rispondere o anche mentire senza commettere reato, perché il suo diritto di difesa (art 24 Cost.) prevale su ogni dovere dichiarativo. Il testimone, invece, assume un impegno formale a dire il vero e risponde penalmente se altera o omette fatti rilevanti. Per questo la legge distingue nettamente tra chi si difende e chi contribuisce all’accertamento della verità.

Il giudice come decide a quale versione credere?

La testimonianza non è un blocco monolitico, è una ricostruzione dei fatti che viene soppesata nella sua evoluzione e nella capacità del testimone di mantenere coerenza nel tempo.
L’art. 192 c.p.p. stabilisce che:

“Il giudice valuta l’attendibilità intrinseca (logica, coerenza, precisione) ed estrinseca (riscontri esterni, compatibilità con altre prove)”.

Il cuore della valutazione sta nella qualità della contraddizione. Se riguarda un dettaglio secondario, il giudice può considerarla irrilevante. Se invece tocca i punti vitali del fatto, chi c’era, come si è svolta l’azione, chi ha commesso un gesto, la contraddizione pesa molto di più.

Le incongruenze fanno cadere il processo?

No. Le incongruenze non determinano di per sé né l’inutilizzabilità della testimonianza né l’assoluzione automatica dell’imputato. Il giudice deve spiegare perché ritiene una versione più credibile dell’altra, quali riscontri ha trovato e come le contraddizioni incidono sul quadro complessivo.
Il processo cade solo se la testimonianza era l’unico elemento a carico e la sua attendibilità risulta compromessa al punto da non reggere più il peso probatorio.
È qui che si innesta il tema del travisamento della prova, se il giudice ignora una contraddizione rilevante o interpreta in modo errato il cambio di versione, la sentenza può essere impugnata.

Cosa può fare chi viene danneggiato dal cambio di versione del testimone

Se il cambio di versione rischia di compromettere la posizione dell’imputato o della parte civile, l’avvocato deve intervenire subito. La reazione inizia in udienza, la contraddizione va cristallizzata con la verbalizzazione e con le contestazioni, così da mettere agli atti il confronto tra le due versioni e fissare la divergenza.
Se il ribaltamento riguarda fatti dirimenti e non ha spiegazioni plausibili, è possibile presentare un esposto per falsa testimonianza, specie se la menzogna ha inciso sul giudizio o sulla credibilità dell’imputato. La Procura valuterà se aprire un’indagine, ma l’esposto funziona solo se l’atto d’udienza documenta chiaramente la volontarietà del falso.
Il cambio di versione è determinante anche in appello. Se il giudice di primo grado ha preferito la versione meno attendibile, oppure ha ignorato una contraddizione, la sentenza può essere impugnata per errata valutazione della prova o travisamento della testimonianza. In questi casi, occorre mostrare che il quadro probatorio è stato letto male o incompletamente.