Con l’invasione dell’Ucraina compiuta dalle truppe militari russe lo scorso febbraio, i primi pacchetti di sanzioni decisi dall’Unione europea per contrastare Mosca hanno preso di mira non solo Vladimir Putin, ma anche la cerchia di magnati e oligarchi che da sempre intrattengono con lui una serie di relazioni di interessi. Tra costoro, uno dei primi a finire del mirino dell’Occidente è stato Dmitry Mazepin, tra i più vicini al capo del Cremlino: solo per rendere l’idea, era seduto al suo fianco la notte dei primi bombardamenti su Kiev, nonostante non compaia tra i rappresentanti del governo russo.
Nato nel 1968, nel corso degli anni successivi alla caduta del muro di Berlino le fortune di Dmitry Mazepin si sono via via moltiplicate grazie ai rapporti economici, finanziari ed imprenditoriali che l’oligarca è riuscito a tessere con i più alti dirigenti di Mosca. Da tempo una presenza stabile nella lista delle persone più ricche del pianeta, la rivista Forbes ha stimato il suo patrimonio personale in oltre un miliardo di dollari. A questi vanno aggiunti i 105 milioni di euro che Mazepin ha speso per la realizzazione della sua residenza italiana in Costa Smeralda – la cosiddetta Rock Ram Villa – finita tra i beni sequestrati con le prime sanzioni europee.
Il ruolo di Dmitry Mazepin nei commerci internazionali e i timori per lo stop alle esportazioni
Dmitri Mazepin condivide tutti i suoi beni con il figlio Nikita, un nome che in Italia suona familiare agli amanti dei motori: fino ad inizio anno infatti era il pilota principale della scuderia Haas, team degli Stati Uniti con cui ha corso per circa un anno nel campionato di Formula Uno. Venuta a sapere dei suoi legami con Vladimir Putin, la casa automobilistica lo ha licenziato lo scorso marzo nonostante alcune prestazioni in pista facessero intravedere un potenziale sportivo da non sottovalutare. Un passaggio che ha finito per precludergli ogni altra ambizione di carriera nel mondo delle quattro ruote.
Il padre Dmitri invece pare non essere stato particolarmente penalizzato dalle sanzioni dei vertici europei, dato che ancora oggi rappresenta una delle figure più importanti nel puzzle assai complesso delle personalità vicine al Cremlino. La conferma è arrivata in questi giorni, quando diverse testate giornalistiche americane hanno rilanciato la notizia (ripresa in Italia dal Corriere della Sera) che vedrebbe l’ONU, l’Ucraina e la stessa Russia impegnate in una trattativa segreta al cui centro ci sarebbe il commercio internazionale di un prodotto molto particolare, ossia l’ammoniaca.
Le conseguenze del conflitto in Ucraina: perché l’ammoniaca rischia di sparire dall’Occidente
Tutto ruota attorno alla multinazionale russa ToAz (acronimo di Togliatti Azov), da oltre trent’anni azienda leader nella produzione mondiale di ammoniaca. Situata nella regione russa di Samara, prima dello scoppio della guerra la ToAz ne esportava oltre 2 milioni di tonnellate ogni anno, per un fatturato pari a circa 2,4 miliardi di euro. Le forniture giungevano in tutto il mondo grazie ad un condotto diretto verso sud-est che dal confine russo attraversa la totalità del territorio ucraino per poi ramificarsi in ogni direzione del globo. L’importanza dell’ammoniaca sta nel fatto che il suo utilizzo come fertilizzante è una prassi comune in tutti i paesi industrializzati per aumentare la presenza di azoto nei terreni agricoli ed aumentare così il raccolto medio.
Ebbene, a capo di ToAz c’è proprio Dmitry Mazepin e non è un caso se oggi la sua figura è al centro della trattativa sotterranea tra la Russia, l’Ucraina e le Nazioni Unite. La sua rilevanza viene evidenziata anche da un altro fattore chiave, che però è rimasto a lungo nel silenzio della stampa occidentale ed internazionale: ad oggi, il suo nome non compare tra i destinatari delle sanzioni messe in atto dagli Stati Uniti.